Gerardo Di Martino
In principio fu la Cirielli. Tanto contestata, nel testo finale, che finanche il suo primo firmatario, l’On. Cirielli per l’appunto, se ne dissociò.
Senza un padre e costretta a veleggiare per acque tempestose, la ex-Cirielli non impiegò molto a scatenare il super classico da barba bianca sulla prescrizione dei reati, il bilaterale fra etica e morale, integerrimi colpevolisti e timidi garantisti, manettari a spada tratta e impunitari a testa bassa.
In altre parole, una sfida all’ultimo puritano, al più puritano tra i puritani, sempre a condizione che la disputa riguardi comprensibilmente la vita degli altri, nel solco della migliore tradizione italica.
Fu così che giunse l’Orlando, una riforma furiosa, capace di riassumere in sé tutte le nostre virtù, sbaragliando ogni record: prim’ancora di entrare in vigore, fu soppiantata da altra legge, la Bonafede che, a sua volta, funzionò solo per metà. L’altra metà fu rinviata, senza nemmeno poter dimostrare le doti taumaturgiche, in ogni caso sulla pelle degli altri.
Ecco allora intervenire la Cartabia, proprio quella che oggi il Ministro Nordio intende rimpiazzare. Si torna ad un cocktail realizzato con una spremutina della Orlando ed una spruzzatina di ex-Cirielli, escludendo totalmente la Bonafede.
E cioè? Che succederà? Beh, tecnicamente va considerato il momento di consumazione del fatto, la fase o il grado di pendenza del processo, la data di emissione della eventuale sentenza, gli effetti favorevoli o meno della legge successiva e, per finire, il tempo di vigore del testo, nel suo complesso o per metà; in attesa della successiva riforma, naturalmente.
Un pellegrinaggio lungo il cammino degli Dei, più che l’applicazione di una mera causa di indifferibilità dell’oblio.
E non finisce qua perché, come ogni percorso, anche questo, ahinoi, è ricco di terrazzamenti e mulattiere. Come quelle che riguardano la conoscenza della celebrazione di un processo da parte di chi lo subisca, in uno al fatto da cui difendersi.
Ci ha pensato la Corte costituzionale, qualche giorno fa, a ricordarci che sempre in cammino siamo e, di fronte, sempre un sentiero abbiamo: il loro, quello degli Dei, per l’appunto.
Diritto fondamentale ed inalienabile di ogni Uomo (si è innanzitutto ricordato con la pronuncia), la partecipazione al processo è comunque tale, salvo che quest’Uomo (si è immediatamente dopo stabilito) non sia un agente pubblico egiziano e sempreché lo stesso Uomo non sia accusato di tortura.
In questi casi, e solo in questi (per ora), il “diritto alla conoscenza” degrada, da inalienabile a disponibile, ed il processo si fa, senza se e senza ma. Soprattutto senza che ne sappia qualcosa – e possa difendersi – chi incasserà procedimento e pena.
È proprio vero: periglioso ed impervio è il cammino che conduce alla Giustizia…lungo il sentiero degli Dei.