di Franco Festa
Arrivano per due giorni, convinti di portare la cultura del giallo nelle zone interne. Il titolo è però fuorviante e sbagliato: Avellinoir, perché di Avellino e dell’Irpinia non c’è nessuna traccia. Provetti conoscitori napoletani del giallo terranno per due giorni alla Biblioteca provinciale le loro lezioni sul genere: incontri, anteprime e compagnia bella. All’inizio della due giorni ci sarà anche la masterclass di scrittura creativa con Antonella Cilento. Si tratta nel complesso di una iniziativa interessante ma stravagante e inutile, perché si regge sulla solita logica tutta partenopea di caduta dall’alto di decisioni prese altrove, senza relazioni con il territorio, dal quale pure avrebbero potuto imparare tanto. E non parlo solo di chi scrive, che per più di 20 anni ha lavorato su questo terreno, cercando di delineare una storia sociale al nero di questa città, sfuggendo alle regolette del genere, ma anche di tanti che pure hanno dato importanti contributi nel campo, in città e in provincia. Penso, solo per fare qualche esempio, a Carlo Crescitelli o a Claudio Pastena, per non scomodare un maestro assoluto e ineguagliabile di contenuti e di linguaggio come Marco Ciriello. Il giallo, il noir, hanno fatto passi in avanti straordinari, sono diventati uno dei pochi strumenti di disvelamento della realtà. E gli irpini hanno dato su questo terreno un contributo fondamentale, rompendo la gabbia di scopiazzare dai soliti riferimenti stranieri, impegnandosi nella narrazione originale e sul rinnovamento dei caratteri della scrittura, spesso noiosi e standardizzati. Ma di questo fervore irpino, a Napoli, sembra non vi sia traccia, attraversata ancora dalla inconfessabile logica, dura a morire, che noi siamo in fondo rimasti la terra dello “Zappatore” della canzone di Mario Merola. Si scherza, naturalmente, anche se il napolicentrismo sembra diventata una inguaribile malattia, specie nel campo culturale, un settore da cui la città è spesso completamente tagliata fuori: certamente anche per responsabilità locali, se si considera che da anni e anni in città manca un assessore alla cultura. Arroganza regionale e insipienza locale sono così i due cappi che strozzano ogni iniziativa dal basso. Ma prendiamoci il buono che c’è e prepariamoci con pazienza ad ascoltare alcuni esperti del genere, che per due giorni verranno a raccontarci le loro ricette sul giallo. Speriamo solo che non arrivino persuasi che i loro ascoltatori saranno lì ad ascoltarli incantati e con l’anello al naso.
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