“Costruire una città diversa in cui le armi non siano strumento di risoluzione dei conflitti, in cui i giovani possano vivere liberamente i loro spazi. Oggi siamo qui in questa piazza per ribadire che un modello di socialità e aggregazione sana è possibile”. Lo sottolinea Davide Perrotta di Libera nel guidare il corteo “Disarmiamo la città” partito da Piazza Libertà per raggiungere Rione Mazzini e San Tommaso. Lo gridano gli striscioni che campeggiano durante la sfilata “Non c’è sicurezza senza giustizia sociale”, poichè non è possibile affermare che il dilagare della violenza in città non abbia a che fare con la qualità di servizi e le opportunità offerte ai giovani. “Alle istituzioni – prosegue Davide – chiediamo innanzitutto di essere al nostro fianco e di continuare a portare avanti il loro lavoro ma con un confronto più costante e continuo. La politica è chiamata ad assumersi la responsabilità di governare questo territorio, cosa che da troppo tempo ha smesso di fare. Ecco perché accogliamo con favore l’appello del questore ai giovani a impegnarsi in politica. I ragazzi che sfilano con noi sono lo spaccato di una società che opera concretamente per migliorare la città. Penso agli scout e all’associazione cattolica di Rione Mazzini e San Tommaso che ci accoglieranno oggi. Sono alchni dei tanti uomini e donne che fanno ogni giorno la loro parte per migliorare la città”. Davide lo ribadisce con forza “Questa città deve tornare a occuparsi di sé stessa e dei cittadini di tutte le età, affinché possano riappropriarsi degli spazi in maniera sana, trasmettendo messaggi di cultura, di pace e di rigenerazione urbana. Abbiamo voluto fortemente che la manifestazione arrivasse a Rione Mazzini e San Tommaso, vogliamo che le persone dei quartieri si sentano rappresentate, possano far sentire la loro voce”. Spiega come “Questa manifestazione deve essere l’inizio di un percorso per creare legami e reti”.
Sulla stessa linea Stefano Pirone di Libera “Dal 2019 più di venti episodi di violenza si sono ripetuti in città, nel 2025, già 6 sparatorie e attentati incendiari in provincia. E’ chiaro che si tratta di una ferita aperta, malgrado la determinazione delle forze dell’ordine nel perseguire il proprio lavoro. Ma è chiaro che la repressione non può bastare. Il problema della violenza in città riguarda la criminalità organizzata ma anche la mancanza di servizi, lo stato degli alloggi pubblici, la corruzione sul territorio, è l’ultimo rapporto della Dia a ricordarci quanto siano fragili le nostra amministrazioni come dimostrano i comuni sciolti per infiltrazione mafiosa. Il fatto che i giovani facciano ricorso alla violenza è strettamente collegato alla mancanza di spazi. Una comunità che non si incontra è certamente slabrata e finisce per risolvere conflitti con la violenza. Troppo spesso non si denunciano anche casi di estorsione e usura perchè si ha paura di non ricevere solidarietà. Così a prevalere è ancora lo stereotipo di isola felice. Ed è chiaro che il problema è sociale e culturale,ciascuno è chiamato a fare una scelta. Siamo convinti che questa marcia è un segnale di speranza”
Tanti i docenti che hanno risposto all’appello come Manuela Muscetta, referente docenti Libera “Abbiamo cercato di creare un coordinamento provinciale di insegnanti che hanno a cuore i temi della responsabilità civica e della qualità della vita, intesa in senso molto ampio. Siamo convinti che i ragazzi abbiano bisogno di comprendere cosa significhi vivere il territorio, anche attraverso manifestazioni come questa. Episodi di violenza, come quelli di cui purtroppo la mia scuola è stata testimone l’anno scorso, dimostrano quanto ciò sia necessario. I ragazzi devono prendere coscienza del valore della partecipazione, anche quando c’è da difendere valori fondamentali, come la libertà e il diritto a vivere serenamente la città.”. Non ha dubbi Muscetta “Oggi sono loro a essere più esposti e coinvolti. Assistiamo, infatti, a fenomeni preoccupanti di crescente violenza giovanile si manifestano anche nella vita scolastica, dagli episodi di bullismo, ma anche alla diffusione di idee che possono risultare pericolose. Abbiamo quindi il dovere di chiamare i giovani a essere protagonisti della comunità cittadina. Del resto, sono anche molto critici nei confronti degli adulti: spesso ci ricordano che non siamo sempre noi la causa di tanta violenza e che non vanno giudicati solo in base a stereotipi. Rivendicano, giustamente, autonomia e indipendenza. Tuttavia, la strada da percorrere è lunga. Le esperienze di vita comunitaria e di cittadinanza attiva devono essere moltiplicate nella nostra realtà. Di qui l’importanza del lavoro che sta portando avanti il gruppo dei docenti di Libera”
“È importante andare nei quartieri e ricordare loro che non sono soli e che, anzi, c’è una città che fa quadrato attorno a loro e li sostiene” afferma Francesco Iandolo. “Poichè le strade, le piazze, le città e i quartieri non appartengono a chi scende armato e spara, ma a chi li vive quotidianamente e deve avere la libertà di farlo ogni giorno. E’ importante che da questa manifestazione arrivi anche questo messaggio. La sicurezza, senza l’aspetto sociale, non è nulla: è proprio la privazione della libertà che rende insicuri, il pensare di non poter stare in strada. Avellino non è davvero una città insicura, ma ciò non significa che non possa fare di più. Speriamo che questa rete, che oggi si incontra ed è già attiva sul territorio, possa intervenire anche di fronte nuovi episodi di criminalità o violenza”.
