Rosa Bianco
Nel tardo pomeriggio del 12 aprile 2025, al Caffè Hope di Avellino, si è compiuto un rito silenzioso e potente, un ultimo abbraccio collettivo al mistero della parola e alla grazia della poesia. Con la presentazione del libro “Di cielo, di nuvole e di vento” di Monia Gaita, si è chiusa la prima edizione della rassegna “Irpinia d’autore”, organizzata dall’Associazione Insieme per Avellino e per l’Irpinia — e con essa si è conclusa una stagione di bellezza e pensiero, che ha saputo riaccendere le luci dell’intelletto nei cuori di tutti i partecipanti, con proposte letterarie intrise di profondità e di resistenza.
È stata una chiusura che ha avuto il sapore dell’eterno. I versi della “vestale irpina”, come è stata definita Monia Gaita, hanno attraversato la sala come correnti di senso, come carezze d’aria venute a sfiorare le superfici più segrete dell’essere. “Di cielo, di nuvole e di vento” non è solo un titolo: è una visione, un invito a guardare in alto, ad abitare l’instabilità del cielo come postura esistenziale. La poesia di Gaita — stratificata, luminosa, inquieta — si è offerta come uno specchio obliquo in cui il lettore ritrova la propria frammentarietà e la trasfigura in canto.
I saluti iniziali di Elvira Napoletano, Pasquale Luca Nacca e Maria Ronca hanno tracciato un perimetro affettivo e progettuale attorno all’evento, testimoniando quanto la cultura sia, in questa terra, ancora luogo di costruzione e comunità. Le parole dei relatori — la critica letteraria Rosa Bianco, la scrittrice Antonietta Gnerre, il presidente dell’ associazione culturale “Orizzonti” Paolino Marotta — hanno intessuto un dialogo profondo con l’opera, svelandone le alchimie simboliche, le ascese spirituali, la nostalgia di un altrove che è sempre anche dentro di noi.
L’autrice, con voce lieve ma carica di verità, è intervenuta donando chiavi interpretative, ricordi, e silenzi carichi di significato. Il giornalista Gianluca Amatucci, nella sua moderazione raffinata, ha tessuto i fili dell’incontro con garbo e intelligenza.
In quell’ora sospesa, il tempo ha smesso di correre. Si è seduto con noi, come un vecchio saggio, e ci ha ascoltato parlare d’anima, di paesaggio, di vento. L’Irpinia non ha solo celebrato una poetessa; ha riconosciuto se stessa in uno specchio d’inchiostro.
Che sia solo l’inizio. Perché chi sa nominare il cielo, sa anche tracciare nuovi orizzonti.