Di Gianni Festa
Ricominciamo. Accantonata la Grande Distrazione, che ha attenzionato la pubblica opinione irpina, il tempo che si apre davanti a noi è denso di novità e di incognite. Tante le domande. A cominciare dallo sviluppo economico-sociale che interesserà l’intero territorio provinciale che attraversa una fase di crisi, ancora più accentuata rispetto al passato. Non v’è dubbio che tra le partite più delicate c’è quella del Polo logistico di Valle Ufita. Se esso, grazie all’attraversamento della ferrovia dell’ Alta velocità, dovesse risolversi con il semplice passaggio del treno, ciò segnerebbe il fallimento di una grande occasione di rinascita. Al contrario, se recuperando il progetto iniziale di sviluppo immaginato da Ferrovie dello Stato, che prevede la Stazione di Valle Ufita come fulcro di circa trenta Comuni in rete tra di loro, allora si raggiungerebbe finalmente lo scopo di uno sviluppo diffuso agro-industriale in grado di contribuire ad arrestare la fuga dei cervelli e fronteggiare lo spopolamento dell’Alta Irpinia. Allo stato, anche per le resistenze di Ferrovie dello Stato, dense nubi si presentano sulla buona riuscita dell’importante disegno strategico. E a proposito dello sviluppo, non è solo il futuro del polo logistico dell’Ufita a determinare un passo in avanti dell’intera Irpinia. Il tema delle infrastrutture resta prioritario per l’ammodernamento dei servizi. Da questo punto di vista occorre un ripensamento nel ruolo svolto dalle aree di sviluppo realizzate all’indomani del terremoto dell’80. Un viaggio nelle singole aree chiarisce meglio il senso di abbandono in cui esse esercitano la propria attività. Alcune aziende insediate, dopo aver goduto dei benefici statali, svolgono un ruolo marginale, aggravato dallo stato di fatiscenza dei servizi di supporto. Una rivisitazione negli enti di servizio, Asi, Ato, Depurazione, Rifiuti, servirebbe a liberarli dall’appesantimento che oggi soffrono, riportandoli alla loro funzione di gestione oculata e non solo clientelare. Un capitolo a parte dello sviluppo negato riguarda il cosiddetto “scippo” delle acque. Con la complicità della Regione Campania la risorsa idrica irpina, tra le più importanti d’Europa, viene utilizzata dall’Acquedotto pugliese il cui business in favore della Puglia produce cifre da capogiro. L’acqua, insieme alla gestione dei rifiuti, rappresenta il vero affare degli anni che ci sono davanti. E’ una ferita lacerante visitare a pagamento le sorgenti di Caposele e registrare che ci si trova di fronte ad uno scippo autorizzato da una classe dirigente inetta e affarista. Grande spazio avranno, nella fase della ripresa, le scadenze elettorali che porteranno agli appuntamenti con le Europee, con le provinciali e con il rinnovo di molti consigli comunali, tra cui primeggia il capoluogo irpino, Avellino. Qui l’anticipo della competizione è già da tempo in pieno svolgimento. Riguarda in particolare la elezione del sindaco. Il rischio di perpetuare un errore di metodo, discutendo solo del nome del primo cittadino che verrà e non della squadra che lo affiancherà e, soprattutto, del programma da attuare, è già nel dibattito della vigilia. In realtà occorrerebbe ridiscutere l’idea di città, come riferimento di tutto il territorio provinciale, degli strumenti per conseguire questo risultato e non solo della capacità clientelare di raccogliere il consenso. Avellino, una volta faro della politica provinciale, riferimento di uno straordinario equilibrio tra conservazione e modernità, attraversa una pericolosa fase di degrado. Il Puc (Piano urbanistico comunale in fase di gestazione) potrebbe rappresentare la svolta per sconfiggere i comitati di affari che da tempo stanno allungando le mani sul capoluogo irpino. Onestà, merito, competenza e coraggio occorrono per cacciare i male intenzionati fuori dal tempio.