“La pedagogia non può e non deve ridursi alla tecnica. E’ necessario, oggi più che mai, che la scuola riscopra un’ottica umanistica, a partire dal rapporto con la terra”. A sottolinearlo è Giulio Ferroni nel corso del confronto sul suo volume “La scuola per il futuro”, tenutosi questo pomeriggio. al Circolo della stampa, promosso dalle associazioni Sinestesie e Carlo Gesualdo con il patrocinio della Provincia. “Siamo chiamati – prosegue Ferroni – a difendere il patrimonio di conoscenze che deriva dal passato e la capacità di mettere queste conoscenze al servizio del presente. Abbiamo bisogno di giovani generazioni che sappiano confrontarsi con le difficoltà che si presentano sull’orizzonte della civiltà umana, con le problematiche che vive l’intero pianeta. L’istruzione deve consentire ai ragazzi di riscoprire il rapporto vivo con le materie e garantire una cultura avanzata che abbia una forza critica dirompente e non consenta solo l’ingresso nel mondo del lavoro, ma aiuti a comprendere le sfide del presente che sono più gravi di quelle del passato. Penso all’emergenza clima e ad altre emergenze che le giovani generazioni di ieri non hanno mai vissuto, per affrontare le quali sono necessarie competenze tecniche e un rinnovato umanesimo”
Sullo stato di salute della scuola di oggi non nascondei i suoi timori “Tutto dipende dalla buona volontà dei professori, i docenti devono avere coscienza di quelle che sono le urgenze del presente, devono credere nel valore della cultura da trasmettere criticamente alle nuove generazioni. Ma è evidente che alcuni interventi continui di riforma allontanano dalla vera finalità della scuola, condannandola alla burocratizzazione, si tende alla creazione di una scuola che formi persone subalterne a quelli che appaiono come i valori correnti ma sono, in realtà, legati solo allo sviluppo economico. Ed è proprio questa ricerca ossessiva dello sviluppo a portare l’umanità alla deriva”
Ribadisce più volte il senso di quello che definisce un umanesimo ambientale “non possiamo capire il presente se non comprendiamo ciò che l’umanità ha costruito, non possiamo salvare il pianeta se non conosciamo la sua storia e questa storia ci viene trasmessa dall’arte, dalla letteratura, dalle scienze, dal dialogo tra le discipline. Bisogna dare ai ragazzi la coscienza del momento che oggi viviamo”
Appare fortemente critico sullo strapotere delle nuove tecnologie “Sono importanti se utilizzate criticamente, c’è una tendenza alla digitalizzazione universale come se la possibilità di formarsi e capire il presente derivasse dal dominio del digitale che è imprescidindibile ma non può essere l’unica soluzione del presente. il rischio è quello di creare un’umanità subalterna alla tecnica ma la vita non si risolve nella tecnica”. Ribadisce come “I social appaiono uno spazio di libertà ma ci costringono a seguire un formato imposto dall’industria, non c’è nulla di nostro nelle piattaforme finalizzate alla comunicazione on line. I modelli tecnologici hanno risvolti antropologici ma è chiaro che il rapporto reale e la concretezza dell’esistenza si perdono”
E sul divario dell’istruzione tra Nord e Sud “Il divario esiste ma dobbiamo fare i conti con una difficoltà ulteriore, con la minaccia rappresentata dall’autonomia differenziata. La scuola deve essere nazionale e europea, non ci sono dubbi su questo. In un momento in cui ci si allarga ad un orizzonte internazionale, ridurre la scuola ad una molteplicità di sistemi, diversi da regione a regione, rischia di distruggerla. La scuola deve intraprendere una battaglia contro l’autonomia differenzaiata, l’istruzione e la sanità devono essere i fondamenti dell’unità del paese. Nel sistema dell’autonomia differenziata decisivi sono i finanziamenti anche in considerazione del rapporto col territorio, ma il territorio può essere analizzato anche chiave universale. Penso all’uso del dialetto, lo si deve inserire nel contesto di una problematicità che riguarda il paese”
E sulla battaglia contro le discriminazioni della poesia del Sud “E’ fondamentale restituire attenzione agli scrittori e ai poeti del proprio territorio ma non può andare a discapito della cultura nazionale, è bene studiare i poeti di un luogo specifico, dell’Irpinia o del Mezzogiorno, senza dimenticare che esistono anche Dante e Leopardi”
