Sabato 23 settembre 2023 alle ore 19.30 nel suggestivo borgo medioevale di Castello a Forino (AV), precisamente nel Castello Feudale di San Nicola, debutterà l’opera teatrale “FRA’ DIAVOLO – L’ultima alba” di Antonio Mocciola con Alessandro Mastroserio e Manuela Ippolito. La regia è di Sissy Brandi con l’aiuto-regia di Barbara Lafratta. La rappresentazione sarà introdotta dall’intervento musicale di Gigiotto Parisi & la Tammorra di Forino che ne curerà anche la conclusione. L’ingresso è libero e gratuito.
L’evento è ideato, prodotto e organizzato dall’associazione proCastello Aps di Forino, con il patrocinio della Regione Campania, della Provincia di Avellino, del Comune di Forino e del Comune di Contrada. Partners della serata sono le aziende presenti sul territorio: Urciuolo Vini, Bhumi Ceramica, Lumaca Irpina, Agricola Meridionale, 4M srl, De Maio Agricola, Wind of Charge, Bip. La rappresentazione della pièce teatrale, commissionata direttamente dal Presidente dell’associazione proCastello Aps, il Generale Luigi Bruno, rientra nel progetto di divulgazione della cultura e della storia del territorio campano. Narrando le rocambolesche vicissitudini di Fra’ Diavolo si approfondiscono la conoscenza e gli accadimenti storici del periodo di riferimento. La straordinaria determinazione del protagonista, che scelse di battersi in ogni modo per la sua terra, accende un focus importante sul legame tra l’uomo e il luogo di appartenenza. Un valore che spesso, in alcune zone come l’Irpinia, si sta perdendo e che va riscattato con una sapiente azione di tessitura tra relazioni tangibili e intangibili. È necessario e urgente, quindi, recuperare i valori, i sentimenti e le appartenenze che rendono partecipi, affinché ognuno possa diventare testimonial del proprio territorio, attraverso la natura, i mestieri, il cibo, l’arte, la cultura.
Il programma:
Introduzione musicale di Gigiotto Parisi & la Tammorra di Forino
- Terra mia (di Pino Daniele 1989)
- Vulesse addeventare nu brigante (di Eugenio Bennato 1980)
- Italiella (anonimo 1868)
- Canto dei Sanfedisti (di Giuseppe Giordani 1799)
Opera teatrale: Fra’ Diavolo – L’ultima alba di Antonio Mocciola (2023)
Finale musicale di Gigiotto Parisi & la Tammorra di Forino
- Brigante se more (di Eugenio Bennato 1980)
Sinossi
Imprigionato il 3 novembre 1806 a Napoli, Michele Arcangelo Pezza, soprannominato Fra’ Diavolo, viene condannato a morte dal Tribunale straordinario riunitosi a Castel Capuano, dopo pochi giorni. In attesa di essere impiccato il giorno dopo, Fra’ Diavolo, viene assistito e accudito da una suora con la quale rivive i momenti della sua vita, le emozioni e i sentimenti che l’hanno caratterizzata. Nel dialogo intimo tra Fra’ Diavolo e la suora emergono l’aspetto umano del prigioniero e le peculiarità del protagonista. Un lato della personalità di Fra’ Diavolo che l’autore, Antonio Mocciola, racconta e mette in evidenza attraverso un’attenta interpretazione della storia del famoso e complesso personaggio.
Principale riferimento bibliografico è il testo storico del Prof. Francesco Barra intitolato “Michele Pezza detto Fra’ Diavolo. Vita, avventure e morte di un guerrigliero dell’800 e sue memorie inedite” ed. Avagliano.
I progetti e gli obiettivi
L’Associazione proCastello APS di Forino, presieduta dal Generale Luigi Bruno, nasce nel 2021 con l’obiettivo principale di promuovere e valorizzare il territorio irpino attraverso la cultura e l’arte, con particolare attenzione al sito del borgo medievale di Castello.
L’Associazione ha già contribuito al restauro delle cappelline della via Crucis dislocate lungo la strada che dal borgo portano all’Eremo di San Nicola ed ha donato un’effige di San Giacomo, realizzata in piastrelle di maiolica, che è stata apposta nella nicchia, sulla facciata dell’omonima chiesetta del borgo. Sono già stati realizzati 3 concerti presso l’Eremo di San Nicola in collaborazione con il Conservatorio “D. Cimarosa” di Avellino. Nell’aprile 2023, in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli, è stata iniziata un’attività di ricerca storica sul Complesso Monumentale di San Nicola. Con tale progetto l’associazione intende contrastare l’abbandono delle aree interne dell’Irpinia, precorrendo il degrado ambientale, sociale e culturale e cercando di ricreare il legame degli uomini con il territorio in modo da reimpossessarsi del senso di appartenenza attraverso la conoscenza storica e culturale delle proprie radici.
