Grottaminarda – È stata una riflessione su quella che è diventata l’Irpinia, dopo quella terribile scossa di terremoto di quarantaquattro anni fa. Per capire se, le speranze, sono ancora le stesse. E quello che siamo diventati. Nella sala consiliare “Sandro Pertini”, presentato il libro “Paesaggio con rovine. Irpinia, un terremoto infinito”, edito da Mondadori per la collana “Strade blu”, scritto da Generoso Picone, allora giornalista de”Il Mattino”, che fa parte della generazione del “fate presto”, come titolo’ quel giornale a poche ore dalla tragedia che causò 2914 morti.
Presenti Marcantonio Spera, sindaco di Grottaminarda, Nicola Cataruozzolo, che allora era presidente dell’appena nata, con la collaborazione dei volontari venuti dalla regione Toscana, pubblica assistenza di Grottaminarda, Giancarlo Blasi, ingegnere, Ugo Morelli, psicologo, studioso di scienze cognitive DIARC Federico II di Napoli. Una giornata celebrativa, della quale non sono state, definitivamente, tirate le somme. Il dolore, la paura, ma anche una ritrovata unità tra le persone. E il tentativo di speculare sulla ricostruzione. L’Irpiniagate. Insomma, anche questo è stato il terremoto in Irpinia. Il libro del giornalista e storico, e stato edito quattro anni fa, nel ventennale di quella vicenda, ma è stato presentato solo stasera a Grottaminarda non per via del Covid di due anni fa. Tra gli invitati anche il capo dell’opposizione in consiglio comunale Vincenzo Barrasso. Nel suo intervento Cataruozzolo ha parlato degli “sprechi che allora sono stati fatti” ma anche di un orogetto: quello della Pubblica Assistenza di Grottaminarda, che dura da quarantaquattro anni. Ed il volontariato, per l’ex presidente dell’associazione, costituisce”il vero valore sociale per un problema etico e morale fondamentale. Salviamoci dall’individualismo-ha concluso- e partiamo da quel valore”.
“Ci è sembrato il modo migliore per sottolineare la data del 23 novembre– afferma l’Assessora delegata alla Protezione Civile, Doralda Petrillo– un anniversario sempre duro da affrontare, ma in questo caso vogliamo parlarne con una prospettiva ottimistica, dall’analisi degli errori del passato effettuata in maniera eccellente da Generoso Picone, trarre insegnamento per crescere e risollevare le sorti di questo territorio”.
“Il libro–aggiunge il Sindaco Marcantonio Spera– è una fotografia sociale, culturale, economica e politica della ricostruzione del post terremoto del 1980, impietosa per certi versi, e quantomai attuale alla luce delle problematiche che stanno affliggendo le cosiddette zone interne.
Rappresenta, pertanto, uno spunto di riflessione importante per quello che sarà il futuro prossimo di queste zone, in attesa del miracolo economico, legato alla Stazione Hirpinia e alla Piattaforma Logistica e quindi al viraggio di una politica che è stata disattenta, distratta e che nonostante l’impiego di capitali enormi nel post terremoto non è riuscita ad invertire la tendenza allo spopolamento e al degrado economico. Adesso il riscatto delle nostre zone è alla portata– conclude Spera– bisogna lavorare bene per la costruzione di questo atteso sviluppo”. Ugo Morelli ha, invece, evidenziato come questa provincia è “appartenenza e disperazione da cui non riesce a liberarsi”. La nostra è “una terra che non ha smesso di tradire i propri figli. Il nostro è un passato che non passa”.
“Siamo alpinisti a mezza parete che devono scalare l’altra metà-continua Morelli-“. E, per darlo, dobbiamo camminare con le nostre gambe. Perché” non bisogna farsi accompagnare, dal politico di turno, dalla nascita fino alla morte”. Generoso Picone, al tempo del terremoto giovane giornalista,”testimone in qualche modo privilegiato”, aggiunge che quel dramma di allora ha causato un”trauma che ha fatto uscire fuori tante fragilità”. Il suo libro, che si colloca in un limite temporale che riguarda non solo quel periodo, ha cercato di rielaborare il lutto.”Abbiamo bisogni- ha detto Picone-di guardare avanti. Attraverso la memoria collettiva, istituzionale”. Che non significa “piangerci addosso, basta, ma la messa al lavoro della memoria”. Che non”utilizziamo, oggi, come dovremmo. Dobbiamo avere un sentimento serio di adesione a questa terra, capire le ragioni per cui ciò non è avvenuto”. Dobbiamo, insomma,”fare i conti con la propria storia, in quanto significa conoscerla. Per farla diventare qualcosa di diverso. Il?terremoto, pensavo allora, avrebbe portato al Sud una migliore qualità della vita. Così non è stato”. Dovevamo farlo, termina il giornalista,”in omaggio alle vittime. Ma l’Irpinia è una terra che non guarda al futuro”.