La Filctem CGIL di Avellino conferma quanto detto nel 2019, contestando con fermezza la narrazione emergenziale sulla siccità in Irpinia, definendola una fake news costruita ad arte per coprire il disastro gestionale e politico che ha travolto il sistema idrico locale. “In una provincia che custodisce uno dei bacini idrici più ricchi del Mezzogiorno – si legge nella nota della Cgil – parlare di emergenza idrica significa manipolare l’opinione pubblica per giustificare anni di clientelismo, immobilismo e sprechi, orchestrati da una classe dirigente che occupa posizioni chiave in tutti i livelli istituzionali: dai consigli comunali alle giunte regionali, fino ai palazzi romani”.
L’accento è posto sulle criticità che caratterizzano la gestione acqua “La disponibilità idrica annua, nonostante i cambiamenti climatici che hanno in parte modificato il regime delle sorgenti, supera i 70 milioni di metri cubi, mentre il fabbisogno stimato per i residenti irpini e beneventani si attesta intorno ai 40 milioni.
– Il surplus di 30 milioni di metri cubi viene disperso a causa di reti obsolete, perdite amministrative e consumi non rilevati.
– L’Alto Calore Servizi (ACS), società partecipata da 126 comuni, a seguito della gestione poco oculata e lungimirante, si trova ad sottoposta a procedura concorsuale, come il concordato preventivo omologato dal Tribunale di Avellino.
– La bolletta elettrica, nonostante il trasferimento della gestione della centrale di Cassano Irpino, continua ad essere una delle voci che più incide sul bilancio ed è il risultato di un sistema di sollevamento idrico inefficiente, che pompa 700 litri al secondo in eccesso, generando sprechi energetici e costi insostenibili.
Questi numeri non sono semplici statistiche: sono il riflesso di una gestione che ha preferito il consenso alla competenza, la propaganda alla pianificazione. L’acqua, bene universale, è stata trasformata in strumento di potere”.
Di qui la proposta di costituire uno Spazio Civico Permanente per la Verità e la Democrazia Idrica per contrastare la disinformazione e restituire potere ai cittadini. Uno spazio fisico e digitale, “che diventi presidio di verità, partecipazione e controllo democratico: –
Trasparenza radicale: pubblicazione mensile di dati su disponibilità idrica, perdite, investimenti e bilanci ACS. – Laboratori civici: incontri pubblici con tecnici, esperti e cittadini per analizzare criticità e co-progettare soluzioni. – Redazione civica: monitoraggio delle notizie, verifica delle fonti e produzione di contenuti informativi indipendenti.
Bilancio partecipativo idrico: coinvolgimento diretto delle comunità nella definizione delle priorità di investimento.
Archivio della memoria idrica: raccolta di testimonianze, documenti e storie per costruire consapevolezza collettiva.
Questo spazio non è solo un luogo, ma un metodo: un modo per restituire dignità alla cittadinanza attiva e per costruire una cultura della responsabilità condivisa”.
Riforma strutturale di ACS: efficienza, equità, dignità
La CGIL propone che “si continui il lavoro di discontinuità avviato dal nuovo Direttore generale integrando nel piano di riorganizzazione alcuni punti indispensabili:
– Potenziamento del personale tecnico operativo: oggi un solo operatore copre fino a sei comuni. – Potenziamento del personale tecnico interno in grado di seguire tempestivamente tutte le attività di programmazione, progettazione ed esecuzione degli interventi di ammodernamento di reti e impianti, senza i quali a breve la situazione emergenziale diventerà una vera e propria catastrofe. – Unità letturisti permanente: per monitorare i consumi e ridurre le perdite.
– Mobilità interna trasparente: per valorizzare competenze e ridurre gli sprechi.
– Formazione continua: per affrontare le sfide tecnologiche e gestionali.
– Recupero crediti e contrasto alla morosità: con personale dedicato e riduzione del ricorso a società esterne.
Si ribadisce come “La riforma non è solo tecnica: è etica. È il tentativo di restituire all’azienda una missione pubblica, orientata al servizio e non al profitto. La crisi idrica è il prodotto di una politica locale autoreferenziale, che ha preferito rotatorie e piazze alla manutenzione delle reti. I sindaci, molti dei quali ricoprono ruoli in Regione, Parlamento e enti sovracomunali, hanno ignorato per anni le esigenze strutturali del sistema idrico, contribuendo al dissesto di ACS e alla perdita di fiducia dei cittadini. Questa rete di potere trasversale ha prodotto una gestione frammentata, inefficiente e priva di visione. I comuni, pur essendo proprietari delle condotte, non hanno mai attivato progettualità serie per il rifacimento delle reti, lasciando che la dispersione idrica superasse il 50%. Il risultato è una crisi strutturale mascherata da emergenza climatica, utile solo a giustificare ulteriori sprechi e interventi tampone”.
Un patto civico per l’acqua pubblica
La proposta della CGIL è un invito principalmente al presidente a costruire un patto civico tra cittadini, lavoratori, istituzioni e comitati, fondato su: – Verità come fondamento della democrazia – Partecipazione come antidoto alla privatizzazione – Competenza come strumento di riscatto sociale