FRA’ DIAVOLO – L’ultima alba
23 settembre 2023 ore 19.30
Castello Feudale di San Nicola – Forino (Av)
Ideato, prodotto e organizzato dall’Associazione proCastello APS di Forino (AV)
Contatti: Luigi Bruno procastello.forino.av@gmail.com – cell. +39 3313646618
Comunicazione e ufficio stampa: Annalisa Rossetti annalisa.rossetti39@gmail.com cell. +39 3382973989
Cenni storici
La storia di Fra’ Diavolo si svolge in un periodo storico molto caldo, tra la seconda metà del 1700 e la prima decade del 1800. Fra’ Diavolo, pseudonimo di Michele Arcangelo Pezza, fu un brigante militare italiano, noto per aver partecipato attivamente alle insorgenze dei movimenti legittimisti sanfedisti. Nacque il 7 aprile 1771, Michele Arcangelo Pezza, a Itri, un piccolo centro in Terra di Lavoro, all’epoca parte del Regno di Napoli ed attualmente in provincia di Latina. Il suo pseudonimo si deve ad un episodio particolare. All’età di 5 anni Michele Arcangelo fu colpito da una grave malattia e la madre per salvarlo formulò un voto a San Francesco di Paola: consisteva nel vestire il bambino con un saio da frate sia d’estate sia d’inverno. Il voto andò a buon fine ma si sarebbe sciolto soltanto quando il saio si sarebbe del tutto consumato. Il saio gli comportò il soprannome di “Fra’ Michele”. Molto presto, in età adolescenziale, il Pezza non si rivelò adatto agli studi. Durante una lezione, il canonico Nicola De Fabritiis, suo insegnante, davanti alla poca voglia di studiare dell’allievo e alla sua pigrizia, lo apostrofò con la frase: “Tu non sei Fra’ Michele Arcangelo; tu, tu sei Fra’ Diavolo!”. In età da lavoro Michele aiutò il padre nei campi, ma essendo il ragazzo più interessato ai cavalli che alla terra, fu mandato a lavorare presso la bottega di un amico del padre bastaio, Eleuterio Agresti, il sellaio del paese, dove rimase per alcuni anni. Purtroppo, un giorno, durante un’accesa discussione, Eleuterio picchiò il ragazzo il quale per tutta risposta uccise il mastro sellaio con un grosso ago usato per imbastire le selle ed assassinò anche il fratello che gli aveva giurato vendetta. Questo episodio comportò al giovane l’iniziò di un periodo di vagabondaggio sui monti Aurunci, dove si mise al servizio del barone Felice di Roccaguglielma, nel feudo di Campello. Successivamente si spostò a Sonnino, nello Stato Pontificio, appoggiandosi a una famiglia itrana che vi si era trasferita. Michele entrò, così, in contatto con numerosi briganti, con i quali instaurò buoni rapporti, ricevendo in breve tempo una considerazione degna di un capo. Con l’invio di aiuti militari a nord, nel 1796, la Terra di Lavoro era diventato un crocevia di truppe e la famiglia di Michele pensò di trarre vantaggio dalla situazione. Nel 1797 Michele Pezza presentò domanda affinché la pena per il duplice omicidio fosse commutata in servizio militare. La domanda fu accolta e Michele fu arruolato in uno dei reggimenti del Regno di Sicilia. Nel 1798 combatté, organizzando le sue masse, contro i Francesi per contrastare l’avanzata napoleonica lungo la Via Appia verso Napoli. Partecipò nel 1799 alla progressiva riconquista del Regno da parte dell’esercito sanfedista del Cardinale Ruffo che il 30 settembre arrivò alla liberazione di Roma dai Francesi. Perseguitato, poi, per razzia e altri crimini, incarcerato ed evaso, per intercessione inglese, quella sua avventura militare terminò con la nomina a colonnello di fanteria, attraverso l’investitura di duca di Cassano, la cancellazione dei debiti che la sua armata aveva contratto per le battaglie sostenute e il matrimonio con la sua amata. All’inizio del 1800 Pezza ritornò nel paese natio, in qualità di “Comandante Generale del dipartimento di Itri”. Sua moglie era incinta: nacque Carlo e successivamente arrivò Clementina. Si era avviato ad una vita tranquilla di militare di carriera. Non riuscì, però, a stare tranquillo