di Anna Bembo
C’è un filo che unisce la storia di un quartiere, la voce dell’arte e la ricerca della pace. Quel filo passa per le pareti della chiesa di San Francesco d’Assisi a Borgo Ferrovia, dove da sessant’anni il Murale della Pace di Ettore De Conciliis continua a parlare alla città con la forza silenziosa del colore e del simbolo. A sessant’anni dalla sua realizzazione, l’opera è tornata al centro dell’attenzione pubblica con due giornate di incontri e riflessioni dedicate alla sua tutela e al suo messaggio, vivo più che mai.
Nato nel biennio 1965-1966 grazie alla visione di don Ferdinando Renzulli e alla collaborazione di Rocco Falciano, il murale fu pensato come risposta collettiva al dolore della guerra e come invito alla speranza. Nelle figure che lo abitano – uomini e donne, santi e intellettuali, potenti e gente comune – si riflette la tensione dell’uomo verso la pace, la giustizia e il dialogo tra i popoli.
La prima giornata, dedicata al tema Restauro e riqualificazione, si è aperta con i saluti di don Michele Ciccarelli e don Luigi Di Blasi, che hanno sottolineato la necessità di riscoprire il valore profetico dell’opera.
«È un onore avere qui questo murale, più che mai attuale in un periodo segnato dalle guerre – ha ricordato don Ciccarelli –. San Francesco rappresenta la pace e il suo messaggio continua a trasmettere speranza. Questo murale è un punto fermo nella storia della nostra comunità».
«Avellino ha bisogno di un sussulto di gioia e di un risveglio culturale – ha aggiunto don Di Blasi –. Io ci sono, con voi e per voi».
A introdurre l’incontro è stato l’architetto Alessandro Di Blasi, che ha illustrato gli interventi necessari per la tutela della chiesa e dell’opera. «Abbiamo eseguito un rilievo dettagliato: l’edificio necessita di un adeguamento complessivo, dagli impianti alla struttura. Il Murale della Pace nacque in un periodo segnato dalla guerra fredda e dal conflitto in Vietnam, ma allora l’impegno per la pace attraversava l’arte, la musica, la cultura. Oggi la situazione è diversa, e proprio per questo abbiamo il dovere di custodire ciò che rappresenta un’eredità ideale. Questa chiesa è un bene della città».
Il docente di Restauro dell’Università di Bari Francesco Daddario ha poi raccontato la complessità tecnica del murale e i problemi di conservazione: «Si tratta di una pittura a secco, non di un affresco – ha precisato –. Resiste bene all’umidità, ma le variazioni termiche tra interno ed esterno possono causare microcondense e distacchi dei pigmenti. È fondamentale mantenere una temperatura stabile e intervenire sulla coibentazione delle pareti. Se il mio impegno sarà confermato, in un paio di mesi si dovrebbe riuscire ad intervenire e spero di poter coinvolgere anche i miei studenti: un’occasione preziosa per studiare da vicino un capolavoro dell’arte moderna sacra».
A esprimere l’impegno concreto per la salvaguardia del sito è stato Walter Giordano, presidente dell’Associazione Per Borgo Ferrovia: «Il murale è uno dei patrimoni più preziosi di Avellino, uno dei pochi luoghi in cui l’arte si intreccia con la vita quotidiana del quartiere: è stato sfondo di qualunque momento della nostra vita. Ci prenderemo cura della coibentazione e continueremo a lavorare per rendere questo spazio sempre più bello e accogliente. Don Renzulli fu un parroco visionario, e affidò quest’opera a un giovane Ettore De Conciliis: a lui dobbiamo gratitudine per aver trasformato la fede in un linguaggio universale».
Il maestro De Conciliis ha chiuso la giornata ricordando i volti e i valori che animano il murale: «Senza don Renzulli oggi non saremmo qui – ha detto –. Dopo il terremoto dell’80 il restauro fu curato da Gianluigi Colalucci, lo stesso che lavorò alla Cappella Sistina: un onore immenso. È bello vedere come la chiesa si sia modernizzata, ma resti fedele allo spirito di allora».
L’artista ha poi raccontato la scelta delle figure rappresentate: «Attorno a San Francesco si snoda una manifestazione per la pace, come quella che è avvenuta nelle scorse settimane per Gaza: una manifestazione nata spontaneamente senza lo sprono di partiti e sindacati. Ho voluto ritrarre Papa Giovanni XXIII, John F. Kennedy, Guido Dorso, Cesare Pavese, Rocco Scotellaro, Eduardo De Filippo, Sophia Loren, Bertrand Russell, Dolores Ibárruri, Alberto Moravia, Francesco De Sanctis, Palmiro Togliatti, Pablo Picasso, Pier Paolo Pasolini e Mao Tse-Tung: tutti, a modo loro, testimoni del dialogo e della libertà. Il tema era proprio l’incontro tra personalità di diverso ceto economico, sociale e culturale. In pittura ho espresso la necessità di dialogo».
Due giornate intense, dunque, per un’opera che non appartiene solo alla storia dell’arte, ma alla memoria collettiva di Avellino. Sessant’anni dopo, il Murale della Pace continua a raccontare la dignità dell’uomo e la necessità del dialogo: un messaggio che attraversa il tempo, invitando ancora a credere nella forza mite della pace.






