Le vicende che ammorbano l’aria della provincia e della città capoluogo meritano grande attenzione perché da esse, e dal loro evolversi, dipende il futuro. Intanto sembra proprio che la storia si sia fermata al passato. In mancanza di una prospettiva, si ricorre, come è avvenuto in questi giorni, alla celebrazione degli anniversari, registrando, purtroppo per chi conosce i fatti, a discorsi di insopportabile ipocrisia che danno conto di come l’opportunismo sia sempre in agguato. Penso al ricordo voluto dalla Provincia in occasione dell’anniversario della morte di Ciriaco De Mita. Fatte alcune doverose eccezioni, come quella del direttore dell’Avvenire e dell’ex eurodeputato Gargani, per il resto sono state dette cose scontate, cucite con l’opportunismo di sempre. Ciriaco De Mita meritava molto di più oltre il pubblico che affollava la ex sala blue del Carcere borbonico diventata da quel giorno “Sala Ciriaco De Mita, Statista”. Questo fermarsi al passato senza cogliere l’occasione che da esso si può riflettere e agire sul futuro è un chiaro segno dell’assenza di una classe dirigente ormai estinta nella nostra provincia. La politica è morta, i partiti sono spesso latitanti, chi dovrebbe rispondere ai bisogni della comunità pensa solo a se stesso. Da qui nasce la disaffezione alla partecipazione politica che alimenta il populismo senza pensiero.
Nessuno, fino a pochi mesi fa, poteva immaginare che nel Comune capoluogo era stata costruita una rete corruttiva che dal primo cittadino giungeva fin dentro gli uffici dei funzionari. A svelarla è stato l’ottimo procuratore della Repubblica, Domenico Airoma, che insieme ai suoi collaboratori ha passato al setaccio le malefatte con la collaborazione dei Carabinieri guidati dal colonnello Albanese e dal questore Pasquale Picone con le loro indagini puntuali. E così sono venuti fuori fattaci disdicevoli che ancora continuano in modo indecoroso e che fra breve saranno narrati nell’aula del Tribunale. Ci si chiede di fronte ad un mistero buffo con protagonisti sindaco ed ex sindaco è questo il modo per onorare la città? Cosa c’è di oscuro nell’agire del sindaco Nargi che resiste nel difendere il suo scranno? Ovviamente queste scene da avanspettacolo avvengono a danno del buon governo in favore della città. Cantieri fermi, opere incomplete, uffici con maniche larghe e soprattutto il calpestare la questione morale.
Questo clima di impunità si è esteso in tutti i settori della vita sociale. Un esempio è quanto accade all’ospedale Moscati, dove lo scandalo del pronto soccorso tocca i limiti della vergogna, mentre i pazienti vengono bistrattati in tutti i modi. La gestione ospedaliera è nelle mani di un gruppo di “complottisti” che non badano al merito né alle competenze.
La poca funzionalità del pronto soccorso non dipende dai medici che lì operano, ma dall’assoluta incapacità di organizzare i servizi. Si coglie con mano il fallimento della gestione del manager Pizzuti, che in questi anni di permanenza ad Avellino ha accumulato solo ritardi nella gestione di importanti servizi.
E a proposito del Moscati, questa testata ha denunciato – nel più assoluto silenzio delle cronache locali – con una serie di interventi, le ombre cupe che si addensano sui concorsi per primari in alcuni dipartimenti. Ecco riapparire i “complottisti”, per interessi familistici, pronti a offendere meriti, competenze e, soprattutto, la dedizione di chi per anni ha dato il meglio di sé nei servizi prestati. Staremo a vedere, sperando che chi sarà designato dopo Pizzuti sia in grado di riaggiustare la barca. De Luca governatore permettendo.
Promette di essere intransigente nei confronti di chi non rispetta l’Irpinia e Avellino. Passo dopo passo, sono giunto a quella che è la madre di tutti gli scandali: l’assenza di una legalità tangibile.
Come i nostri lettori sanno, questa testata sulla vicenda legalità non ha mai fatto sconti a nessuno. Abbiamo denunciato affari clamorosi che sono in odore di camorra. Ora la Direzione distrettuale antimafia, nella sua relazione annuale al Parlamento, ribadisce – seppure tra non poche omissioni dovute a chi fornisce le informazioni – che nella città di Avellino imprese locali hanno stretto un patto con la camorra napoletana per mettere le mani sulla città.
È tutto visibile. Palazzi che spuntano là dove c’era il verde, cubature di cemento sproporzionate, traffico di cemento senza controlli, connivenze con apparati burocratici.
Per quanto è dato sapere, qualcosa si sta muovendo. La Prefettura di Avellino, che aveva notificato a una impresa locale di calcestruzzi una delle interdittive antimafia, di fronte alla bocciatura del Tar di Salerno avrebbe deciso di produrre ricorso motivato dal fatto che la narrazione dei fatti non corrisponde alla realtà. È un segnale importante, ma non sufficiente.
Il passo decisivo, a mio avviso, è rompere le complicità che alimentano il malaffare, approfondire i controlli, fare in modo che sia sgominata la banda dei disonesti.
E ai rappresentanti del governo e delle forze politiche che ostentano trofei calcistici firmati da soggetti equivoci, sotto i riflettori della magistratura, diciamo con fermezza: è il momento della responsabilità, non della propaganda.