A sfilare è anche Cinzia Tino, mamma di Roberto Bembo, ucciso nel corso di una lite con due coetanei. “Il disarmo di Avellino è necessario. La criminalità non si è mai fermata mentre dobbiamo offrire un’alternativa alla violenza, offrire modelli positivi, dimostrare che fare il bene paga mentre la violenza non serve a nulla. E’ fondamentale partire dai gesti, come questa marcia ma è chiaro che il cambiamento deve partire dalle scuole, dalla famiglia, dalla comunità. Dobbiamo lanciare un messaggio forte. Ancora oggi troppi giovani ricorrono alle armi e le usano per futili motivi e sempre più giovani, soprattutto i più fragili, cedere di fronte alla violenza. Fa male al cuore vedere un ragazzo di quindici anni lanciarsi da un balcone perché non sa come affrontare la violenza, anche verbale, non solo quella fisica. Compito di noi adulti è trasmettere un messaggio di speranza”. E sono tante le associazioni a far sentire la loro voce, da Arci con Stefano Iannillo alla Cgil con Italia D’Acierno, da Andrea Famiglietti di Laika ad Avionica, da Antonio Dello Iaco di Legambiente a Francesca Pesce di don Toninp Bello che ricordano la forza dei cittadini quando restano uniti e fanno sentire la loro voce e sottolineano come la lotta contro ogni forma di violenza sia anche quella per Gaza. Anche se Pesce non nasconde l’amarezza legata all’assenza delle istituzioni “Noi ci siamo ma certi traguardi non possiamo raggiungerli se insieme a noi non ci sono le istituzioni”. Ci sono, invece, rappresentanti del mondo della politica, da Enza Ambrosone a Luca Cipriano e Antonio Gengaro del Pd ad Antonio D’Aquino e Sara Spiniello e Vincenzo Ciampi dei 5 Stelle fino al mondo dei sindacati
A sfilare c’è la Chiesa con Don Pasquale Iannuzzo, Vicario generale della Diocesi di Avellino “Il mio appello è alla cura. Poichè la violenza nasce sempre da vuoto. Un vuoto che non riesce a trovare un linguaggio. Questa marcia vuole significare che la comunità c’è, e che la comunità cerca, in qualche modo, di offrire appartenenza e un linguaggio simbolico a questi giovani, che stanno perdendo non solo i punti di riferimento esterni, ma anche il contatto con se stessi”
A San Tommaso c’è anche Mariano Di Palma di Libera Campania “Siamo chiamati a contrastare non solo la violenza della criminalità e delle piazze di spaccio ma anche quella di chi fa clientele e tiene in ostaggio le città. Possiamo contrastarla attraverso manifestazioni come questa, portando la protesta luoghi dove i riflettori non arrivano, dicendo no alla retorica sulla sicurezza che invoca solo una telecamera in più. Di risposte repressive ne vediamo tante, ma il cancro dell’illegalità e della violenza si combatte solo con una risposta culturale e con l’educazione, con il rafforzamento delle politiche sociali, la cultura del lavoro e la presenza della politica”.






