“Il 1999 come data spartiacque che ha segnato la trasformazione del ruolo della Nato, fino ad allora con una funzione difensiva”. A sottolinearlo il generale Biagio Di Grazia nel corso del confronto dedicato al suo volume “La Nato nei conflitti europei”, edito da Delta 3 presentato questo pomeriggio al Carcere Borbonico. A confrontarsi con l’autore il direttore del Corriere dell’Irpinia Gianni Festa, il magistrato Domenico Gallo, lo storico Annibale Cogliano, l’editore Silvio Sallicandro. A moderare il dibattito il giornalista Generoso Picone. Punto di partenza della riflessione il conflitto nella ex Jugoslavia, prima vittima del “Nuovo Ordine Mondiale” definito all’indomani della Guerra Fredda e della caduta del muro. Di Grazia, in prima linea con il contingente italiano in Bosnia e e Serbia, ricorda come “Oggi sono in tanti a sottolineare che non si possono mettere sullo stesso piano la Russia, che è l’aggressore e l’Ucraina, che è la vittima ma nessuno si chiese chi fosse l’aggressore quando la Nato bombardò la Serbia per costringerla a tornare ai tavoli di pace. Oggi l’unica speranza per giungere alla pace in Ucraina è rappresentata dalla concessione dell’autonomia al Donbass e alla Crimea”. Cogliano sottolinea come “I sogni e le speranze di giustizia e uguaglianza si sono scontrati con la dura realtà. Oggi non esista una strategia difensiva comune in Europa, stravolta dalla politica americana”. Mentre Festa pone l’accento sull’orrore delle guerre, ricordando la sua esperienza di testimone dei conflitti in Medio Oriente. “Nessuna guerra – spiega – ha senso e potrà mai raggiungere l’obiettivo sperato. Quello che lancia il generale Di Grazia è un grido di allarme su una situazione internazionale in cui nessuno sembra davvero cercare la pace, neppure Zelensky, nè Europa e Usa. Assistiamo ad una inutile corsa a rifornire di armi l’Ucraina”. Gallo ricorda come “la guerra in Ucraina sia il frutto di una lunga incubazione. Dopo la caduta del muro, gli Usa con il presidente Clinton scelsero di restaurare il clima della guerra fredda, di ricostruire l’idea di un nemico contro il quale avviare un progetto politico militare di contenimento malgrado i pareri divergenti di Kissinger e Kennar. Era chiaro che tentare di allargare la Nato ad Est avrebbe acceso nuove tensioni con la Russia, con una guerra ancora più pericolosa di quella fredda, perchè non più legata a un conflitto ideologico ma governato dal nazionalismo e dunque da un sentimento irrazionale. E, invece, fu quello che accadde con l’ingresso nella Nato di Cecoslovacchia e Polonia. Il primo esempio fu il bombardamento della Serbia da parte della Nato, in chiaro contrasto con il trattato di Helsinky che stabiliva che le frontiere non si possono modificare con atti di forza. Allora il governo di Dini si oppose all’intervento nella ex Jugoslavia nel rispetto del principio che voleva che simili azioni dovessero avere prima l’avallo Onu. Oggi gridiamo allo scandalo, nel parlare di una Russia che vuole disgregare l’Ucraina ma è già accaduto in passato senza che nessuno lo denunciasse con la Serbia e il Kosovo. Se l’aggressione della Russia è criminale è ugualmente criminale l’atteggiamento degli Usa e dell’Europa che hanno provocato l’aggressione”.
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