La netta vittoria alle regionali legittima politicamente Maurizio Petracca a indicare il candidato sindaco del centrosinistra di Avellino. Petracca dovrà però affrontare due questioni. La prima riguarda la tenuta della coalizione. Alla vigilia delle regionali, Sinistra Italiana e Controvento hanno avvertito il Pd che il centrosinistra è da rifare. Gli alleati vogliono partecipare fattivamente e in modo determinante all’elaborazione del programma e alla scelta del candidato sindaco. E anche questo è legittimo. Secondo gli alleati il successo alle regionali non assegna a Petracca la leadership del centrosinistra cittadino perché il campo largo – se c’è mai stato – non c’è più: perché il Pd di via Tagliamento, dicono, ha voluto così, chiudendo all’indomani delle scorse comunali porte e finestre agli alleati. E Petracca dal canto suo ha risposto: basta unanimismo nel Pd e anche alle amministrative. In pratica ha rivendicato il successo e la responsabilità e l’onere dell’ultima parola perché il dato elettorale è chiaramente di molto a suo favore. E’ improbabile che alla fine il centrosinistra non trovi la quadra sul modello Napoli, sull’esempio della coalizione regionale. Sarebbe un caso, e sarebbe sconveniente per tutti. Però è possibile. Nonostante l’elezione di Roberto Fico a presidente della Regione. (A proposito, alle regionali i 5stelle irpini non hanno avuto un risultato brillante, ma per Vincenzo Ciampi, consigliere regionale uscente ricandidato, il vice presidente del movimento Michele Gubitosa potrebbe chiedere a Fico e al presidente Giuseppe Conte una buona uscita politica: una delega regionale o anche una candidatura a sindaco di Avellino).
Comunque nel centrosinistra la mediazione sarà delicata ma non lunga visto che si vota tra maggio e giugno e occorre fare presto. E non come la volta scorsa, tirandola talmente per le lunghe da scoraggiare gli stessi candidati, figuriamoci gli elettori: dopo una articolata discussione sul programma, al momento di battezzare il candidato, il confronto divenne scontro. Scontro nel centrosinistra e nel Pd. Risultato: candidato sindaco Antonio Gengaro, su cui puntavano direttamente la segretaria nazionale Elly Schlein e una parte del Pd di Avellino e della coalizione. Candidato che però non convinceva fino in fondo, forse per nulla, un pezzo consistente del Pd, ovvero lo stesso Petracca.
Comunque, nell’area di Petracca, consigliere rieletto con 25 mila preferenze personali) sono due i nomi in pole: Enza Ambrosone, responsabile organizzativo del partito, e Nicola Giordano. Entrambi hanno una storia politica di tutto rispetto. Di entrambi Petracca si fida. Ambrosone era seduta in prima fila, al centro della prima fila, in pole position per l’appunto, negli incontri elettorali dem per le regionali, simbolicamente a ribadire un ruolo centrale (non fosse altro che per l’incarico di partito) nella campagna elettorale di Petracca.
Giordano un po’ più defilato, sullo sfondo, durante gli incontri, in campagna elettorale neppure si è risparmiato. Così come altri esponenti del Pd: Ettore Iacovacci, Modestino Verrengia e Luca Cipriano e Nicola Poppa, per citarne alcuni, per quanto riguarda la città di Avellino. E allora, Ambrosone o Giordano? C’è chi propone le primarie, il metodo più democratico, con un risultato inappellabile (se tutto va per il meglio). Le primarie potrebbero evitare una estenuante trattativa e l’imposizione di un candidato dall’alto, chiamando in causa direttamente i cittadini, mobilitando e preparando l’elettorato di centrosinistra.
Ma le primarie non hanno mai funzionato (c’è sempre una prima volta), hanno sempre creato problemi, non sempre sono utili ad una soluzione politicamente strategica, vincente, non accontentano per forza tutti i partiti e le forze politiche (chi perde le primarie non rimane certe volte, in sostanza, fedele). E allora la decisione, nel Pd, con o senza campo largo, area Schlein permettendo, dovrebbe spettare a Petracca. Il prezzo del successo.



