I giudici della Corte di Cassazione hanno annullato il provvedimento del Tribunale di Avellino che aveva confermato la revoca del patrocinio a spese dello Stato peril dj Omar D’Argenio, disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) il 29 aprile dello stesso anno. Decisione che segna la conclusione di un iter giuridico complesso, che ha visto l’intervento della Cassazione dopo l’annullamento di una sentenza analoga risalente al 2021. L’ordinanza impugnata dal difensore di D’Argenio, l’avvocato Danilo Iacobacci, riguardava la revoca di un beneficio che era stato originariamente concesso al dj nel 2019, a seguito di un decreto di ammissione al patrocinio.
Nel 2020, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto la revoca, motivandola con presunti redditi illeciti. Tuttavia, la sentenza della Corte di Cassazione del 17 febbraio 2025 aveva annullato il provvedimento, ribadendo l’impossibilità di basare la decisione su presunzioni prive di fondamento concreto, in particolare in relazione all’esistenza di redditi derivanti da attività illecite. La Corte aveva sottolineato che nessuna condanna definitiva era stata emessa per comprovare l’effettivo superamento dei limiti reddituali previsti dalla legge.Nonostante ciò, il G.i.p. di Avellino, dopo il rinvio, ha deciso di confermare la revoca, facendo riferimento a una condanna per reato previsto in cui il ricorrente era stato giudicato colpevole per reati legati agli stupefacenti.
Inoltre, sono stati citati due procedimenti penali in corso, non ancora definiti con sentenza irrevocabile, che coinvolgevano D’Argento in attività relative alla detenzione di cocaina. Nel motivare la sua decisione, il G.i.p. aveva basato la propria valutazione su presunti elementi che, secondo lui, dimostravano una notevole capacità di procurarsi e immettere sostanze stupefacenti sul mercato, come evidenziato dal denaro e dalla droga sequestrati.Tuttavia,la Cassazione ha ritenuto tale motivazione carente sotto il profilo probatorio, poiché la decisione si fondava su presunzioni e non su prove concrete, limitandosi a elementi relativi a procedimenti penali ancora in fase di giudizio. La Corte ha dunque ribadito la necessità di un’analisi più approfondita da parte del Giudice per le Indagini Preliminari, il quale non ha adeguatamente giustificato l’effettivo superamento dei limiti reddituali previsti dalla legge.
L’annullamento del provvedimento impone ora un nuovo giudizio da parte del Tribunale di Avellino, che dovrà procedere a un esame accurato della situazione del ricorrente, attenendosi ai principi giuridici consolidati e garantendo il rispetto del diritto alla presunzione di innocenza, nonché l’assoluta precisione nell’accertamento delle condizioni reddituali.



