di Paolo Saggese –
A rileggere la storia della “questione meridionale”, sin dalla sua prima interpretazione per arrivare a tempi recenti, un aspetto rilevante è rappresentato dai tanti meridionalisti del Nord, che in vario modo hanno contribuito ad alleviare o a studiare i “mali” del Sud. Tra costoro spiccano i nomi gloriosi, tra gli altri, di Leopoldo Franchetti, di Sidney Sonnino, di Luigi Einaudi, di Antonio Fogazzaro, di padre Giovanni Semeria (con padre Giovanni Minozzi fondatore dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, benemerita per aver realizzato orfanotrofi, asili, scuole, anche di avviamento professionale, per gli orfani di guerra soprattutto nel Sud d’Italia), di Giovanni Malvezzi, di Tommaso Gallarati Scotti, di Umberto Zanotti-Bianco, di Anna Lorenzetto, se ci atteniamo soltanto ad alcuni problemi impellenti quali la relazione tra istruzione ed emancipazione del popolo meridionale.
In questa schiera, che andò a militare soprattutto nell’ANIMI e poi nell’UNLA, un posto meno rilevante, ma non trascurabile, è occupato da Giuseppe Isnardi (Sanremo, 1886 – Roma, 1965), che dedicò non poche delle sue energie intellettuali, umane, fisiche, alla Calabria, in un arco di tempo che va dal 1912 sino alla conclusione della sua esistenza.
La sua biografia non è molto dissimile, nei tratti più rilevanti, da quella di Umberto Zanotti-Bianco (relativamente alla figura di Giuseppe Isnardi, si rinvia all’Introduzione di Margherita Isnardi Parente a Giuseppe Isnardi, “La scuola, la Calabria, il Mezzogiorno, Scritti 1920-1965”, a cura di Margherita Isnardi Parente, Collezione di Studi meridionali fondata da Umberto Zanotti-Bianco, ANIMI, Roma-Bari, 1985, pp. IX-XXVIII (saggio interessante, sebbene in alcuni tratti condizionato da comprensibile amore filiale, soprattutto relativamente al rapporto con il fascismo a partire dagli anni ’30 e sino al ’43). Il libro raccoglie molti degli scritti di Giuseppe Isnardi ed è pertanto, un documento particolarmente prezioso, nonché una Bibliografia quasi completa (pp. 555-566). Il volume più importante su Isnardi è di Saverio Napolitano, “Giuseppe Isnardi (1886-1965). Coscienza nazionale e meridionalismo”, Collezione di Studi meridionali fondata da Umberto Zanotti-Bianco, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014, che traccia il profilo completo dell’intellettuale e i momenti salienti della sua biografia).
Nato a Sanremo, vive la sua giovinezza e si forma tra la Liguria e il Piemonte, dopo la Laurea in lettere (1907) insegna prima a Biella in alcuni Istituti pareggiati, per trasferirsi nel gennaio del 1912 al Liceo “Galluppi” di Catanzaro. In Calabria, che aveva conosciuto attraverso i quadri “pittoreschi” di Eduard Lear, di cui la famiglia Gastaldi – Isnardi possedeva molte opere, subito entra in contatto a Reggio con Umberto Zanotti-Bianco e con Augusto Monti. Resta al Sud fino al 1916, quando è richiamato al fronte per la grande guerra. Dopo il rientro a Torino, nel 1919, insegna in Piemonte, sin a quando, nel 1920, su proposta di Giuseppe Lombardo-Radice e di Gaetano Piacentini, ottiene l’incarico di Direttore delle scuole fondate e gestite dall’ANIMI in Calabria. Nel 1921, durante il viaggio in Calabria, conosce Giustino Fortunato, il suo “maestro” di meridionalismo. Ricopre con impegno e dedizione questo incarico sino al 1928, quando, entrato in conflitto con il regime, che voleva controllare l’operato dell’ANIMI, rifiuta anche l’incarico di preside offerto dal fascismo e ritorna all’insegnamento, prima al Liceo-Ginnasio “Carducci-Ricasoli” di Grosseto (1929-1934), quindi al Liceo di Pisa (1934-1951).
Dal 1951, posto in quiescenza, si trasferisce a Roma, dove collabora a tempo pieno con l’ANIMI, di cui è nominato consulente tecnico per la didattica, quindi dal 1963 al 1965 assume la direzione dell’“Archivio storico per la Calabria e per la Lucania”, al posto di Umberto Zanotti-Bianco, scomparso nel 1963.
Tra gli episodi rilevanti del suo impegno meridionalista va segnalata l’adesione a L’appello ai meridionali, scritto da Guido Dorso e firmato da numerosi meridionalisti tra cui Tommaso Fiore e lo stesso Isnardi, pubblicato nel dicembre 1924 da “La Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti, nonché al “Manifesto degli intellettuali del Mezzogiorno” (1926) promosso da Corrado Alvaro con finalità antifasciste, quindi alla “Mozione risolutiva” ai lavori del Quarto Congresso Nazionale di Pedagogia svoltosi a Lecce dal 20 al 23 ottobre 1958, e che si fondava sulle relazioni universalmente condivise di Manlio Rossi-Doria e di Giuseppe Isnardi.
