E’ dedicato ai versi di Raffele Della Fera l’incontro in programma domenica 8 ottobre, alle 18, al Casino del Principe, promosso dall’Archeoclub di Avellino. A portare i propri saluti il vicesindaco Laura Nargi. A introdurre Della Fera il professore Paolo Saggese. La lettura e l’interpretazione sono a cura di Angela Ruggiero, Modera la professoressa Ilenia D’Oria, presidente Archeoclub Avellino
Un percorso artistico, quello di Della Fera, in cui poesia e arte corrrono parallele, come dimostra la sua ricca produzione con pubblicazioni come “Bianchi cavalli alati” (Gabrieli – 1980 – Roma), “Cespugli aerei” (La Trivella – 1984 – Avellino), la raccolta di di liriche “Grazie”(Ruggiero – 1986 – Avellino) e la biografia “Carlo Alleva-un uomo che ha vissuto” (Ruggiero – 1998- Avellino) e ancora “Naufraghi e naviganti – la colpa e la ragione” (Mephite –2010 – Avellino), “Il medicante di Damasco – testo critico” (Delta 3 Edizioni – 2012 – Grottaminarda – a cura di Alessandro Di napoli), la biografia e catalogo d’arte “La musa nel cuore – Carlo Alleva” (Delta 3 Edizioni – 2013 – Grottaminarda), il romanzo “La Preta Ianca ” (Book Evoltion – 2014 – Avellino) fino all’antologia “La luna a mezzanotte, Dall’Altillo al Sele-Mancanza – Fuggire dall’ombra – Voci dalle mura – Canzoni per l’amore francese” (De Angelis -2021)
Dal legame con la terra alla necessità di continuare a guardare al futuro, dalla nostalgia della rete di relazioni che caratterizzava le comunità dei piccoli borghi al potere salvifico della memoria. Una “Poesia – scrive Saggese – della terra, zolle di erbe e radici, sacramenti di lavoro e fatica, invocati e maledetti È Calabritto (Cala Britta)nella sua lingua madre, voce del sangue come da adagio popolare, ma anche cuore e polmone del monte Altillo. È il paese/mito/culla, che ha subìto le aggressioni del tempo e i suoi estraniamenti. Della Fera attiva la moviola dei ricordi e li fa scorrere in sequenze religiose: il culto e i riti delle tre Madonne, statue adorne di ori e banconote, onorate con processioni a piedi scalzi o in ginocchio (a tanto fa riscontro altra sacralità: “lavoro genuflesso era già preghiera”)”.