“Dobbiamo dare fiducia ai giovani, imparando a condividere con loro. Dobbiamo smetterla di giudicarli e guardarli sempre con aria di superiorità”. E’ l’appello lanciato da don Vitaliano della Sala nel corso del convegno dedicato alla gioventù contemporanea, promossa dall’associazione Fausto Addesa. Una riflessione a tutto campo, a partire dalle testimonianze di chi è in prima linea “Da cattolico democratico – afferma Antonio Limone, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, tra i fondatori dell’associazione Fausto Addesa – dico che i tempi che oggi viviamo sono il frutto della società che abbiamo costruito. Dobbiamo estirpare dalle nuove generazioni la violenza e interrogarci sulle ragioni di questi fenomeni sempre più diffusi. Dobbiamo insegnare ai giovani il rispetto delle persone e la giustizia sociale”. E’ Pina Pedicini, responsabile Casa sulla roccia, a spiegare che “E’ la cocaina la sostanza più diffusa tra i giovani, ancora più dell’alcol”. Chiarisce, però, che “Le dipendenze riguardano tutte le fasce di età. Lo scorso anno si sono registrati, a livello nazionale, due morti al giorno, causate da problemi di dipendenza, a cui si aggiungono quelle indirette legate agli incidenti stradali e ad altre situazioni drammatiche. Ma certamente il fenomeno delle dipendenze è in aumento”. Un impegno quello della Casa sulla Roccia che guarda alla persona nella sua complessità “Abbiamo cinquanta posti in convenzione che sono sempre quasi occupati. Le richieste di trattamento sono tante. Abbiamo un servizio colloqui che accoglie tutti. Ci sono dimissioni, abbandoni e rientri. La tossicodipendenza è una malattia sociale che, come dice l’Oms, ha indici di ricaduta altissimi”. Sottolinea con amarezza come “Si è abbassata la percezione della pericolosita delle sostanze, la trasgressione e’ diventata normalità, un vero esempio di conformità. Si trasgredisce in pubblico per essere popolari, cosi da poterlo pubblicare sui social. L’unica strada è quella della prevenzione, dbbiamo agire insieme, contrastando l’ anestesia emotiva da cui nascono le dipendenze e dunque educando i giovani alle emozioni, cercando di stabilire con loro una relazione educativa. Una relazione che deve basarsi sulla fiducia, una fiducia da verificare costantemente, nel segno di condivisione e chiarezza nella comunicazione. Il nostro obiettivo deve essere il noi, superando individualismi”. A prendere la parola è, poi, Vincenzo Petruzziello, studente universitario ventunenne. Spiega come non percepisca piu la città come uno spazio sicuro “Le nostre serata le trascorriamo al viale dei Platani, beviamo qualcosa insieme, chiacchieriamo. Ma per tanti il divertimento non può ridursi a una semplice uscita tra amici, bisogna trasgredire a tutti i costi. Camminare a tarda sera per la città è diventato pericoloso, troppe le notizie di risse e di episodi di violenza. Ma è chiaro che bisogna agire insieme, ciascuno è chiamato a fare la propria parte”
Don Vitaliano spiega come “Il dato di fatto è che la società comprende dinamiche e fenomeni del nostro tempo quando è già tardi. Non riusciamo mai a giocare sulla prevenzione. Un esempio arriva dai telefonini, se li abbiamo inventati, dobbiamo anche trovare il modo per insegnare ai giovani a usarli. Lo stesso discorso vale per l’intelligenza artificiale, non possiamo averne paura ma capire come può aiutarci nella vita di ogni giorno”. Spiega come “Dobbiamo dare risposte ai ragazzi. Il mondo giovanile è smisurato e vario. Lo stesso vale per una realtà come quella di Capocastello sulla quale esistono tanti pregiudizi, ma anche lì la comunità è variegata, le risse non le fanno solo quelli di Capocastello”. Non ha dubbi don Vitaliano “I nostri giovani chiedono di essere lasciati in pace, si parla troppo di loro ma non riusciamo ad ascoltarli. Poiché ascoltarli è complicato. Dobbiamo cercare di entrare in connessione con loro. Basta leggere i testi della canzoni che loro ascoltano per capire che hanno i loro valori anche se sono diversi da nostri. Anche quando Roberto è stato ucciso a Mercogliano, i ragazzi hanno dato prova di grande spirito di solidarietà, poichè hanno sentito che era morto uno di loro. Dobbiamo abbassare un po’ la guardia. Dobbiamo cercare di comprendere la loro realtà e i loro sogni. Dovremmo metterci in discussione e stare a sentire i giovani anche quando non condividiamo quello che dicono o fanno. Non è giusto condannarli in maniera pregiudiziale. Dobbiamo di imparare anche da loro”