“L’arte come necessità, come atto salvifico, come esigenza che nasce dall’interiorità”. Spiega così la curatrice Martina Valente l’idea da cui nasce la mostra “Ombre e corpi” di Andrea Matarazzo inaugurata questo pomeriggio al Museo Irpino nell’ambito della rassegna “Un anno di mostre”, promossa dall’amministrazione provinciale in collaborazione con Giovanna Scuderi editrice. Una mostra che conferma il ruolo del Carcere Borbonico come autentico laboratorio di idee, come polo culturale della città. Lo sottolinea con forza Raffaella Festa del Museo Irpino che ribadisce la scelta dell’amministrazione provinciale, guidata da Rizieri Buonopane, di investire sulla cultura, malgrado le risorse limitate, valorizzando il polo del Carcere Borbonico che ospiterà presto anche la sezione archeologica. E ricorda come il percorso di Andrea si sia evoluto negli anni fino a conquistare piena maturità, a partire dall’opera “Sospesi nel tempo” dedicata all’anniversario dei 40 anni del sisma dell’80, realizzata con il Collettivo Amataria, un’opera dalla forte valenza simbolica, in cui le onde all’interno di un tronco restituiscono l’idea della sospensione del tempo. “Il cuore di questa mostra – chiarisce Martina Valente – è rappresentata dallo Spazio 53, il laboratorio dove Andrea porta avanti la sua ricerca. E’ lì che nasce questa esposizione in cui i miei versi incontrano l’universo di Andrea. Ci troviamo di fronte a immagini che testimoniano come le ombre non siano un vuoto ma fiamme che abitano il corpo, capaci di parlare senza voce, di accompagnare lo spettatore e consegnare loro le visioni dell’artista”. E’ quindi la giornalista Floriana Guerriero a spiegare come questa mostra si inserisca in un percorso legato alla sperimentazione di tecniche e materiali differenti, alla contaminazione di più linguaggi. Un percorso che muove dalla grafica e dalla stampa d’arte, dalla fascinazione per il mostruoso e il grottesco fino ad approdare alle ombre, figure fantasmatiche, uomini e donne ridotte alla loro essenza, private della loro corporeità, di tutto ciò che è orpello, fino a farsi espressione dell’universo interiore dell’artista, dell’anima dell’uomo, denunciando solitudine e incomunicabilità, in una contrapposizione tra il nero dell’ombra e il bianco o il colore dello sfondo. Un universo in cui centrale diventa l’immaginazione, la capacità dello spettatore di entrare nel mondo dell’artista, di co-costruire il significato, in spazi in cui la figurazione sembra talvolta quasi svanire, con i contorni delle ombre che sfumano fino a confondersi con lo sfondo. Lo testimonia anche la densità delle pennellate e della campitura cromatica che sembrano guardare all’astrazione e all’informale. E’ quindi l’editrice Giovanna Scuderi a sottolineare come quella con Andrea Matarazzo sia una collaborazione che prosegue da tempo, come testimoniano le copertine da lui realizzate per le raccolte di Benedetta Rocca e Giuseppe Vetromile. Una collaborazione che nasce dalla passione autentica per l’arte del giovane artista. E’ quindi lo stesso artista a spiegare come la mostra sia stata pensata esattamente per lo spazio del Carcere Borbonico, quasi che l’ambiente restituisse nuovo significato alle opere in una ricerca senza fine che si nutre di stimoli sempre nuovi. A sottolineare il talento di Andrea anche il Maestro Gennaro Vallifuoco che sottolinea la necessità che la città di Avellino riparta dai giovani, dando loro spazio e voce, con l’obiettivo di valorizzare i talenti di tanti artisti presenti sul territorio “Andrea è un giovane artista dal notevole portato poetico, le sue opere sono un silenziosa e garbata resistenza alla volgarità che spesso ci circonda, bisogna avere alta considerazione di questi giovani che hanno dalla loro una resistenza fatta con le armi della profondità e di una ricchezza interiore che merita alto rispetto e riconoscenza”. La mostra “Ombre e corpi” potrà essere visitata fino al 26 luglio.