E’ stata l’occasione per una riflessione sulla presenza delle donne nel giornalismo dell’800 e sul ruolo cruciale di Eleonora Pimentel Fonseca nella storia dell’emancipazione femminile il confronto dedicato a La mia Eleonora tra storia e mito di Ersilia Di Palo, presentato nell’ambito di Avellino letteraria, presso il salone del Palazzo vescovile. “L’argomento del libro pone al centro del progetto di educazione democratica e di propaganda politica della Pimentel – ha spiegato la professoressa Milena Montanile nel corso del confronto introdotto da Annamaria Picillo e moderato da Daniela Apuzza – proprio l’attività giornalistica. E il primo ritratto femminile da cui gli studiosi prendono le mosse quando si parla di giornaliste, nel senso di descrittrici ed interpreti di avvenimenti, è proprio quello di Eleonora. A questa straordinaria figura di ‘pasionaria’ della rivoluzione napoletana del ‘99, la prima donna in Italia fondatrice e direttrice di un giornale, hanno dedicato la loro attenzione numerosi studiosi, da B. Croce in avanti, con studi, saggi, biografie romanzate: da Annarita Buttafuoco con Eleonora una donna nella rivoluzione, del 1977, a Enzo Striano, con il suo Resto di niente a Maria Antonietta Macciocchi Cara Eleonora. Passione e morte della Fonseca Pimentel nella Rivoluzione napoletana (1993), che è poi il libro che più ha colpito la fantasia della nostra Autrice, a Susan Sontag, con un romanzo, L’amante del vulcano, pubblicato in Italia nel ‘95, che è stato un vero best-seller negli Stati Uniti”.
Montanile ha ribadito come “in tema di giornalismo si è arrivati oggi, dopo strenue battaglie centenarie, a una completa riproposizione del tema in termini di rivendicazione di un linguaggio giornalistico affrancato da qualsiasi stereotipo di genere. Il libro che stasera qui si presenta, La mia Eleonora tra storia e mito (insignito, per altro, nel giugno 2023, di un premio speciale di merito al “Premio Intercontinentale Le Nove muse”) entra perfettamente nell’orizzonte e negli interessi di studio dell’autrice, da sempre appassionata cultrice della storia; ha fondato la collana “La storia in palcoscenico” (che accoglie i testi delle sue sceneggiature teatrali), e la storia (intesa come un faro che illumina l’identità di un personaggio nei suoi aspetti più significativi) è stata sempre la prospettiva da cui ha riletto, tradotti in scrittura scenica, alcuni personaggi femminili, tra Seicento e Novecento. Personaggi per tanti versi significativi, ma sempre fortemente esemplari: da Artemisia Gentileschi (protagonista nel 1612 del primo processo per stupro della storia) alla Pimentel alla Serao, a Lucia Migliaccio, seconda moglie di re Ferdinando I delle Due Sicilie, e più recentemente a Maddalena Cerasuolo (patriota, antifascista che partecipò con un ruolo significativo alle 4 giornate di Napoli nel ‘43). Dunque scrittrice di testi narrativi e teatrali ma anche regista., si è avvalsa sempre di collaborazioni qualificate (e qui penso a Clotilde Punzo, una delle sue più brave interpreti.) Ha Fondato il gruppo culturale storico teatrale “Gli Appassionati” che condivide scopi ed obiettivi dell’ associazione mondiale “Eip Italia Scuola Strumento di Pace”. Ha fondato la rubrica ” I Mercoledì culturali” che porta avanti da più di 15 anni. Una rubrica che ogni mercoledì dà voce ai libri, alla cultura (e proprio in occasione dell’81mo anniversario delle 4 giornate di Napoli, il gruppo Gli Appassionati, con la regia di Ersilia Di Palo, ha dato vita a uno spettacolo teatrale con un reading storico da lei curato.. Insomma una scrittrice sempre attenta al ‘femminile’, e al tema della discriminazione delle donne nella storia, come prova la particolare predilezione per le figure che abbiamo ricordato. Ancora l’ 8 marzo del 2023, presso l’Archivio di Stato di Napoli, nell’ambito di un incontro sul tema Le donne nella Storia creano un legame ideale tra le città: da Napoli e Milano passando per Roma e Firenze, patrocinato dal Comune e dai Lions, Ersilia Di Palo ha dato vita a una perfòrmance teatrale, tratta da un testo da lei curato Dialogo sul femminismo tra Matilde Serao e Olga Ossani”
