di Virgilio Iandiorio
I risultati delle elezioni per il rinnovo del parlamento di alcuni decenni fa, quali che fossero , rendevano tutti soddisfatti. Il partito che aveva ottenuto dalle urne dei punti in più in percentuale, gioiva per il risultato favorevole; naturalmente la gioia era grande o misurata a seconda se i punti fossero stati molti o pochi. Si dichiarava soddisfatto il partito che aveva migliorato di qualche cifra decimale dopo lo zero. E il partito che aveva perduto, nel senso che aveva riportato percentuali inferiori a quelli delle precedenti votazioni, anche se a denti stretti manifestava gradimento e si compiaceva perché la debacle era stata inferiore a quella che si preannunciava alla vigilia. Come a dire si aspettava di ricevere dalle urne una mazzata, ma ne è uscito un buffetto sulle guance, Finiva così che i risultati accontentavano tutti. E come nel paese delle favole tutti erano felici e contenti.
Dinanzi ai risultati dell’elezioni del consiglio regionale appena concluse, l’atteggiamento dei gruppi politici (mi risulta difficile chiamarli partiti, alla maniera tradizionale) non è stato poi tanto diverso da quello dei decenni passati.
Qualche novità, bisogna riconoscerlo, c’è stata. Lo sconfitto, che un tempo si leccava le ferite e dichiarava che tutto sommato era andata bene perché il prezzo pagato era stato inferiore al previsto, oggi si presenta come il martire che si affida alla volontà dell’Eterno. Come a dire: “Ho perduto; sono qua: fai di me quello che tu vuoi”. Solo che la volontà del popolo sovrano, che in questi gruppi conta quanto il due di coppe nella briscola a bastoni, non ha nulla di divino.
“Questa insoddisfazione per le geometrie politiche, per l’astrattezza di analisi tanto complicate quanto vuote, di indicazioni programmatiche che non potranno mai realizzarsi per il continuo mutare delle condizioni di fatto, le condizioni storiche, provoca, spesso, un rigetto, una reazione pericolosa quanto veemente. Alla ragione calcolante si oppone un irrazionalismo vitalistico, drammaticamente inquietante, rinascono i cosiddetti populismi, movimenti di opinione che in nome di torbide passioni, invidia, rancore, voluttà narcisistica o di astratti moralismi, generico richiamo ad una imprecisata onestà, mettono a rischio la stessa civiltà”.(Ernesto Paolozzi, 2016, p.11).
C’è la corona di rami di quercia per questi novelli salvatori della patria; e l’aureola dei martiri per quelli che si sono votati alla morte elettorale, nella lotta contro gli infedeli politici. Per fortuna non è stata versata neppure una goccia di sangue né si sono viste lacrime rigare il viso.
Come è bello chiamare in causa le congiunzioni astrali, o i complotti, contro i quali non ci sono argomenti che possono fare chiarezza. Purtroppo il nulla non si può controbattere col nulla, perché moltiplicando lo zero per lo zero il prodotto non può essere che nullo.



