I paesi si svuotano, sotto i colpi di una emigrazione incessante, che costringe alle partenze interi nuclei familiari. E come il cane che si morde la coda, chiudono le attività, i servizi. A Sant’Angelo dei Lombardi, città storicamente caratterizzata per l’offerta nel campo de servizi, va via anche l’unica banca che era rimasta.
Un accorato appello per evitare che questo accada arriva dal giornalista e scrittore Michele Vespasiano, in questo suo intervento che pubblichiamo integralmente:
«Ed ora, ahimè, è la volta della banca (l’unica restata) ad abbassare la saracinesca, cosicché è sotto gli occhi di tutti che Sant’Angelo sta vivendo uno dei periodi più brutti della sua millenaria e rilevante storia civile. Secoli contrassegnati da pagine buie che, però, nonostante tutto, avevano insita la prospettiva di poter uscire dal tunnel.
Questa volta, invece, pare che, a causa di avvenimenti piccoli e grandi che hanno segnato la vita – già sonnacchiosa – della comunità, vedere la luce sia un miraggio.
Stamattina mi diceva un amico di Nusco: “Pare che tutto complotti contro Sant’Angelo!”.
No, non è solo colpa del destino cinico e baro, ma è anche colpa nostra che ci siamo illusi di poter vivere di rendita senza vedere che le condizioni che un tempo avevano fatto di Sant’Angelo il capoluogo dell’Alta Irpinia erano profondamente mutate.
Tante presenze pubbliche, da sempre vanto della nostra cittadina, sono state soppresse (il Tribunale, ad esempio) oppure fortemente ridimensionate (l’ospedale, l’agenzia delle entrate, l’ufficio postale, ecc.), generando così una sensazione di ineluttabile declino sociale che innesca conseguenze drammatiche. Non solo per noi Santangiolesi – mi invitava a riflettere il compianto Salvatore Boniello e con lui Giandonato Giordano, entrambi di Guardia – ma anche per i paesi limitrofi.
Come è potuto accadere tutto ciò?
Certamente ci sono delle cause di ordine generale, come il calo demografico che interessa tutta la dorsale appenninica con particolare rilevanza al Sud. Ma obiettivamente va riconosciuto che molto hanno contribuito anche concause diciamo locali, e penso alla ormai cronicizzata mancanza di una visione univoca e condivisa oppure alla pervicace selezione di una classe dirigente sempre più debole, improvvisata, inadeguata.
Ora, però, non mi interessa né lo trovo utile fare il processo alla classe dirigente degli ultimi tre o quattro lustri (prima ancora andremmo nella preistoria sociale e politica), sono invece maggiormente preso dall’analisi del contesto e dalla ricerca di eventuali rimedi da opporre al preoccupante stato dell’arte.
Analisi e ricerca alle quali è urgente dedicarsi con un serio impegno e che non possono risolversi né in ricette miracolistiche né in valutazioni da mettere in bocca a uno solo, quanto, piuttosto, devono essere necessariamente e ampiamente condivise tra soggetti (cittadini, enti, esperti, categorie sociali, ecc.) che andrebbero chiamati attorno allo stesso tavolo di confronto.
Auspico un tavolo “laico”, spoglio di ruoli e posizioni in qualche modo pre-dominanti, attorno al quale poter ragionare, avendo a mente che le persone passano ma il paese resta.
Dovrebbe essere invitato chiunque, dentro e fuori Sant’Angelo, possa offrire, in ragione della propria esperienza, un positivo contributo di idee per dare una svolta al trend negativo che pare inarrestabile. Giusto per prefigurare un identikit, penso al prof. Luigi Nicolais, che ha dimostrato di avere idee e capacità da vendere (ciò che ha fatto a Carditello e alla sua reggia è miracoloso!).
Con questi anche coloro che in paese rappresentano istituzioni comunque prestigiose: l’Arcivescovo, il Direttore dell’Ospedale, quello della Casa di Reclusione, i Dirigenti scolastici, le categorie sociali, i pochi imprenditori, l’associazionismo, ecc.
E assieme a costoro vanno chiamati tutti i Santangiolesi – giovani, innanzitutto, per la loro fantasia e creatività e soprattutto perché il futuro è loro – che, spogliati da ambizioni personali e rifuggendo dalla tentazione di autoassolversi o dalla acritica difesa di rendite di posizione, vogliono dare una mano per aiutare a capire e per indicare una strada per uscire dalle sabbie mobili nelle quali ci siamo impantanati.
Una raccomandazione: se davvero si vorrà organizzare un tale incontro (purchè si tenga poco importa chi lo promuove), questo tavolo dev’essere convocato quanto prima, per evitare che la buona volontà dei promotori e dei partecipanti possa essere inquinata dal clima elettorale che tra qualche settimana diverrà incombente e falserà la visione del problema.
Servirà a qualcosa? Io spero di sì. Non lo fosse nessuno potrà rimproverare o rimproverarsi per non aver fatto alcun tentativo per cercare di raddrizzare il piano inclinato sul quale scivola ineluttabilmente il futuro di Sant’Angelo!». Michele Vespasiano