Quindi si è soffermato sulle qualità del volume “una descrizione vivace e partecipe della vicenda biografica della Pimentel, ricostruita tra cronaca e storia con l’ausilio di alcune fonti, scelte da una bibliografia sterminata. A colpirmi la capacità dell’autrice di dar vita a una biografia in cui la vicenda della Pimentel, vittima di un mondo misogino, non solo nel privato, ma anche nella vita pubblica, emerge con chiarezza, e acquista una forte esemplarità; particolarmente felice il racconto della separazione dal marito Don Pasquale Tria de Solis, uomo aggressivo e violento al quale Eleonora si era unita, con un matrimonio combinato, secondo gli usi del tempo. La scelta della separazione fu indubbiamente, una scelta coraggiosa per quei tempi, ma anche un gesto fortemente simbolico, ch’ella visse come un passo decisivo nel processo di emancipazione dalla cultura dell’asservimento e della subalternità, in riferimento al potere maschile, in realtà tutt’uno con quello politico. Ma l’elemento che rende più suggestiva questa biografia, che io definirei piuttosto un racconto storico-biografico, è, secondo me, proprio la volontà di scrivere, più che un’opera di storiografia, il racconto di una vita esemplare, la figura di una donna , com’ella stessa scrive, distante dalle donne comuni del suo tempo, che sperimenta su se stessa la difficoltà di essere donna in un mondo costruito tutto ‘al maschile’. Sappiamo che tutte le grandi narrazioni nascono dalla storia, o dalla cronaca, comunque dalla verità. Quel che conta in questo caso è la scrittura, la capacità di un alto e strenuo esercizio letterario al quale l’autrice sembra sicuramente votata. D’altra parte scrivere di un personaggio vuol dire comprenderne la personalità, le ragioni profonde, l’incidenza umana ed esistenziale. E siamo all’altro elemento che, sempre a mio parere, caratterizza bene questo racconto, ed è la scelta, già evidente fin dalle prime battute, di innestare il racconto su suggestioni di tipo autobiografico che diventano, un po’ sul modello della biografia di Maria Antonietta Macciocchi, la spinta propulsiva che dà senso alle vicende narrate; in più casi è proprio il ricordo personale a far lievitare il racconto: dalle origini portoghesi ai primi anni della sua formazione, al viaggio da Roma a Napoli, al suo ingresso nei circoli intellettuali della città, al carcere, alla sua partecipazione, in funzione di leader, alla breve esperienza repubblicana, all’opera di propaganda politica spesa sulle pagine del “Monitore napoletano”, da lei fondato e diretto per incarico del Governo provvisorio. L’autrice indugia su ogni tappa delle vicende umane della ‘sua’ Eleonora con particolare felicità narrativa, con un pathos che cresce via via che si avvicina il tragico epilogo, la morte sul patibolo, in Piazza mercato, tra le urla festanti dei lazzari. L’autrice ha ben colto la centralità dell’esperienza giornalistica, maturata sulle pagine del Monitore, che fu il punto di partenza, la tribuna privilegiata dalla quale portò avanti il suo progetto progressista, repubblicano e laico, contro il dispotismo borbonico”.
Montanile ricorda come “dopo un graduale percorso di emancipazione, Eleonora sposa la causa rivoluzionaria, fonda e dirige un giornale, che, si badi, è un giornale per tutti. Il suo modo di proporsi attraverso questo giornale fa di lei una vera giornalista, dà la parola agli altri, denuncia malefatte e scorrettezze, anche dei francesi, dà indicazioni sugli obiettivi da perseguire; non parla mai di se stessa come persona, ma sempre come cittadina, e soprattutto non parla di donne, ma di problemi e obiettivi che riguardano tutta la collettività.
