Un viaggio nella storia che racconta il legame forte tra una squadra e la sua città, il potere dello sport come occasione di ricatto. E’ la mostra “L’Avellino siamo noi” inaugurata ieri pomeriggio presso la sede dell’Archivio di Stato di Avellino. Si emoziona il direttore sportivo Luigi Pavarese nell’osservare maglie e cimeli custoditi nelle teche “Il valore delle radici è fondamentale per una squadra. Mi sono quasi commosso nel vedere la maglia di Pantani, mi ha ricordato quando ero piccolo e cominciavo a seguire l’Avellino. Mi riferisco alla stagione 1972-73, con Giammarinaro allenatore, quella che portò l’Avellino in Serie B: l’Avellino di Pantani, di Nobili, di Marchesi, di Miniussi, di Codraro, Piaserro, Zucchini. Bisogna dare atto alla società di D’Agostino di aver fatto tanto per ravvivare l’amore dei tifosi per la maglia, ha consentito alla comunità di riscoprire il senso di appartenenza. Ogni società deve trasmettere ai calciatori l’idea che, quando si va in campo, non si rappresenta solo una società o una città ma l’intera provincia. Vincente è stata anche la scelta di aver affidato la guida della squadra a chi aveva rappresentato al meglio questi colori”. Spiega come “Avellino è una città di cinquantamila abitanti, che da sola non riempie uno dei grandi stadi italiani. E’ stata la Serie A a far scoprire al resto del paese Avellino, che fino ad allora era quasi dimenticata. La sfida deve essere quella di portare sempre nella squadra il nostro essere irpini, la nostra cultura, le nostre tradizioni, ed è quello che sta facendo D’Agostino”. E sulle trasformazioni che hanno attraversato il calcio “È cambiato molto, soprattutto a livello gestionale, però alla fine nasce sempre dalla passione”.
E’ il direttore dell’Archivio di Stato Lorenzo Terzi, introdotto dal giornalista Gianluca Amatucci, a spiegare di avere scelto di proporre “Una mostra sul calcio perché lo sport un elemento di grande valore identitario. Lo so bene in quanto napoletano e poso immaginare cosa significhi questa maglia bianco-verde per chi è avellinese. Ma c’è anche la volontà di dimostrare che anche lo sport può essere studiato dal punto di vista storico e che le relative fonti possono e devono essere tutelate e valorizzate. Un approccio emerso solo dopo gli anni ’60”. Quindi si sofferma sui pezzi jn mostra” si va dalle maglie originali di Turchetto e Pantani fino ai giornali degli anni Venti, che provengono dalla donazione dell’archivio di Salvatore Pescatori, intellettuale irpino e dall’emeroteca dell’Archivio. Pescatori aveva raccolto centinaia di giornali nella sua collezione privata e quegli stessi giornali riportano anche notizie sportive, consentono dunque anche di seguire le vicende delle squadre sportive. Ma abbiamo anche oggetti e documenti che ci sono stati donati dai collezionisti privati Daniele Calabrese, Arturo Greco, Salvatore Grammatico, Leondino Pescatore. Sono tessere di abbonamento, altri giornali, le stesse maglie e persino un pallone originale degli anni Settanta. È stata una gara di generosità di cui vado molto fiero”. Un legame forte, quello tra l’Avellino e la sua squadra cresciuto nel tempo “Questa coscienza si è sviluppata sempre di più man mano che il calcio diventava uno sport popolare. All’inizio non lo era affatto: le prime notizie degli anni Venti riguardano soprattutto avvenimenti di cronaca collaterale, come qualche incidente avvenuto nelle partite dell’epoca. Successivamente, la presenza del calcio, si è fatta sempre più marcata, così come il legame tra la maglia e il territorio, tra la maglia e la storia. Lo dimostrano titoli di apertura di giornali, come quello proveniente dalla nostra emeroteca che recita: «La Serie A è anche riscatto».
Non nasconde il suo orgoglio il presidente dell’Avellino Angelo Antonio D’Agostino “E’ stato il calcio a fare grande l’Irpinia, da parte nostra non vogliamo disperdere questo patrimonio, sappiamo di avere una grande responsabilità”. Sottolinea come “L’emozione più grande è stata proprio quella di toccare con mano l’amore della provincia per la squadra. Oggi, più che mai, non possiamo deludere i tifosi, siamo chiamati a mantenere vivo questo sentimento e a trasmetterlo a chi indossa questa maglia. Il calcio è fatto di vittorie e sconfitte ma bisogna sempre andare avanti, non bisogna scoraggiarsi di fronte ai momenti di difficoltà” . Tra i visitatori anche famiglie, ragazzi, tifosi e non. Colpisce la presenza di Gabriella Pescatori, nipote di Salvatore Pescatori alla cui collezione si deve la maggior parte dei giornali in mostra “I documenti da lui custoditi diventano strumento prezioso per raccontare la storia di questa città. Questa mostra è un omaggio anche alla sua memoria”
Tante emozioni anche per filmato sul tema del calcio, realizzato dall’Archivio di Stato di Avellino.