di Virgilio Iandiorio
Non è considerato un grande letterato, Carlo Celano, nato a Napoli nel 1617 ed ivi defunto nel 1694. Pregiudizi del nostro valutare i poeti e i letterati. Indichiamo, infatti, con tanto piglio di scientificità filologica, storica, sociologica e filosofica, quelli maggiori e quelli i minori, quelli eccelsi e quelli raffazzonatori. E così via dicendo. Eppure il Celano ha scritto, con piglio satirico, del tempo suo. Nei suoi Avanzi delle Poste, edito in due volumi, immaginava di pubblicare lettere mai recapitate ai destinatari e lasciate appiccicate negli uffici postali. Una critica tagliente delle mode e dei modi di fare e di agire diffusi nella società del suo tempo.
Giuseppe Flavio, cittadino romano di origine ebrea, vissuto nel I secolo d. C., ha scritti Antichità giudaiche e Guerra giudaica, giunte a noi quasi interamente. Egli, infatti, ricevette grande attenzione da parte degli storici cristiani dei primi secoli, perché le notizie da lui riportate erano di straordinaria importanza per la storia del cristianesimo delle origini.
Il Celano dedica il suo Ragguaglio II dei suoi Gli avanzi delle Poste, edito a Venezia 1677, a Giuseppe Flavio. Siamo sul monte Parnaso, dove sotto il governo di Apollo, si affrontano, come in un tribunale, importanti questioni a cui intervengono i più illustri spiriti dell’antichità.
“Flavio Giuseppe Hebreo, per favorire la sua Natione, nel Giovedi prossimo passato, che si diede publica udienza a gli Historici, supplicò S M. [Apollo] che si fusse degnata d’ammettere in Parnaso gli Hebrei. Li fu cortesemente risposto, che li concedeva la gratia, purché non havesse nociuto al ben publico: e però rimise la supplica, alla congregatione di stato, accioché l’havesse riconosciuta, con autorità d’eseguire la gratia, quando expediebat [era conveniente]; ma lo Spettabile Cornelio Tacito Prefetto della Congregatione predetta, per procedere con la solita sua esattezza negli affari politici, volle abboccarsi col Serenissimo Imperator Tito, per rimanere informato della qualità di così fatta gente, ed havendo saputo, che ludæorum mos obsurdus, sordidusque, e che Inter se nihil illicitum, [il comportamento degli Ebrei è assurdo e indecente/ per loro niente è illecito] ne trattò in piena Congregatione; dove col voto di tutti si conchiuse, non doversi ammettere simile razza d’huomini in uno stato, dove si fa professione della bontà”.
Sembra di leggere oggi i tanti manifesti, striscioni e scritte sui muri, nonché di sentire impettite e tronfie dichiarazioni ad ogni angolo di strada, per non parlare delle conferenze nei salotti televisivi e dei commenti sui media, contro lo Stato d’Israele e gli Ebrei tout court. Se questo avveniva quattro secoli fa, non è la novità di oggi. Il Ragguaglio non finisce qui, perché c’è il seguito,