Dalla Basilicata all’Irpinia il passo è breve: se la prima lo ha già riconosciuto, in provincia di Avellino si sta tentando. Lo stato di emergenza idrica, infatti, non è più soltanto una necessità. Ma a questo punto è un dovere richiederlo. E l’estate che stiamo vivendo ne è la prova. Come quella scorsa e quell’altra ancora. Adesso sembra giunto il momento di dire”basta così. Il tempo è scaduto”. In Irpinia, quella che quasi per prenderci in giro, viene definita”la provincia dove scorre più acqua”, non se ne può più. Se le sorgenti hanno diminuito del quaranta per cento la loro portata, soltanto rispetto allo scorso mese, nei Comuni devono fare i conti con I’acqua che non c’è. E i cittadini sono disperati. E senza risposte. Interviene, a proposito, Angela Marcarelli , coordinatrice di Cittadinanzattiva per Montefalcione, Avellino e la Bassa Irpinia, che ha inviato una richiesta all’amministratore unico dell’Alto Calore, Antonello Lenzi, perché la Presidenza del Consiglio dei Ministri dichiari lo stato di emergenza idrica. Per dare finalmente inizio, come in Basilicata, ad interventi urgenti e finanziamenti straordinari. Ormai abbiamo imparato che la rete idrica è vecchia, bucata e che va sostituita. Si sapeva da anni ma non si è messa mano per aggiustarla o rinnovarla. Soltanto un piano di risanamento, 50 milioni fermi da otto anni. Che non fanno che aggravare la situazione. Adesso tocca ai sindaci convocare d’urgenza, come chiesto da tempo dai Comitati, i consigli comunali con un unico punto all’ordine del giorno: l’emergenza idrica e, aggiungeremmo, lo stato di calamità. Senza, poi, andare tutti uniti a votare il bilancio in forte perdita dell’Alto Calore.