Un’eredità importante, la sua, che non ha tradito il peso che porta il suo cognome, Giovanna Mezzogiorno, attrice pluripremiata, è figlia dell’attore Vittorio Mezzogiorno, a cui il #GiffoniFilmFestival è legato da sempre. Un legame confermato dallo stesso ideatore e fondatore, Claudio Gubitosi, che ha aperto l’incontro: “Bentornata a casa, approfitto della tua presenza per fare una promessa importante. Se me lo permetteranno di nuovo, voglio riportare a Giffoni il Premio Vittorio Mezzogiorno”. Sorride commossa, raccontando che dopo la sua scomparsa conserva un grande rimpianto: “Il mio papà non mi ha visto mai in scena, non ha potuto darmi tanti consigli e suggerimenti. Peccato, era un attore coraggioso, con un rigore maniacale che porto con me a ogni lavoro”. Gli esordi. Il primo, vero e proprio, aveva solo 5 anni “ma non aveva mai pensato di recitare”. Si è formata a Parigi nel laboratorio teatrale di Peter Brook, con il quale ha iniziato a calcare la scena. Al cinema ha debuttato nel film di Sergio Rubini Il viaggio della sposa. Da allora ha lavorato con vari registi in cinema e teatro, tra questi: Michele Placido, Gabriele Muccino, Ferzan Özpetek, Piero Maccarinelli, Valerio Binasco, Mike Newell, Wim Wenders, Francesca Archibugi, Marco Bellocchio, Cristina Comencini, Gianni Amelio, Daniele Luchetti. Gli insegnamenti. “Con Rubini, ho imparato dove non andare e dove non mettere mani. Placido mi ha insegnato cosa vuol dire la memoria lunga. Il monologo di Sarah Kane è stato un incubo, ma una vera sfida. Con Bellocchio ho vissuto la conquista di un podio”.
Nel 2010, per la sua interpretazione nel film Vincere di Marco Bellocchio, è stata premiata come migliore attrice protagonista con il National Society of Film Critics Award, dall’associazione dei critici cinematografici statunitensi. Interprete straordinaria di respiro internazionale, anche per lei ci sono delle prime volte. Recentemente ha esordito come sceneggiatrice e regista nel cortometraggio Unfitting che ha presentato alla Festa del Cinema di Roma. Una docu-denuncia sul body-shaming, che scava nella proria esperienza personale, ma in chiave ironica, come lei stessa sottolinea “dopo che mi è passata tanta rabbia”. Un piccolo film autobiografico, che però non è una rivendicazione, ma un percorso intimo tradotto in un messaggio che resti (anche) ai 5 mila jurors, tra ragazzi e ragazze, tanti di loro adolescenti in una età considerata critica: “Ho due figli dell’età loro a cui dico che non bisognerebbe, ma è quasi impossibile, farsi condizionare dal giudizio altrui, soprattutto sul nostro aspetto fisico, in qualsiasi ambito”. In un momento storico in cui si parla tanto di empowerment femminile, capita ancora che le donne si ritrovino ad essere spesso (e ancora) vittime di pregiudizi estetici. “E’ una cosa molto dura, una scoperta abbastanza sorprendente che all’improvviso conti di più la bellezza che il tuo talento, però è una scoperta interessante. Una volta che lo sai, lo sai”. Progetti per il futuro importanti che non può ancora sverlare, intanto nel ruolo inedito di scrittrice sta promuovendo il suo ultimo libro Ti racconto il mio cinema (Mondadori), dove si rivolge ai ragazzi (e non solo) per condividere le sue esperienze dentro e fuori dal set, con tante curiosità. Un consiglio su tutti, ai più ambiziosi in sala: “Io non sono il mio personaggio quando sono fuori dalla scena. Non porto mai il cellulare sul set, bisogna stare concentrati quando si lavora. Il momento del ciak è luce”.
Guarnieri e le figlie della luna: nella conoscenza la vera ricchezza
Marino Guarnieri parte dalla necessità di ricordare un passato traumatico, dall’impellente volontà di far conoscere ai bambini, alle generazioni precedenti ciò che è stato per comprendere al meglio ciò che sarà poiché «Non sapere ci rende più poveri, la conoscenza ci può dare ricchezza».
