Niente di nuovo. Le sorti della Campania sono appese al buon governo di Vincenzo De Luca. Solo il Pd di area Schlein non se n’è accorto. A parlare sono i fatti. Al bando la politica politicante il governatore parla di cose reali, che interessano la vita dei cittadini. Il terzo mandato è solo una postilla del ragionamento che invece verte tutto sul risultato comprovato del lavoro portato a termine in dieci anni di amministrazione e sulla cose da completare. Ci vuole capacità, competenza, determinazione, coraggio: “Perché in Campania per far muovere qualunque cosa bisogna sputare il sangue”. E De Luca è pronto a immolarsi.
Alla festa dell’Unità del Pd irpino risponde alla domande di Franco Genzale, direttore di IrpiniaTv.
Il governatore parla della proposta di bilancio del centrodestra: “C’è una sola cosa che io considero interessante, ed è la riduzione del cuneo fiscale. Per il resto ci sono decisioni sostanzialmente inaccettabili. La prima ovviamente è quella che riguarda la sanità. C’è uno stanziamento di un miliardo e trecento milioni di euro per il 2025: non bastano per le assunzioni a colmare la carenza di 30.000 dipendenti, ventimila infermieri e diecimila medici, che c’è in Campania. Abbiamo 15.000 medici in meno rispetto alla media nazionale. È evidente la sanità pubblica è sull’orlo del disastro”.
E poi, “c’è un problema drammatico dei pronto soccorso dove manca il personale e la situazione non può che peggiorare: i giovani non si vanno a specializzare in medicina d’emergenza: avremmo dovuto prendere decisioni drastiche, quasi raddoppiare le retribuzioni”. Insomma, De Luca avrebbe fatto diversamente dal governo, “avrebbe investito sulla sanità i quattro miliardi di euro destinati a ridurre le aliquote fiscali”.
Osserva: “Puoi dare 10-15 euro al mese in più alle partite Iva ma non cambi la vita di un professionista se poi lo costringi a pagare 400 euro per fare una risonanza magnetica negli studi privati”.
Su queste scelte si distingue un governo progressista da uno di centrodestra, dice De Luca: “La verità è che non abbiamo nessuna proposta alternativa credibile per contrastare il governo Meloni”.
Ancora sulla sanità: “Abbiamo dovuto nominare una task force per ricostruire la documentazione sanitaria, che avveniva all’epoca per via orale. Non c’erano documenti scritti. Abbiamo passato l’ira di Dio. Quando facevamo le riunioni al Ministero dell’Economia ci ridevano in faccia. Ci chiedevamo: siccome il bilancio sanitario è il 70% di quello della Regione ci spiegate come fate ad approvare i conti?. Non venivano approvati neppure i conti consuntivi delle Asl, non avevamo un piano ospedaliero. Abbiamo lavorato alla tedesca per uscire dal commissariamento: siamo arrivati a 170 punti nella griglia Lep: con Caldoro la Campania era a 105 punti e doveva arrivare a 160 per uscire dal commissariamento”.
Non è finita: “Purtroppo ancora oggi la Campania è l’ultima regione d’Italia nel finanziamento del fondo sanitario nazionale, l’ultima pure per la dotazione di medici e di posti letto. Eppure siamo davanti agli amici del Nord per decine di prestazioni”.
C’è dell’altro. “Il piano di investimenti sanitari è il più vasto d’Italia: per i nuovi ospedali ci sono due miliardi e trecento milioni di euro, 170 case di comunità da realizzare. Avete idea di che cosa significa? Lo sforzo amministrativo che ci vuole? Lo dico a quelli che vengono a parlare della Campania facendo gli scienziati. E’ uno dei motivi per cui io dico che il nostro lavoro deve continuare ancora”. Ma i miracoli non si sono visti solo nella sanità.
Intanto il governatore è notoriamente in prima fila anche per la battaglia contro l’autonomia: “Siamo stati la prima regione che ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale e nello stesso tempo presentato una proposta di modifica della legge”.
Finalmente si discute di terzo mandato. I dem presenti vogliono capire come regolarsi, De Luca poterà la legge in consiglio regionale il 5 novembre. Nessun ripensamento: “A Roma non possono decidere il destino dei territori. Ai tempi del pentapartito si indicava candidato, una testa di sedano che rappresentava il simbolo, a prescindere dalle sue qualità personali. Ma la Campania non può essere governata da chi non ha temperamento, esperienza, conoscenza dei problemi, la capacità di padroneggiare l’apparato amministrativo. Qui c’è da sputare sangue per mettere in movimento le situazioni, nulla cammina da solo”.
Per De Luca il terzo mandato è “un problema democratico di rispetto dei territori, della volontà dei territori. Il ricambio della classe dirigente va bene ma non può funzionare per tutto. E poi parlamentari, anche quelli europei, i ministri, i sottosegretari possono essere candidati a vita. Allora il problema non è il terzo mandato, la verità è che si vuole fare la lotta politica facendo finta di difendere un principio. Decidano i cittadini: per quello che mi riguarda può essere eccessivo anche un solo mandato. Se chi viene eletto si rivela essere incapace pure uno è troppo”.
La conclusione è scontata: De Luca si candida, ma non per smania di potere, no: “Non mi sono mai lasciato dietro le spalle un cliente, ma sempre donne e uomini liberi. Io ritengo che abbiamo il dovere di consolidare questa rivoluzione strutturale che abbiamo fatto in Campania in dieci anni”.