Nicola Giordano è uno dei quattro consiglieri comunali del Pd che avrebbe voluto dialogare con la sindaca Laura Nargi sul Patto per la Città e quindi sull’eventualità di far proseguire l’Amministrazione. Una possibilità definitivamente archiviata ieri e che però ha aperto una evidente spaccatura tra i dem e nel campolargo di centrosinistra. C’è per esempio il quinto consigliere comunale Pd, Antonio Gengaro, area Schlein, che fin dall’inizio si è detto fortemente contrario a qualsiasi dialogo con il fronte Nargi. E’ quest’ultima la linea che ha prevalso, ma con pesanti strascichi interni. Tanto che lo stesso Giordano ha sentito il bisogno di spiegare dai suoi account social il motivo per il quale, nonostante tutto, non lascerà il partito: “Qualcuno ha detto che non dobbiamo nemmeno immaginare di discutere. Che tutto è già deciso, scritto altrove. Ma il Pd non può essere un partito muto. Non può essere ostaggio di chi ha usato le istituzioni per gestire potere e stringere accordi – quelli sì, sottobanco – per mere convenienze personali”.
“Mentre noi combattevamo Festa, c’era chi faceva le liste con lui. Mentre in consiglio comunale denunciavamo la mancanza di fondi per le opere pubbliche, c’era chi immaginava di trovava milioni attraverso la Provincia. C’erano giochi di corrente, nomine, compromessi nascosti. Noi invece eravamo lì, a volto scoperto. A mani nude. Per questo, quando mi chiedono ‘perché non cambi partito?’ la mia risposta è semplice: perché è esattamente quello che qualcuno vorrebbe. Vorrebbero che chi ha fatto opposizione vera si stancasse. Che chi ha tenuto la barra dritta si tirasse indietro. Che chi ha avuto coerenza sparisse in silenzio. Che chi ha una storia pulita lasciasse spazio a chi urla più forte e impone le sue verità. Ma no, io resto. Anche se è scomodo”.
“Perché non si lascia il campo a chi vuole trasformare il confronto in obbedienza, e la politica in gestione chiusa e autoreferenziale. Perché chi confonde il dibattito con il comando non può vincere. E chi svuota la politica delle sue regole, non può rappresentare il Partito Democratico. Io appartengo a quel centrosinistra che crede ancora nel pluralismo, nella forza delle idee, nella trasparenza, nella legalità. Questo spazio ce lo siamo guadagnati con battaglie vere, non con calcoli di corrente o accordi di segreteria”.
“E continuerò a dire ciò che penso. Anche se non fa comodo. Anche se dà fastidio. Perché la bandiera della trasparenza e della legalità, quella, non la cederò mai. Ed è proprio con questo spirito che guardiamo al futuro della città. Il prossimo candidato a sindaco lo sceglieremo con le primarie. A carte scoperte. Senza regole truccate. Senza imposizioni calate dall’alto dagli amici di Roma. Senza pregiudizi né veti. Ognuno con la propria idea, la propria storia. Con lealtà, rispetto per la città e senso di responsabilità. Perché Avellino merita una scelta trasparente, condivisa, profondamente democratica”.