E’ partita dalla passeggiata antifascista per deporre fiori in ricordo dei combattenti per la libertà il percorso della Rete per la pace in occasione del 25 aprile, dal piazzale della Resistenza fino a via Giacomo Matteotti. Un percorso promosso da Arci, Anpi, Auser e Cgil proseguito con il confronto sul volume di Annibale Cogliano “Cianciulli e l’Irpinia pacifista”. E’ Franco Fiordellisi della Cgil a ricordare il valore della festa in un tempo difficile come quello che viviamo oggi “La lotta antifascista non può fermarsi. Oggi più che mai quei valori restano vivi”. A introdurre il dibattito Mimmo Limongiello e Giovanni Capobianco dell’Anpi che lanciano l’allarme sui rischi legati allo scempio della Costituzione, a partire dall’autonomia differenziata.
Cogliano ripercorre il ruolo di Ferdinando Cianciulli nell’azione politica e nel dibattito che accompagnarono l’Italia nella prima guerra mondiale. “Cianciulli, da pacifista e socialista – spiegano Cogliano e Limongiello – prefigura acutamente in gran parte le logiche di potenza che avrebbero contrassegnato le future relazioni internazionali: il neocolonialismo, gli interventi bellici ‘umanitari’, operati dall’Occidente con spietata arroganza nell’ottica di una geopolitica di puro dominio, mascherata da guerre umanitarie a portatrici di civiltà. Sapeva bene che il riscatto per il Meridione d’Italia dell’epoca, rinchiuso in una soffocante dimensione arcaica, sarebbe stato possibile solo se le masse contadine e operaie fossero state in grado di «gettare nella storia un peso tale da spezzare le catene della miseria e dello sfruttamento e rigenerare la vita degli umili…con la rivoluzione sociale». E non smise mai, da profetico utopista, di credere e lottare per la causa della liberazione umana”. Il suo socialismo si nutriva delle battaglie in difesa dei braccianti, contadini e artigiani, aiutandoli a prendere coscienza dei loro diritti.
Ecco perchè rappresenta ancora oggi una “Eredità difficile di un’azione e di un pensiero politico lucidissimi, di una forza utopica di dirompente attualità”. Cogliano ci ricorda come la guerra sia stata imposta violentemente al Paese da quella che era una minoranza politica. Nella relazione del prefetto Filoteo Lozzi del 16 aprile 1915 si ribadisce come “in questa provincia non vi sono molti aggregati politici e non si è avuta se non qualche rara e poco importante manifestazione in senso neutralista o interventista…In un’Irpinia estranea alla guerra – scrive Cogliano – la maggioranza schiacciante della popolazione è senza diritto di parola, priva com’è di poteri e rappresentanza politica; e solo due anni dopo dagli inizi della guerra, esasperata, alzerà la testa attraverso impotenti rivolte a macchia di leopardo, che – superfluo dirlo – saranno immediatamente e ferocemente represse”.
Unica voce di dissenso è il Grido, diretto da Ferdinando Cianciulli (1881-1922), iscritto, diciassettenne, al Partito socialista della sezione di Benevento, periodico che si avvale di collaboratori (i cui testi sono per lo più anonimi) di rilievo regionale e nazionale e di contributi che circolano sulla stampa nazionale socialista. Tra i lettori ferrovieri in Avellino e Atripalda; minatori delle cave di zolfo di Altavilla; pellettieri di Solofra; braccianti e artigiani di Montecalvo, Ariano (socialisti riformisti intorno alla figura di Oreste Franza), Orsara di Puglia, Lacedonia, Rocchetta S. Antonio (in cui sono presenti il Circolo Operaio e la Lega di Resistenza dei Contadini), Calabritto, Calitri. Una posizione, quella di Cianciulli, evidente già nell’opposizione alla guerra coloniale, profondamente diversa dall’immobilismo del Partito socialista ufficiale, che solo con ritardo prenderà atto dell’inutilità dell’intervento in Libia.
E proprio in occasione della Grande Guerra “Il Grido” darà una nuova dimostrazione di pacifismo, pur non facendosi promotore di iniziative contro la guerra, tranne nel solo capoluogo il 18 maggio 1915. Cianciulli resta ancora una volta isolato, perché la maggior parte dei socialisti irpini si schiera a favore dell’intervento armato. “Ciononostante, le riflessioni e le previsioni del “Grido” – spiega Cogliano – attualizzandosi con i tragici eventi degli anni successivi, gettano un lievito fecondo per la storia futura della provincia: tanti socialisti avranno una riconversione sulla bella guerra e nuovi quadri nasceranno fra gli studenti, gli operai, gli artigiani e i contadini, i reduci. Sono gli uomini che punteggeranno di rosso la provincia…” Netta anche la posizione sull’irredentismo: “Ripetiamo a sazietà: noi non siamo contrari al principio di nazionalità, non siamo contrari alla rivendicazione italiana di Trento e Trieste! Abbiamo formulato alcune obiezioni. I Trentini e i Triestini vogliono venire coll’Italia”. “La fine della guerra – scriveva Cianciulli – portò anche nella nostra regione un divampare di forze e di energie, suscitò gli spiriti repressi, unì i lavoratori dispersi, li amalgamò; li fuse la necessità impellente di affrontare le lotte per la vita, per il pane, per la famiglia. E noi constatammo che molti non ebbero fede e si misero nella via dell’emigrazione; altri si consumarono in uno sterile rimpianto, in cui la maledizione per la terra natia che non dava il pane era predominante; infine vi fu il manipolo degli audaci che volle lottare per vincere e per vivere”.
E’ Limongelli a sottolineare la necessità di “ripartire da grandi paradigmi culturali, dall’utopia e dalla capacità di guardare al futute, indispensabili per leggere la realtà. Se non si partirà dall’utopia la politica non rinascerà”. Inevitabile il riferimento alle battaglie di protagonisti del riscatto del Sud come il sindaco Nicola Vella e ad una Resistenza che si carica certamente di un valore diverso sotto un governo di destra “Ecco perchè – spiegano i relatori – dobbiamo mantenere alta la guardia sui valori di libertà e democrazia”
Ultima tappa a Forino con il confronto su “Lo squadrismo in Irpinia” di Annibale Cogliano, A fare gli onori di casa il sindaco Antonio Oliviero. La storica Gaetana Aufiero si sofferma sul sacrificio del commissario Camillo Renzi, morto a Dachau come Palatucci e premiato con il riconoscimento di partigiano. Un eroe troppo velocemente dimenticato dall’Irpinia. Il professore Giovanni Tranfaglia ribadisce l’importanza di trasmettere il valore della memoria alle nuove generazioni, magari sfruttando progettualità come quelle del servizio civile. E’ Sando Romito, figlio del partigiano Umberto, a sottolineare l’importanza di non dimenticare. Mimmo Limongiello dell’Anpi ricostruisce il ruolo dell’associazione per non dispedere i valori della Resistenza, lanciando l’allarme sul protocollo d’intesa ancora non rinnovato tra Anpi e scuole mentre Antonio Galetta annuncia la volontà di costituire una sezione dell’associazione a Forino.