Rosa Bianco e Fiore Carullo
La figura di Luigi Sturzo, tornato in Italia nel settembre del 1946 dopo oltre vent’anni di esilio, rappresenta un grande esempio di saggezza e integrità in un momento delicato per la storia del nostro Paese. Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano, tornò in una nazione in fermento, segnata dalla fine del fascismo e dalle lotte della Resistenza. Sebbene non avesse potuto osservare direttamente i profondi cambiamenti sociali in atto, il suo ritorno coincide con l’affermazione dei partiti antifascisti, come pilastri della nuova democrazia italiana.
Fino alla sua morte nel 1959, Sturzo non smise mai di contribuire al dibattito pubblico, intervenendo con lucidità e consapevolezza sulle questioni più rilevanti per la ricostruzione democratica dell’Italia e per lo sviluppo dell’Unità europea. La sua incessante attenzione all’impegno morale nella gestione della cosa pubblica è una lezione che rimane attuale. In un’epoca in cui il disincanto verso la politica sembra prevalere, il richiamo di Sturzo all’etica e alla responsabilità deve essere riscoperto e applicato. La sua visione del superamento dei totalitarismi, fascista e comunista, si tradusse in un forte sostegno all’autonomia delle forme sociali rispetto a ogni tendenza statalista. Questo approccio non è mai stato tanto pertinente come oggi, in un contesto in cui il rischio di derive autoritarie si fa sempre più presente, anche nei paesi che si considerano democratici.
La sua influenza si fece sentire anche durante i lavori della Costituente, dove pur non partecipando attivamente, si confrontò con i rappresentanti della Democrazia Cristiana sulla definizione di una nuova forma di governo democratico. Sturzo propugnava un sistema di regionalismo cooperativo, un’idea innovativa che mirava a garantire un equilibrio tra le esigenze locali e le necessità nazionali. In questo senso, il suo pensiero anticipa i dibattiti contemporanei su come gestire l’autonomia regionale in un’Italia sempre più diversificata e complessa.
La nomina a senatore a vita nel 1952 da parte di Luigi Einaudi è stata un riconoscimento del suo contributo al pensiero politico italiano. Tuttavia, Sturzo non esitò a prendere le distanze da alcune scelte della Democrazia Cristiana, denunciando le tendenze “partitocratiche” che rischiavano di logorare la sua identità e la sua missione originaria. La sua critica alla concentrazione di potere nei partiti e la sua difesa di un’etica pubblica incisiva rimangono oggi un monito per chiunque occupi ruoli di responsabilità politica.
In questo contesto, il convegno di studi che si sta svolgendo oggi e continuerà domani 24 ottobre, organizzato dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dell’ 80esimo anniversario della nascita della Democrazia Cristiana insieme all’Istituto Luigi Sturzo, nell’ambito del ciclo di studi e convegni sull’80° anniversario della nascita della Democrazia Cristiana, presso l’Istituto Luigi Sturzo di Roma assume un’importanza fondamentale.
Storici e studiosi discuteranno dell’eredità politica e culturale di Sturzo in uno dei periodi più complessi della storia italiana, analizzando il ruolo del sacerdote calatino nella ricostruzione democratica del paese.
Celebrare gli ottant’anni della Democrazia Cristiana, quindi, non significa solo rammemorare il passato, ma anche riflettere sulle sfide attuali e future che il nostro sistema politico deve affrontare. L’eredità di Sturzo, con la sua visione chiara di un’Italia morale e democratica, è un patrimonio prezioso da custodire e rinnovare.
Come disse Sturzo stesso: “La politica è una questione di etica”. In un’epoca segnata da sfide senza precedenti, la riscoperta di questa verità fondamentale potrebbe essere la chiave per un futuro migliore per l’Italia e per l’Europa.