Si tratta probabilmente del documento più avanzato del rapporto tra istruzione e “questione meridionale” nel primo secolo dell’Unità nazionale, un breve scritto redatto da un Comitato composto da Giovanni Calò, Giuseppe Isnardi, Lamberto Borghi, Vittore Fiore, Gaetano Santomauro, Cesare Revelli, e che auspicava la necessità di fare della scuola uno strumento per favorire la soluzione della “questione meridionale”.
Nella sua fruttuosa esistenza, seppure visse un momento opaco durante il fascismo, nel periodo che va dal 1932 al 1943, Isnardi ebbe ben chiari alcuni obiettivi centrali della propria vita: un grande fervore pedagogico, teso all’emancipazione delle popolazioni meridionali, una grande passione sociale, un’ansia di giustizia sociale appunto, che lo accomuna ai grandi meridionalisti, la critica di una classe dirigente parassitaria e priva di qualità, arroccata nella difesa dello status quo, la convinzione che occorra compiere una rivoluzione intellettuale e morale, che liberi il Sud dalla sub-cultura del familismo e del clientelismo, l’idea che la scuola possa contribuire all’emancipazione del Mezzogiorno e che il fattore umano, più di quello geografico, possa essere decisivo per il nostro futuro.
I suoi maestri, oltre a Zanotti-Bianco, furono Gaetano Piacentini, Giuseppe Lombardo-Radice, Padre Semeria, Antonio Fogazzaro, principalmente Giustino Fortunato.
Il libro di quest’ultimo “Il Mezzogiorno e lo Stato unitario” fu definito da Isnardi “il libro che mi ha legato al Mezzogiorno per tutta la vita”. Nel suo ritorno a Catanzaro, nel 1921, non a caso Isnardi volle conoscere Fortunato, che intanto aveva apprezzato il suo saggio “Sud e Nord e la scuola italiana”. Il meridionalista lucano lo indusse a maturare sempre di più una riflessione sulla “questione meridionale” come “questione sociale”, geografica, anche politica, in relazione alla critica per la classe dirigente, nonché come “questione scolastica”, in funzione del ruolo che la scuola e gli intellettuali potevano avere nei confronti della soluzione dei problemi del Mezzogiorno, di palingenesi morale e intellettuale del Sud e di rinsaldamento dell’unità nazionale. Centrale era la conoscenza de visu dei luoghi, per poter poi riflettere sulle soluzioni.
In coerenza con la sua “pedagogia dell’impegno”, notevole fu l’instancabile vigilanza delle attività messe in campo dall’ANIMI in questi anni, incentrate sul controllo dell’operato delle maestre e dei maestri, sulla loro preparazione non sempre adeguata, sul loro impegno, sull’edilizia scolastica, sulle residenze degli insegnanti, sull’approvvigionamento di arredi, di libri, di quaderni per i bambini, sulla salute degli alunni (resa malferma dalla denutrizione, dalla malaria, dal colera, dalla fatica del lavoro e che impedivano la frequenza regolare della scuola e un adeguato rendimento scolastico …), sull’assenza di vie di comunicazione, di biblioteche, di asili nido, sulla lontananza delle scuole dalle abitazioni sparse per le colline e le zone montuose, sulle tare culturali della popolazione, sullo sfruttamento del lavoro minorile, sulle colpe della classe dirigente assente, insensibile nei confronti della situazione di disperazione delle fasce più povere, ostile nei confronti di qualsiasi progresso civile, morale, umano … analisi in linea con la celebre inchiesta di Zanotti-Bianco “Il martirio della scuola in Calabria” del 1925.
Isnardi era convinto, in particolare, che a tutti dovesse essere garantita una scuola che formasse i giovani e li aiutasse al conseguimento di una vera emancipazione umana, individuale, reale. Che anche i figli dei contadini, richiamandosi all’articolo 3 della Costituzione, avessero diritto a proseguire gli studi, a non essere “ghettizzati” nelle Scuole di avviamento professionale, ma potessero aspirare a studi superiori.
Egli scriveva, nel 1958:
“E non è da tenersi meno presente il diritto che anche il figlio del contadino ha di essere avviato alla professione cosiddetta liberale che presuppone la frequenza di corsi di istruzione superiore (con o senza il latino, ma sempre fondati su processi di cultura storicamente valida, cioè di vera cultura, non di semplice istruzione); o, piuttosto, il diritto che hanno i genitori di veder avviato alla conquista di una tale professione il loro figlio quando abbia dimostrato di averne le possibilità intellettuali, ossia quando ci sia stato chi, educandolo, abbia messo in luce e valorizzato queste possibilità”.
Pertanto, è giusto ancora ricordare Giuseppe Isnardi come una di quelle anime elette, che scelse il Sud per dare un significato alla propria esistenza.