Questa è l’esigenza fondamentale che costruisce il cortometraggio animato di Guarnieri “Le figlie della luna” presentato da MAD Entertainment e Rai Kids. Protagonista è la piccola Sherazade, eco de “Le mille e una notte” da cui eredita il nome e la capacità di raccontare, qui però non si fronteggia con le favole ma con i ricordi del nonno. Achmed, il nonno appunto, fugge dagli orrori del suo paese d’origine per approdare in Italia e decide di tenere nascosto alla nipotina tutti i traumi del suo passato per proteggerla. Sherazade, però, riuscirà a compiere un viaggio tra i ricordi che la porterà a recuperare questa memoria perduta e a far riconquistare ad Achmed la forza di ricordare e di amare la vita.
I +10 in sala sono entusiasti, seguono con attenzione e partecipano alle gioie e i dolori dei protagonisti tanto da far esclamare a Guarnieri: «Vorrei che tutto il pubblico della vita mia sia così». Guarnieri racconta la genesi della sua opera, nata durante il periodo Covid per il bisogno di raccontare qualcosa ai bambini della fascia d’età di sua figlia. La riflessione di base è la difficoltà di poter spiegare ai più piccoli i conflitti e le ferite dell’umanità, gli adulti sanno cosa significa ciò che gli succede intorno mentre i bambini non sempre hanno la stessa possibilità.
La forte esigenza di comunicare un messaggio riesce a superare l’arduo compito di raccontare ai più piccoli situazioni complicate e soprattutto lo fa con uno dei linguaggi più congeniali ai bambini: la magia. E i bambini presenti in sala il messaggio lo accolgono eccome a dimostrazione che, con i modi più adatti alla loro età, sono perfettamente capaci di comprendere anche gli orrori più terribili che sembrano lontani ma che invece possono sempre diventare più vicini.
Ozi e la voce della foresta prodotto da Di Caprio emoziona il pubblico
Al Giffoni FIlm Festival è tempo di animazione e cuori riscaldati dalla potenza dei giffoner delle sezioni +6 e +10 che hanno potuto emozionarsi davanti ad “Ozi la voce della foresta” di Tim Harper nella sala Truffaut. La pioggia di un lunedì d’estate è stata presto dimenticata dal sole dell’entusiasmo dei più piccoli tra sorrisi, risate, lacrime di commozione e applausi per il film di animazione prodotto da Leonardo Di Caprio e distribuito al cinema da Notorious Pictures dal 19 settembre, che i juror degli Elements+6 e +10 in una anteprima davvero molto speciale che ha prodotto un vero arcobaleno. Tantissimi bambine e bambini, ragazze e ragazzi hanno affollato la sala della Multimedia Valley per seguire con curiosità le avventure di una giovane orangotango animata da grande coraggio e spirito di avventura, caratteristiche che hanno letteralmente rapito la platea. Il film, prodotto dalla star hollywoodiana nota per il suo impegno ecologista, è ambientato nella foresta pluviale e racconta la storia di Ozi, una giovane orangotango il cui habitat viene distrutto dall’uomo. Salvata da un gruppo di volontari, impara a comunicare con la lingua dei segni e diventa un’influencer. Un giorno per caso, scopre che i genitori potrebbero essere ancora vivi e parte alla loro ricerca, ma il paesaggio attorno a lei è cambiato: la deforestazione ha distrutto l’ambiente che lei conosceva. Ozi decide così che la sua nuova missione, oltre che trovare i suoi genitori, è far sapere al mondo cosa sta succedendo nella foresta pluviale e denunciare così lo scempio che l’uomo sta operando. Ozi – La Voce della Foresta, quindi, è un film che attraverso un racconto avvincente e un linguaggio capace di parlare ad un pubblico più giovane, ma non solo, affronta tematiche dall’enorme rilevanza sociale e di estrema attualità, come quella ambientalista. Un argomento rispetto al quale soprattutto i bambini e i ragazzi sono particolarmente sensibili e la riprova è stata proprio la grande partecipazione all’evento. Del resto, tra le missioni principali del festival, c’è proprio quella di sensibilizzare, attraverso la cultura declinata nelle sue varie forme, i più giovani al rispetto per l’ambiente e alla cura della natura, un bene unico da preservare.