Elettore irpino, qui si parla di Te.
A luglio scorso, è scoppiata una tardiva quanto inutile polemica su alcuni giudizi contenuti nel Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 sul tema dello spopolamento. Riguardavano– fedelmente riportate dal PSNAI – le conclusioni dello studio affidato al prof. Rosina circa “l’ accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile relativo a un numero non trascurabile di Aree interne che si trova già con una struttura demografica compromessa oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività”. E sul fatto che “una parte del Paese potrebbe riuscire ad avvicinarsi ad uno scenario più favorevole, ma verosimilmente non gran parte del Mezzogiorno e la maggioranza delle Aree interne”.
Come a dire che, per gran parte del Mezzogiorno e per la maggioranza delle Aree interne, la definitività dello svuotamento antropico appare dunque un processo irreversibile, anche materializzandosi l’ “ipotesi più favorevole” dell’incremento durevole della popolazione anziana.
Da parte di certe forze politiche, con il diversivo favore della bella stagione, si è montato uno spudorato clamore, offensivo perché di durata e contenuto balneari, per fare “ammuina”. Per eludere il merito dell’indagine scientifica. Nessuna ammissione di responsabilità da parte di chi ha avuto responsabilità di governo dell’Italia e della Campania dal 2010, nessuna verifica sulle cause e sui possibili rimedi dell’attuale condizione delle aree interne meridionali.
In questi giorni, a campagna elettorale campana già avviata, permane la inescusabile sordina sulla drammatica questione dell’agonia dei piccoli paesi, che comunque investe tutta l‟Irpinia, compreso il capoluogo. Eppure, i consiglieri uscenti, che chiedono un nuovo consenso, dovrebbero rendere conto politico di cosa hanno pensato e realizzato per affrontare e bloccare l‟emorragia demografica dei nostri borghi, in particolare di quelli montani e periferici. Mentre i candidati neofiti dovrebbero esplicitare proposte concrete e plausibili di azione regionale- segnatamente sanitaria – finalizzata a scongiurare la paventata eutanasia dei nostri territori.
La valenza territoriale della imminente consultazione regionale è tutta qua. Si diffidi di chi non sappia o non voglia discuterne. E soprattutto di chi, in sede di programmazione e di esecuzione delle opportunità offerte dal PNRR, è rimasto inerte e silente, pur obbligato politicamente e moralmente al contrario.
Del resto, la sproporzione demografica tra l‟area napoletana e la „interiore‟ Irpinia è così grande che, dagli aspiranti concorrenti della provincia, si può e si deve esigere un grado di capacità rappresentativa molto elevato, indispensabile a contrastare e infrangere il monopolio del napolicentrismo.
Va premiato il candidato più credibile, più attrezzato per il compimento di questa che è l‟ unica promessa elettorale che le aree interne vogliono udire.
E‟ svanita pure la confortevole certezza di Pavese per il quale „un paese ci vuole‟ sempre e comunque. Lo statuto delle radici, basato sulla indispensabilità del paese quale luogo dell‟anima, presupponeva la permanenza di un consorzio stabile, in senso fisico e sociale. Il presupposto si sta dissolvendo. Non solo e non tanto per lo spopolamento che è pur sempre un effetto; bensì per il venir meno del bisogno di convivenza e per la scomparsa di ogni ritualità tra i restanti, che costituiscono invece la causa. Semplicemente, oggi la vita dei microcosmi non è più predicabile di socialità, di solidarietà. Non riesce più a garantire il superamento simbolico dell’individuo. Difatti, chi se ne va non ritorna, né aspira a ritornare. Non c’è più desiderio di ri-conoscersi nella (né di essere ri-conosciuto) dalla comunità accogliente di paese.
Agli Irpini, sebbene malinconicamente privati della possibilità di ascoltare e scegliere un Sullo, un De Mita o, almeno, un Mamdani, resta l‟ardua ma ancora determinante espressione del voto della montagna.



