“Picciotti che cosa vi ho fatto”? Tentò un ultimo grido disperato, a terra, ferito, dopo una breve corsa nei campi per cercare di mettersi in salvo. Gli spararono in faccia per chiudergli la bocca per sempre. Il Giudice Rosario Livatino, aveva soltanto 38 anni quando il 21 settembre 1990, fu barbaramente ucciso dalla Stidda, organizzazione criminale mafiosa contrapposta a Cosa nostra. “Ma la sua voce continua a correre su milioni di bocche”, ha detto Angelo Maria Sferrazza, autore e interprete di un corto sulla vita del Giudice, suo conterraneo. Presentato all’Ariano International Film Festival, il documentario, di cui Sferrazza, oltre a essere protagonista è regista, ha suscitato interesse e curiosità, soprattutto tra il pubblico più giovane. Ho raccontato in breve la storia di Livatino – ha rivelato l’autore – , perché per me era diventata un’ossessione. La sua figura mi aveva affascinato e incuriosito al punto da spingermi ad approfondirla. Era un uomo semplice, riservato, leale, altruista, con un grande senso della giustizia e della legalità, beatificato da papa Francesco il 9 maggio 2021. Conosciuta la sua triste vicenda, ho voluto approfondire: ho visitato i luoghi, studiato i processi di cui si occupava, analizzato le registrazioni audio delle udienze, nonché le sentenze delle Corti, ritrovato la macchina su cui fu ferito, parlato con parenti e amici: un’ossessione durata otto anni e che non mi abbandona.
Il Giudice ragazzino che oggi fa ancora più paura
“Raccontare Rosario Livatino, il ragazzo con la toga, il Giudice ragazzino, come lo definì Cossiga, è stata un’esigenza forte: ci ho pensato a lungo, finché nel 2019 non ho prodotto Il Giovane Giudice – Rosario Livatino, con il desiderio che più persone possibili potessero apprezzarne il grande valore. Non mi interessa fare politica attiva, non vendo promesse, faccio l’artista, sono per le cose giuste, è questo il mio modo di fare politica. Anche Livatino sosteneva che un giudice non deve iscriversi a nessun partito né associazione, per poter essere libero e non corruttibile. Oggi la mafia ha cambiato volto, si è evoluta insinuandosi nelle istituzioni, si presenta in giacca e cravatta, fa truffe, si arricchisce rubando i soldi che servirebbero per la comunità. Il corpo recentemente esposto e venerato del Beato Livatino (ndr: maggio 2025, presso la Chiesa di Santa Chiara), spaventa la mafia, perché sebbene da morto, comunica con forza il suo messaggio, su di lui si accendono i riflettori. Ciò che spaventa di più, è che Livatino ha cambiato la mentalità mafiosa di alcuni siciliani – non siamo tutti così ovviamente – trasformando una terra di mafia in terra di legalità”. La presentazione ad Ariano Irpino del cortometraggio, vincitore anche di premi internazionali, è la ventottesima tappa di un lungo tour per l’Italia fatto sul passaparola, a cui ne seguiranno altre: “la trentesima vorrei farla nella mia Sicilia” – ha aggiunto. Per riuscire servono impegno, studio e sacrifici
Angelo Maria Sferrazza ha una coinvolgente verve scenica, un efficace metodo interpretativo (Stanislavskij – Strasberg), agevolato da una naturale simpatia e dal carattere aperto e comunicativo. Angelo nasce a Canicattì (AG) il 22 giugno 1988. A cinque anni ascolta, rimanendone colpito, l’anatema di Papa Giovanni Paolo II contro la mafia: “Non uccidere: non può un uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita!”. Di umili origini, da ragazzo non aveva l’ambizione di fare l’attore, ci ha svelato, aiutava il padre e lo zio al mercato, facendo l’urlatore, colui cioè che cercava di richiamare i passanti per convincerli ad acquistare presso la loro bancarella. Tutto iniziò per caso, quando, convinto a fare un provino, fu proprio l’esperienza di urlatore che glielo fece brillantemente superare, conducendolo a un ruolo nel film di Rocco Mortelliti, La scomparsa di Patò, con Nino Frassica. Da quel momento nacque l’amore per il cinema e il teatro, attraverso i quali: “poter raccontare storie che avrebbero riscattato la mia Terra. Perché la Sicilia non è solo sinonimo di mafia”. Dopo un corso di recitazione promosso dalla Regione, si è cimentato in produzioni teatrali e cortometraggi, ha partecipato a film per il cinema e per la televisione. Non è stato facile: ci sono voluti grande impegno e sacrifici, nonché il doloroso trasferimento a Roma. “Per emergere ho fatto grossi sacrifici stando lontano dalla mia amata Terra, non nego che ho avuto difficoltà a pagare le bollette, ho mangiato la pasta in bianco”. Sferrazza ha scritto un libro, Ho incontrato Rosario Livatino – Il mio viaggio cercando il giudice ragazzino (amazon publishing), con testimonianze, aneddoti e incontri inediti sul magistrato del cui assassinio fu testimone oculare Pietro Nava, grazie al quale furono individuati gli esecutori dell’omicidio. “Un libro che sto contribuendo a diffondere perché lasciare un messaggio scritto è efficace. Il lavoro è facile e scorrevole, e i giovani devono ricominciare a leggere” – ha detto Giovanni Bernabei (produttore Lux Vide), intervenuto alla serata. Lorella De Biase (Rai, Unomattina), ha lodato il lavoro di Sferrazza e l’impegno civile del festival a favore di tematiche di alta valenza sociale. Questa sera la serata finale con le premiazioni dei vincitori delle varie Sezioni e un’ospite d’eccezione, una donna straordinaria che si batte affinché si ponga fine al genocidio dei palestinesi da parte degli israeliani: Francesca Albanese.
Floriana Mastandrea