per molto tempo per via dei debiti che aveva contratto a causa delle battaglie affrontate. Prese l’impegno di pagare tutti i finanziatori delle imprese di Gaeta e di Roma. Si recò, quindi a Napoli, con tutta la famiglia, abbandonando l’incarico di Comandante Generale per presentare l’istanza di condono che si perse negli uffici dell’amministrazione reale. A questo punto chiese al Re di poter vendere la propria pensione per rimborsare i suoi finanziatori, «preferendo meglio di patir lui e la sua famiglia, che comparire impuntuale e sentirsi rimproverare di esser divenuto colonnello con gli aiuti e co’ soccorsi esatti da essi creditori». La richiesta, tuttavia, fu respinta. Nel 1806 Napoleone riportò una vittoria decisiva sulla Quarta coalizione e una delle sue prime decisioni fu quella di dichiarare guerra al Regno di Napoli. Il Consiglio di guerra di Ferdinando IV decise di richiamare all’azione sia il cardinal Ruffo sia i capimassa. Ruffo rifiutò l’offerta e dei capimassa ormai non restava (vivo e operativo) che il colonnello Pezza, ben felice di tornare in azione. Fra’ Diavolo lasciò Napoli e tornò nelle province a reclutare uomini abili alle armi tra la popolazione ma, mentre si preparava alla guerra, gli giunse la notizia che il re aveva abbandonato Napoli per riparare, come aveva già fatto nel 1799, a Palermo. Pochi giorni dopo ricevette un’ordinanza con la quale veniva ordinato ai comandanti militari di non aggredire l’armata napoleonica. «In conseguenza, S. M. comanda che il colonnello Pezza e gli altri incaricati di battaglioni volanti non facciano alcun movimento, né resistenza contro la detta armata». Supportato dalle armi del capace e spietato Maresciallo Andrea Massena, Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, fu incoronato re di Napoli per volere dell’imperatore francese. Fra’ Diavolo fu uno dei due soli comandanti militari che disobbedirono all’ordine: il secondo fu il generale principe Luigi d’Assia-Philippsthal, comandante della fortezza di Gaeta. Negli ultimi giorni di aprile fu chiamato dal monarca a Palermo. L’inglese William Sidney Smith, ammiraglio della flotta reale, gli prospettò un progetto che ricalcava l’impresa dei Sanfedisti di sette anni prima: la sollevazione delle Calabrie e l’avanzata dell’esercito fino a Napoli. Il 28 giugno Smith fu nominato comandante in capo della spedizione con Fra’ Diavolo luogotenente. Nonostante alcuni arditi successi, Fra’ Diavolo subì molte perdite e finì braccato dai Francesi. Fu posta sulla sua testa una taglia di 17.000 ducati e maestro di caccia fu nominato il colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo (padre dello scrittore Victor Hugo). Giunto a Cava de’ Tirreni, Fra’ Diavolo passò in rivista i suoi uomini per l’ultima volta, stabilendo che il gruppo si sarebbe sciolto e che ognuno avrebbe preso la sua strada. Vagò per giorni e giorni da un paese all’altro, cercando di raggiungere la costa per imbarcarsi su una nave inglese, finché il 1° novembre, esausto, fu riconosciuto dal titolare di una spezieria e catturato a Baronissi. Condotto a Salerno e identificato, il 3 novembre fu trasferito in prigione a Napoli su una vettura circondata da lancieri polacchi. Il 10 novembre fu condannato a morte dal Tribunale straordinario riunito a Castel Capuano. Alla richiesta di declinare le generalità, dichiarò di essere colonnello dell’esercito borbonico. Non gli venne riconosciuto lo status di prigioniero di guerra e, dopo un processo sommario, fu subito giustiziato per impiccagione, come un volgare delinquente, in piazza del Mercato all’alba dell’11 novembre, vestito con l’uniforme di brigadiere dell’esercito borbonico e con il brevetto di duca di Cassano al collo. Il suo corpo venne lasciato molte ore fino a sera bene in vista come monito per la popolazione. Fu sepolto in una fossa comune nella Chiesa degli Incurabili.