Riceviamo e pubblichiamo dal professore Fausto Baldassarre un omaggio a don Ferdinando, nel tredicesimo anniversario della morte.
Don Ferdinando Renzulli è una figura di altri tempi. Non il parroco che vive nel qui e l’ora. Non è il funzionario. Non l’impiegato. Don Ferdinando è colui che si piega sul vissuto dell’altro. Altro che è il se medesimo. Per il nostro la fede non può essere ridotta a mera dottrina. Dono e perdono sono la vita autentica. Don Ferdinando aveva la capacità di chi ha carisma, generava un cerchio di persone intorno a sé, un dialogo mai interrotto sempre per afferrare l’anima dell’altro, il bisogno a volte nascosto dalla dignità, dal silenzio del povero, di chi non ha. Il parroco della Ferrovia faceva piazza pulita dei giudizi. Il giudizio per lui creava distanza, ostacolo alla comprensione, negava la carità. Occorreva innestarsi. Scoprire la vocazione quell’esser chiamati. Da qui nasceva l’idea della costruzione del teatro È nel quotidiano che si gioca la fede. Un quotidiano riscoperto dall’arte dalla filosofia dalla fenomenologia dalla psicanalisi. Il nostro irpino cosi si ritaglia il suo spazio quotidiano. L’idea del murales nasce da questa idea. Ognuno può contemplare, leggere su una sacra parete la rappresentazione di chi ha fatto la vera e unica rivoluzione della storia.
Del resto, l’autentico è nella periferia, Gesù ha scelto spazi di periferia per arrivare a tutti nel più vasto mondo. Don Ferdinando consegna il messaggio cristiano libero dal moralismo. Don Ferdinando è stato maestro e testimone dove entrambi sono strettamente legati. Non c’è l’uno senza l’altro. Non c’è spiritualità senza carità. Senza carità c’è l’arido. Io ho avuto il dono di incontrare sul mio cammino persone, come don Ferdinando persone capaci di schiudere di aprire orizzonti. La parola di don Ferdinando, parola umile come quella del borgo ferrovia che amava il linguaggio parlato dal popolo. Di qui nasceva il suo vivo interesse per la cultura popolare e di essa ne assimilava il colore il sapere il sapore. Non era un fatto di mera vicinanza ma di fusione. Era stile di vita. Essere cristiano è far crollare la prigione dell’io. Uscire dall’io. Non basta il dovere. Il fondamento è la carità. Don Ferdinando aveva l’attenzione che Simone Weil definiva la più alta forma di carità. Don Ferdinando è un modello per noi laici per i sacerdoti. Il parroco di Borgo Ferrovia ha donato il suo tempo. La sua presenza mai intermittente. Una splendida luce nel firmamento del cielo della fede della nostra terra.