di Franco Mazza
Era l’estate 2021, con mia moglie Rosa, mia sorella Lucia e mio cognato Nicola eravamo a Marina di Gioiosa Ionica per qualche giorno di riposo. Siamo letteralmente innamorati della Calabria, ci andiamo molto spesso anche perché abbiamo molti buoni amici. In quell’estate tra mare e passeggiate a Nicotera, Scilla, Reggio Calabria, Zambrone, Paradiso del sub, Caulonia, Roccella Ionica, Placanica, Melito di Porto Salvo, Pentidattilo, Bova, Gerace, Stilo, Mammola, dopo aver goduto di tanta bellezza, dopo aver fatto il bagno in un mare stupendo e dopo esser rimasti incantati difronte alla bellezza dei bronzi di Riace, decidiamo di incamminarci alla ricerca del simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione, dello straordinario uomo che aveva saputo trasformare il fenomeno migratorio in opportunità, quel Mimmo Lucano che aveva costruito un modello basato sull’umanità, duramente colpito da una scandalosa inchiesta della magistratura di Locri. Così, il primo settembre arriviamo a Riace, facciamo un giro al centro storico, la piazza, il villaggio globale.
Chiediamo a qualche anziano dove possiamo trovarlo, ci indicano la casa, emozionati bussiamo alla sua porta ma non ci risponde nessuno. Camminiamo nei paraggi un po’ delusi per non averlo trovato e stiamo quasi per andare via quando vediamo arrivare con una piccola e vecchia macchina un uomo che scende e lo riconosco: “E’ lui, eccolo qua! Mimmo”. Era Mimmo Lucano che tornava a casa dalla campagna. Ci guarda con sospetto: “Che volete?”. Lo rassicuriamo dicendogli: “Veniamo in amicizia, siamo di Avellino, vogliamo conoscerti, ti stimiamo e apprezziamo molto lo straordinario lavoro da te fatto in nome della solidarietà e dell’accoglienza. Siamo convinti che hanno voluto colpire il tuo modello di accoglienza e non crediamo ad una sola parola delle accuse che ti vengono rivolte”.
Così si tranquillizzò e ne cominciò una lunga discussione sulle scale di casa sua. Appena seppe della nostra provenienza ci parlò della sua amicizia con il compianto e caro Enrico Fierro, all’epoca ancora vivo ma già ammalato. Ci disse di Vinicio Capossela che aveva scritto un pezzo dedicato a lui: “Povero Cristo”. Ci fece ascoltare qualche canzone di un cantante di musica popolare calabrese. Ci disse che preferiva starsene in campagna, da solo, lontano da pressioni e clamori. Era molto amareggiato. Ci parlò a lungo del suo dramma, della sua sofferenza e della preoccupazione perché a fine mese ci sarebbe stata la sentenza di primo grado. Ci parlò dei suoi avvocati e del fatto che tutta la sua storia era cominciata dopo il naufragio di una imbarcazione con profughi curdi. “Io non ho fatto niente, io voglio ancora credere nella giustizia perché ho fatto solo quello che mi son sentito di fare in soccorso di tanti disperati provenienti da ogni parte del mondo”.
Un incontro bello nel quale mise a nudo se stesso, mentre noi gli demmo tutta nostra vicinanza e solidarietà. Ci invitò ad entrare in casa per mostrarci “la sua ricchezza”: una camera spoglia, un lettino con sopra un po’ di indumenti personali. Due ore di un incontro indimenticabile dove si avvicendarono racconti, sorrisi e lacrime, sì lacrime, quelle di Nicola ad esempio per aver compreso di trovarsi difronte ad un uomo straordinario, buono, che era stato capace di realizzare un’utopia, di rivitalizzare la sua comunità su principi di umanità, fratellanza e universalità. Un incontro bellissimo. Ci demmo appuntamento al pomeriggio, al villaggio globale. Altra lunga discussione e grandi abbracci. Ci regalò il suo libro “Il Fuorilegge” con una dedica a tutti e quattro che ci emozionò. Ricordo che gli chiesi: “Sei credente?” E lui mi rispose: “Secondo te?” Mi parlò dell’incontro con la Chiesa buona. A parte il mafioso Stilo, Natale Bianchi, monsignor Bregantini, padre Alex, la straordinaria lettera di Papa Francesco e finanche la storia dei santi Cosma e Damiano (che è dentro di lui in quanto riacese) credo che hanno avuto su Mimmo un impatto molto forte. Le sue parole mi fecero capire perché mi aveva risposto così alla mia domanda: non è importante la risposta, ma conta quello che si è. E lui è la speranza che ritrovo in un passaggio straordinario ed emozionante del suo libro: “…Ricordo di aver colto un’immagine della piazza che sembrava quasi un sogno: in una finestra di una vecchia casa, per tanti anni rimasta chiusa, si muoveva una luce fioca. Come la fiaccola della speranza di una nuova umanità, rappresentata da una famiglia di profughi curdi che aveva trovato ospitalità tra quelle mura antiche.” È un’immagine bellissima ed oltremodo potente.
