“E’ tempo di affrontare con chiarezza, onestà e massima attenzione il delicato nodo delle prospettive dello stabilimento Stellantis di Pratola Serra, all’interno del più ampio quadro del gruppo aziendale”. Ad affermarlo è Massimo Picone, commissario provinciale della Cisal Metalmeccanici, imoegnato ieri anche in una riunione nella nuova sede del sindacato, in via Colombo n.36, ad Avellino.
“Ci spiace dover dire – prosegue il dirigente sindacale – che siamo stati facili profeti, sui timori che le difficoltà della società potessero riversarsi rapidamente anche sulla fabbrica irpina, che sembrava essere al riparo dalle dinamiche negative del marchio e dell’intero comparto dell’automotive italiano, così come pure i vertici dello stabilimento avevano in qualche modo sostenuto di recente. E’ impensabile infatti che la netta flessione di vendite delle autovetture prodotte dall’azienda non potesse comunque coinvolgere anche Pratola Serra, soprattutto alla luce delle strategie (o sempre più spesso dall’assenza di esse) che caratterizzano ormai le filiere produttive su scala globale, spesso con giochi di domino imprevedibili, senza contare l’effetto sull’intero indotto, a partire dalla Denso .
I recenti passaggi istituzionali dell’aministratore della società hanno confermato i problemi già risaputi, ma hanno anche alimentato sfiducia e perplessità, pure in chi sperava in mediazioni politiche di agevole attuazione. Insomma, la crisi dell’azienda è evidente e la prospettiva di ristrutturazioni e licenziamenti è tutt’altro che campata in aria. Non è accettabile che dalla proprietà dell’azienda e da chi la rappresenta si continui a fare tatticismo, giocando con le parole, con i lavoratori e i loro destini, con l’economia dei territori che vivono dell’andamento del settore e con l’enorme quantità di finanziamenti e agevolazioni pubbliche elargite, che non riescono mai a garantire un futuro stabile ad aziende, sempre pronte a rimettere in discussione programmazioni e impegni, per continuare a chiedere nuovi contributi, agitando – sempre con ambiguità – lo spettro dei tagli o della delocalizzazione delle produzioni, che troppo spesso poi si trasformano in realtà o che diventano l’anticamera di nuovi massicci utilizzi di ammortizzatori, come via d’uscita.
E’ necessario dunque richiamare azienda e manager alle proprie responsabilità, cominciandosi a fare carico direttamente anche delle proprie inadeguatezze dimostrate sul campo. Agli attori sindacali e istituzionali e in ultima istanza ai lavoratori si chiedono sempre. Da parte dell’azienda, nuovi sforzi, anche di “immaginazione, intelligenza e innovazione”, termini tutti da decifrare, ma poi non si dimostra altrettanto slancio e capacità nella programmazione, negli investimenti, nella creatività, per realizzare prodotti al passo con le esigenze degli acquirenti e dunque con la domanda e per dimostrare competitività sul mercato, preferendo invec toppe di comodo”.
“La discussione – conclude Picone – che ovviamente investirà contesti ben più ampi di quelli locali, non può però lasciare fuori i territori, a cominciare dall’Irpinia, che debbono assumere con forza protagonismo nella vertenza, che non può più essere condotta con i soliti consunti infruttuosi rituali. La politica, insieme alle parti sociali e a tutti i livelli istituzionali, deve dimostrare più coraggio e lungimiranza, vincolando l’azienda ad impegni e verifiche dei risultati, all’interno di una strategia nazionale del settore”.