E’ la comunità di Gesualdo ad esultare per il Leone d’oro alla carriera al regista Werner Herzog, 83 anni, tra i grandi protagonisti del cinema tedesco, consegnato da Francis Ford Coppola, alla Mostra del Cinema di Venezia 2025. Un riconoscimento che celebra oltre cinquant’anni di cinema intenso e innovativo.
Herzog ha posto l’accento sulla sua “ricerca di una forma poetica profonda”, definendosi un “buon soldato del cinema e questa mi sembra una medaglia per il mio lavoro”. mentre sullo schermo scorrevano immagini che ripercorrevano tappe fondamentali della sua carriera, a partire da temi centrali nella sua produzione come la natura selvaggia, la sfida dell’uomo e la ricerca di un senso più profondo.
Sentito l’omaggio di Coppola che l’ha definito un regista capace di inventare categorie cinematografiche nuove, nel segno di un cinema sempre originale, capace di andare al di là del reale, contraddistinto da una straordinaria ricchezza di contenuti, tanto da dirsi “pronto a mangiarsi la scarpa se ce n’è un altro come lui”.
Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia, nella nota in cui si annunciava il premio ad Herzog, ha sottolineato la grandezza del cineasta tedesco, dalla carriera “insieme affascinante e pericolosa”, “un geniale narratore di storie insolite”
Forte il legame di Herzog con l’Irpinia, come testimonia il documentario dedicato al madrigalista Carlo Gesuado che aveva colpito fortemente il regista con la sua storia di genio, mistero e follia. Nacque così “Morte a cinque voci” (Tod fur funf Stimmen, 1995), in cui è Milva a prestare il volto a una Maria d’Avalosche appare figura reale e insieme spettrale. Il regista volle girare il film nel castello di Gesualdo, dove giunse, accompagnato dal prof. Giovanni Iudica docente alla Bocconi e dal suo agente Walter Beloch, sottolineando più volte la straordinaria accoglienza ricevuta “Sono venuto come un pellegrino, mi avete trattato come un re”. La forza del documentario è nella capacità di fondere “mito e verità”, a partire dalla centralità di oggetti, indizi, luoghi ed echi del passato, partendo dalla consapevolezza che non è possibile raccontare la storia di Gesualdo, prescindendo da leggende e misteri che continuano ad accompagnare la sua figura. Herzog spiegò di non voler cercare l’accuratezza storica ma la verità profonda di Gesualdo. Di qui la scelta di intrecciare interviste, narrazioni, performance musicali dei madrigali di Carlo Gesualdo e testimonianze di figure emblematiche: il custode del castello, persone del luogo, studiosi, e discendenti delle famiglie coinvolte nella tragedia. “Gesualdo – spiegava Herzog – era un uomo tormentato, la cui musica è assolutamente moderna. Il suo dolore e la sua follia vivono nelle sue composizioni. Ha ucciso, ha amato, ha sofferto… tutto questo è lì, nei suoi madrigali.”