Prima di salutarci gli chiedemmo: “Mimmo, cosa possiamo fare per aiutarti? Possiamo lasciare un contributo economico per la gestione di questa piccola e residua comunità rimasta?” Ci rispose: “No! Basta la vostra vicinanza e il vostro calore. Quello che avete fatto oggi è sufficiente e per me molto importante”. Da lì a pochi giorni fu mostruosamente condannato a 13 anni e due mesi di reclusione per associazione a delinquere ed altri reati, come se fosse il peggiore delinquente in una terra dove la ndrangheta commette i più odiosi reati e spesso non viene nemmeno sfiorata. Una sentenza scandalosa! Da quel primo settembre 2021 è cominciata una relazione fatta di telefonate, messaggi e frequenti viaggi a Riace. Negli anni in cui tutto sembrava perduto e potevano prevalere sconforto e depressione, negli anni in cui a volte è stato lasciato solo anche da parte di chi non si aspettava, negli anni in cui è calato il silenzio su Riace noi e tanti altri siamo contenti di essergli stati vicini, di averlo sorretto ed incoraggiato, spinto a non mollare. Siamo diventati amici, anzi di più: lo considero mio fratello e così a volte ci appelliamo nelle telefonate e nei messaggi. Abbiamo aderito al progetto “Diamo luce a Riace”, siamo stati a trovare i suoi ragazzini di colore del Villaggio Globale ed ogni volta è stato molto bello. Abbiamo vissuto l’11 ottobre 2023, giorno della sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, con grande trepidazione, in continuo contatto con Riace e con il tribunale di Reggio, dove c’era il nostro amico avv. e prof Giorgio Fontana che in tempo reale ci diede la splendida notizia della sua sostanziale assoluzione, accolta da noi con grande gioia. Quando abbiamo visto i suoi due avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia commentare in tv la sentenza di assoluzione abbiamo provato un sollievo enorme.
La notizia della sua candidatura al Parlamento Europeo con la lista Alleanza Verdi Sinistra è straordinaria. Con questa decisione, assunta dopo una lunga riflessione, Mimmo ha deciso di uscire dall’ombra in cui era stato relegato da un’inchiesta e una sentenza ingiuste. Mimmo, grazie alla sua testardaggine (calabrese doc) e alla forza delle sue radicate motivazioni interiori, è stato capace di reagire e ha deciso di mettersi in gioco per lottare contro il fascismo strisciante dei nostri giorni, mascherato e manifesto, contro le guerre e contro l’assassinio quotidiano di Madre Terra. Un uomo di una trasparenza e un disinteresse assoluti che, con la sua esperienza di vita, può dimostrare che i migranti, se si smette di considerarli un problema di ordine pubblico, possono rappresentare una risorsa formidabile per l’Italia e per l’Europa intera. Una risorsa non solo economica, perché possono essere inseriti nel mondo del lavoro producendo ricchezza, ma anche e soprattutto un arricchimento in termini di umanità. Mimmo, in questo mondo fatto di egoismi, guerre, oppressioni e disumanità, può ergersi come un gigante e portare in Europa l’esperienza del paese dell’accoglienza, Riace, un’utopia realizzata!
Fiero di essere suo fratello e di sostenerlo con forza in questa campagna elettorale!
Forza Mimmo!
Restiamo Umani!