Sulla lezione che ancora oggi arriva dalla letteratura “ci può aiutare a capire ciò che conta nell’esistenza, offrendo un contributo alla crescita personale e collettiva. La letteratura è sempre un modo di comunicare e stare insieme nei modi più diversi, ci aiuta a comprendere concetti come quelli di alterità. La letteratura è un monumento infinito all’esistenza”
Sulle strategie per promuovere la lettura tra i giovani “Le nuove generazioni sono immerse in una quantità di strumenti di comunicazione che allontanano dalla letteratura, bisogna saper mostrare loro quanto leggere metta in rapporto con ciò che è essenziale nella vita dei ragazzi. Ecco perchè i docenti sono un riferimento importante e dovrebbero essere pagati molto di più”
Sull’Italia cita i versi di Dante “Ahi serva Italia, di dolore ostello” ma spiega che “Siamo sempre abituati a darci la zappa sui piedi, ad essere antitaliani, io non lo sono mai stato. Penso che l’Italia possa essere orgogliosa del suo patrimonio culturale e debba fare in modo che i suoi modelli culturali non sia solo uno strumento limitato al consumo ma una responsabilità da sfruttare al meglio. Da questo punto di vista la politica non ci aiuta molto. Prima esistevano classi politiche di alto livello culturale che avevano una visione a largo raggio, oggi si cerca il risultato immediato, certificato dai sondaggi. E’ inevitabile che le migliori intelligenze scelgano di non dedicarsi alla politica e che a guidare il paese siano spesso faccendieri che vogliono imporre se stessi e non hanno coscienza dei problemi del paese. Ma riguarda non solo l’Italia, riguarda il mondo intero”
E sull’esperienza del Covid “Pensavamo ci avrebbe aiutato a cambiare rotta, a cercare un diverso modello di sviluppo. Dopo mesi ci siamo ritrovati di nuovo a progettare azioni in cui si cercava a tutti i costo di imporsi sugli altri, compresa una guerra. Questo libretto è nato proprio nei mesi dalla pandemia dalla consapevolezza che questa ricerca del consumo sfrenato da parte dei giovani ci sta portando alla rovina. E’ chiaro che la società umana non può svilupparsi se punta solo sulla competività. Serve un’economia della solidaretà”
E c’è spazio anche per una riflessione su ciò che “resta oggi della comunicazione e su cosa accadrà un domani, a partire dal senso di futuro che caratterizza le opere di molti autori come lo stesso Leopardi e da quel progetto di ‘Biblioteca del futuro’ immaginato ad Oslo con la raccolata di manoscritti che saranno pubblicati nel 2114. I modelli letterari entrano in tutte le forme, in tutti i media, ma la letteratura stessa rischia di perdersi”. E ricorda il professore Puntoni del liceo che chiedeva agli studenti di “tenere una propria storia della letteratura sul quaderno, attraverso una sintesi delle pagine del manuale di Natalino Sapegno. La mia vocazione di critico letterario è nata lì”
Sulla polemica sollevata da Susanna Tamaro sulla necessità da parte della scuola di mettere da parte autori come Verga “La Tamaro vorrebbe recuperare l’umano ma finisce nel cadere in una serie di contraddizioni. L’impressione è che non avendo la stoffa della scrittrice cerchi di diventare una maitresse a penser”. E annuncia come gli piacerebbe curare una storia delle aletteratura che analizzi spazi e paesaggi negli autori italiani, dalla natura di Leopardi al senso del limite di Gadda
A introdurre il dibattito è Stefania Marotti, che pone l’accento sulla capacità di Ferroni di sviscerare con attenzione i problemi della scuola, fino alla decadenza culturale che oggi viviamo. A dialogare con lui il professore Pellegrino Caruso che ribadisce come alla scuola “serva un’unica fondamentale risorsa, la responsabilità del docente educante che deve essere sicuro dei contenuti da trasmettere con capacità di coinvolgimento emotivo”. A portare i propri saluti Edgardo Pesiri, presidente dell’associazione Carlo Gesualdo e Carlo Santoli, direttore di Sinestesi e docente all’Università di Salerno, che sottolineano il ruolo centrale a cui è chiamata la scuola nella formazione dei giovani