Diventa l’occasione per annunciare il tema della prossima edizione dello SponzFest, nel segno di “Come li pacci”, la presentazione del nuovo album di Vinicio Capossela “Tredici canzoni urgenti”, tenutasi questo pomeriggio all’Accademia Real di Avellino. A dialogare con lui il giornalista Generoso Picone. “Un disco – spiega Vinicio – lo si fa se c’è un’urgenza. Quest’album nasce dal bisogno di difendersi dal forte senso del pericolo che viviamo e insieme dall’attaccamento alla vita, fuori da ogni metafora, allegoria o mito che tradizionalmente entrano nelle mie canzoni. Sono brani che attingono profondamente all’attualità. Ed è un’attualità caratterizzata da un lavorio industriale sulla paura, passiamo da una paura all’altra, dal terrorismo islamico alla pandemia, è una specie di apocalisse servita a piccole dosi, che ci coinvolge in una maniera illusoriamente partecipata. Siamo continuamente sollecitati dall’attualità, anche grazie alla protesi tecnologica, abbiamo l’illusione di avere sempre qualcosa da dire ma mancano spesso occasioni comunitarie, viene meno l’idea di sentirsi organici a qualcosa, siamo colti da una sorta di fatalismo su questioni anche cruciali. Dal 24 febbraio dello scorso anno siamo in un mondo in cui la prima voce del fatturato continuano ad essere le armi. Ma è chiaro che il conflitto in Ucraina ci colpisce di più solo perchè gli orrori ci appaiono più vicini. Ecco perchè come dicono gli economisti, quando c’è crisi, bisogna investire nei cosiddetti beni rifugio, bisogna scegliere che valore dare alle cose, su cosa investire. Di qui l’idea del “bene rifugio” che può essere anche un sentimento come l’amore”. Sottolinea come “le differenze generazionali sono nette a partire dai linguaggi ma è significativo che alcune istanze siano poste proprio dalle generazioni più giovani, dalla lotta al violenza di genere al patriarcato”.
Picone si sofferma sul catalogo di emergenze che consegna nel suo album, dalla guerra alla società dei consumi e su memoria e relazioni come presidii a cui aggrapparsi. E’ quindi Vinicio a spiegare la genesi dei brani. in “Con i tasti che ci abbiamo” “l’invito è quello di provare a fare quello che possiamo partendo da ciò di cui siamo in possesso “Dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti e fare di quel limite una possibilità, come ad esempio provare a suonare usando solo i tasti rimasti”. in “Gloria all’archibugio” e “Ariosto Governatore” richiama Ludovico Ariosto, ricordando “i 500 anni dal suo insediamento come governatore della Garfagnana, che assomiglia tanto all’Irpinia e l’arte dell’esercizio del potere” e ribadendo ” come sia difficile proteggere ciò che non ha protezione”
Mentre in “Cha, cha della pozzanghera” celebra “il sovvertimento della ragionevolezza, al di là del fine dell’utile, il gusto di giocare solo per divertirsi, con un richiamo a un’espressione dialettale irpina come “scata pozzacchio”. Riprendendo il principio del potere all’immaginazione, è chiaro che il primo passo per cambiare le cose è provare a immaginarle diverse, abbandonare la logica dell’utile”. Quindi cita “La crociata dei bambini” per ribadire che l’innocenza è la prima vittima di ogni guerra e “Dalla parte del torto”, che richiama Brecht e il presente in cui “sotto questo governo di estrema destra, nell’epoca del consenso a tutti i costi, più siamo più ci autoassolviamo da tutti i torti”. E da “On the road” di Kerouac a ” Sponzati….Come li pacci” con un chiaro richiamo al dialetto irpino il passo è un attimo, a celebrare “la pazzia di voglia di vivere, di salvezza, del tutto e subito…i pazzi, quelli che bruciano come favolosi fuochi d’artificio e tutti a dire Ohh”. “Sarà questo – chiarisce Vinicio – il tema dello Sponz che ogni anno si inserisce nella dimensione del miracolo e celebra il decennale”.
“E se Ariosto immaginava che il senno fosse sulla Luna, allo stesso modo si raccontava che anche a Cairano, – spiega Capossela – posta sulla rupe, si coltivassero “i siensi”, a differenza del resto dell’Irpinia, dove imperava la follia. Storie che ho messo in un album che festeggia i suoi sette anni ‘Le canzoni della cupa’, un disco che trae origine dai tanti sonetti e brani popolari ascoltato a Calitri. Peccato che tutti quelli di cui mi piaceva sentire i concerti siano partiti per una tournee, da Giovanni Fiordellisi che accompagnava le Cunversazioni ad Aniello Russo che raccoglieva canti e tradizioni”. Quindi canta e incanta il pubblico, accompagnato dal violino di Raffaele Tiseo e dalla chitarra di Giovanni Francesca.