di Anna Bembo
Il fenomeno delle dimissioni volontarie delle lavoratrici madri continua a rappresentare una criticità per il mercato del lavoro italiano, riflettendo una persistente difficoltà di conciliare la vita professionale con quella familiare. Secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro relativi al biennio 2023-2024, la tipologia di recesso più frequente resta quella delle dimissioni volontarie, che coinvolge soprattutto le madri lavoratrici.
Questi sono i dati forniti all’Ufficio della Consigliera di Parità della Regione Campania, Domenica Marianna Lomazzo, e dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro della Regione Campania.
A livello nazionale, nel 2023 si sono dimesse volontariamente 43.031 madri, mentre i padri che hanno lasciato il lavoro per motivi analoghi sono stati 18.048. Nel 2024 il numero delle madri dimissionarie è sceso leggermente a 41.406, mentre i padri sono rimasti stabili a 18.048. La motivazione prevalente per le lavoratrici è la difficoltà di conciliare l’attività professionale con la cura dei figli, collegata soprattutto alla carenza di servizi di supporto (45,2% nel 2023 e 47,5% nel 2024) e l’inadeguatezza dell’organizzazione del lavoro (29,5% nel 2023 e 30,0% nel 2024).
Il quadro cambia per i padri, le cui dimissioni derivano per lo più da ragioni professionali, come il passaggio a un’altra azienda (72,2% nel 2023 e 66,6% nel 2024), mentre la cura dei figli incide solo nel 16,7% dei casi nel 2023 e nel 21,1% nel 2024. Le dimissioni si concentrano soprattutto nella fascia di età 20-40 anni, quella in cui si sviluppano i percorsi lavorativi e coincide con la fase più fertile della vita delle donne.
A pesare sul percorso professionale femminile vi è anche il persistente gender pay gap, evidenziato dal Rendiconto annuale di genere INPS 2024: le donne guadagnano mediamente oltre venti punti percentuali in meno rispetto agli uomini, e il 64,4% delle lavoratrici è impiegato con contratto part-time, spesso involontario (15,6% contro il 5,1% degli uomini). Questo divario si ripercuote anche sulla progressione di carriera: solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri sono donne, con conseguenze negative anche sulla futura pensione.
La situazione si complica maggiormente analizzando la Campania che possiede uno dei tassi di occupazione più bassi d’Europa e si conferma tra le regioni più fragili sul fronte dell’occupazione femminile. Secondo il Rapporto Istat 2025, il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 64 anni si attesta al 32,3% nel 2024, ben al di sotto della media nazionale (56,1%) e lontanissimo dalla media europea (68,3%). Nelle regioni del Mezzogiorno il tasso scende complessivamente al 36%, ma la Campania registra la performance peggiore in Europa: meno di una donna su tre lavora.
Nel biennio esaminato, la cui elaborazione si basa sui dati forniti dai due uffici, i provvedimenti di dimissione o risoluzione consensuale convalidati ai sensi dell’art. 55 D.lgs. 151/2001 sono stati 2.893 nel 2023 e 2.814 nel 2024, con un calo del 2,7%. Il fenomeno interessa principalmente le lavoratrici madri: nel 2023 2.500 donne hanno lasciato il lavoro, nel 2024 2.243, pari a circa l’86% delle dimissioni totali. I padri dimissionari nel 2024 sono stati appena 371, a conferma di un divario di genere ancora marcato nella distribuzione degli oneri di cura.
A livello provinciale, il trend è analogo. La provincia di Napoli passa da 1.647 dimissioni nel 2023 (di cui 1.373 lavoratrici madri) a 1.532 nel 2024 (1.300 madri). Avellino ha registrato 188 dimissioni nel 2023 e 174 nel 2024, con una riduzione modesta ma significativa. Di queste, 155 riguardano madri lavoratrici e solo 19 padri. Anche qui, la fascia d’età più coinvolta è quella tra i 20 e i 40 anni, la stessa in cui si costruiscono le basi della carriera lavorativa e della vita familiare.
Le tipologie di dimissione più frequenti in provincia restano quelle volontarie, con una quota minima di dimissioni per giusta causa (una sola in ciascuno dei due anni) e nessuna risoluzione consensuale di rilievo.
Nonostante il quadro complessivo resti critico, la Regione Campania ha avviato negli ultimi anni una serie di interventi mirati: l’istituzione degli Sportelli Donna, bandi a favore dell’imprenditoria femminile (PR Campania FSE+ 2021-2027), voucher per l’accesso ai nidi e contributi per i nuclei familiari con nuovi nati, oltre al finanziamento di reti territoriali di genere per favorire il welfare aziendale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. È stato inoltre creato un tavolo permanente sull’occupazione femminile con l’obiettivo di rafforzare le opportunità lavorative, promuovere la leadership delle donne e ridurre i divari territoriali. Tuttavia, come sottolineano gli stessi dati, le politiche da sole non bastano: serve un cambiamento culturale che redistribuisca realmente i carichi di cura e permetta alle donne di non dover scegliere tra famiglia e lavoro.