Una strada di Atripalda intitolata di recente ad Antonio Capaldo, a compimento di un percorso cominciato da lontano, fin dalla prima consiliatura dell’attuale sindaco Paolo Spagnuolo. Oggi l’incontro con la comunità, per riunirla intorno ad un nome e ad una storia d’impresa, che continua attraverso tre dei suoi figli, Gerardo, Sergio e Giampaolo. Il sindaco e l’assessore Lello Barbarisi hanno spiegato le ragioni di questa reunion molto allargata nella sala della biblioteca comunale.
Una strada ad Antonio Capaldo, ha ricordato il sindaco Paolo Spagnuolo, sta per la consegna della memoria di un proprio concittadino, intorno alla quale praticare il senso della comunità, uno degli obiettivi dell’amministrazione in carica. Una figura punto di riferimento della comunità, e non solo. Un seme, ha detto il sindaco, quello gettato da Antonio Capaldo, che sta per «lavoro, dedizione, onestà».
Per l’assessore Barbarisi Antonio Capaldo è un esempio attualissimo, un simbolo per coraggio, operosità e ingegno, sottolineando che già nel 2014 fu sua la proposta di ricordarlo a perenne memoria con l’intitolazione di una strada, «convinto come eravamo che la memoria di alcuni personaggi debbano diventare patrimonio comunitario».
Antonio Capaldo ha segnato non solo lo sviluppo della propria impresa, ma della cittadina, collocandola già nel dopoguerra al centro di un virtuoso processo di sviluppo economico e sociale, in Campania, e in tutto il Meridione, come ha tenuto a sottolineare, al termine del suo excursus, il professore Lello La Sala.
E c’era poi l’uomo che amava la sua città, impegnato nel commercio e nelle attività sociali, l’uomo del fare che intendeva la politica, da militante della Democrazia cristiana, consigliere comunale e sindaco di Atripalda, come uno strumento al servizio della comunità. Tra anedotti, spaccati di vita, e riflessioni sulla valenza economica della sua impresa, il racconto è passato per le testimonianze di Andrea De Vinco e Carmine Cioppa.
Gerardo Capaldo, già sindaco di Atripalda, con la voce più volte rotta dalla commozione, ha ricostruito un pezzo di viaggio compiuto al fianco del padre, fino a quando, terminato gli studi, si è fatto “contagiare”, poi dopo di lui i fratelli Sergio e a Gian Paolo, dalla passione per l’imprenditoria. La mamma Geppina sognava per Gerardo una vita da magistrato, ma lui aveva ormai deciso, dopo aver speso alcuni anni nell’azienda, che stava crescendo, dall’iniziale attività commerciale di via Raffaele Aversa, poi a via Fiumitello. Antonio ha potuto vedere avanzare quel progetto di sviluppo, come ha potuto gioire per i successi professionali dei figli, prima di lasciare questa terra. Ma la sua, ha assicurato il figlio Gerardo, è stata «una vita spesa per il lavoro, la famiglia, la comunità».