L’autrice delinea a vivi colori il ritratto di Eleonora, vittima di un mondo misogino esemplato sulla logica dell’asservimento e della sopraffazione, che non a caso diventa per lei “la mia Eleonora”. La Pimentel, eroina e martire della libertà, condannata a morte, non solo per aver professato e divulgato le sue idee di libertà, ma per aver osato occupare, e in funzione di leader, un posto di primo piano nel campo del giornalismo, un mondo da sempre appannaggio dell’universo maschile. Ma è anche vero che la voce di Eleonora non fu voce isolata nel giornalismo italiano dell’epoca. Altre donne, che non raggiunsero la sua notorietà, furono redattrici di giornali e ci consentono di riconoscere una partecipazione attiva delle donne in quegli anni tumultuosi, ai principi e agli ideali rivoluzionari”.
Mette in guardia sul significato del sintagma ‘stampa femminile’, “intesa per lungo tempo in senso riduttivo, ancora una volta per un processo di rimozione-negazione, con una delimitazione di campo che ha prodotto non solo un totale disconoscimento della funzione fondamentale svolta dall’attività giornalistica delle donne, ma anche un ritardo notevole nella progressione degli studi sull’argomento”. Per ribadire come “l’esperienza giornalistica della Pimentel può essere assunta come il punto di partenza nella storia, ardua e accidentata, del giornalismo ‘al femminile’.
Sappiamo che il giornalismo come forma di espressione letteraria, coltivata dalle donne nasce, qui da noi, nella seconda metà del Settecento, e sappiamo anche che fin dagli anni 80 del Settecento la Francia rappresenta per l’Italia un ricco terreno di ispirazione di modelli giornalistici. Il Settecento presenta alcune significative figure femminili che hanno fatto della loro collaborazione a riviste letterarie il fulcro del loro percorso di comunicazione e di socializzazione. E’ il caso di Elisabetta Caminer Turra che dirige l’”Europa letteraria” a Padova (Ricuperati).
Si deve tuttavia osservare che l’impegno delle donne nel giornalismo è stato lento e discontinuo, a causa delle difficoltà obiettive da loro incontrate nel dar vita ai giornali, ma anche a dirigerli direttamente e quindi ad assumerne in prima persona gestione e organizzazione. Per una donna fare un giornale, fino agli anni 40 -50 del secolo scorso, costituiva un’eccezione, e leggerlo, addirittura, quasi una sfida”.
A portare il suo contributo alla riflessione la professoressa Maria Rosaria Pelizzari,Docente di Storia delle donne e Studi di genere all’Università di Salerno, dove è Presidente onoraria dell’OGEPO (Osservatorio interdipartimentale per gli studi di genere e le pari opportunità), di cui ha ideato il progetto di fondazione nel 2011. che ha sottolineato la prospettiva storica moderna dalla quale gli storici, dalla fine del secolo scorso, hanno letto la vita e le imprese di Eleonora, fino al sacrificio finale: “Eleonora de Fonseca Pimentel, poetessa, studiosa di giurisprudenza, scienze naturali e matematiche, fu inizialmente un’entusiasta sostenitrice delle riforme politiche illuminate di Ferdinando IV di Borbone. Dopo la Rivoluzione francese e il radicale cambiamento della politica del governo napoletano, molto più illiberale e repressiva, fu una protagonista attiva della Rivoluzione del 1799 e fondò la “Repubblica Napoletana”. Direttrice del «Monitore napoletano», fu una giornalista libera e coraggiosa, impegnata nella trasformazione della “plebe napoletana” in “popolo civile”. Alla caduta della Repubblica, si dimostrò impavida nell’affrontare la morte sul patibolo. Fino agli anni Ottanta del XX secolo , il suo sacrificio finale è stato rappresentato dall’immagine della ” Donna virile “, come elogio per il significato di una donna straordinaria e intellettualmente simile a un uomo. Oggi gli scrittori rappresentano Eleonora come un'”eroina moderna”, lontana dai personaggi della ” Donna virile” ottocenteschi . Le virtù intellettuali non sembrano più avere una connotazione sessuale: appartengono sia agli uomini che alle donne allo stesso tempo”. A impreziosire l’incontro la performance “Processo ai giacobini” scritta da Ersilia Di Palo a cura del Gruppo gli Appassionati e gli Intermezzi Musicali di Alfonso Bianco e Simone Solimine.



