di Paolino Marotta
Ancora una volta Monia Gaita è capace di affascinare il lettore con un testo poetico innovativo e complesso, che indaga il labirinto delle emozioni e delle dinamiche interiori.
“Di cielo, di nuvole e di vento” rappresenta un affascinante viaggio lirico nel profondo dell’anima umana, sviluppato su un doppio livello: uno più intimo e personale, legato all’esperienza del dolore e della nostalgia, ed uno più universale che si apre a riflessioni sul destino collettivo e sulla condizione umana.
In questo tentativo il linguaggio lirico amplifica il valore universale delle esperienze narrate e diventa il mezzo per esplorare la memoria, il dolore interiore e la trasformazione personale.
Si configura così un’opera polisemica, aperta a molteplici interpretazioni, che utilizza una narrazione fortemente metaforica e simbolica, nella quale il paesaggio interiore si fonde con quello naturale e dà vita ad immagini evocative di perdita, rigenerazione e resilienza.
Con una sensibilità che oscilla tra la sofferenza e la bellezza, la poetica di Monia Gaita si struttura attorno ad una profonda tensione esistenziale che esplora le fragilità, i paradossi e le lacerazioni dell’uomo, additando una possibile via di uscita verso la riconciliazione.
Nel contesto dell’opera si intrecciano temi esistenziali, naturali e sociali in un continuo dialogo tra la condizione umana e il fluire del tempo, temi che potrebbero essere così sintetizzati:
- resilienza: emerge da subito il tema del dolore, del fallimento e della perdita, ma nel contempo spunta il messaggio che la sofferenza si può sempre trasformare in un processo di rigenerazione umana, grazie al quale dopo la caduta ci potrà essere l’occasione per una nuova ripartenza.
- dialogo tra l’io e il mondo: l’autrice sublima le esperienze personali in riflessioni universali. Questo passaggio segna un’importante presa di coscienza che innalza l’individualità a dimensione sociale, per cui l’esperienza personale assume il rango di destino comune.
- natura e interiorità: il mondo naturale diventa specchio dell’anima, per cui elementi come il cielo, le nuvolee il vento diventano protagonisti del paesaggio interiore e, in quanto tali, possono aiutare a comprendere i sentimenti di incertezza, le fragilità e nel contempo la direzione del rinnovamento.
- memoria e identità: la memoria, spesso dolorosa, e le cicatrici del passato nonvengono rinnegate, ma diventano elementi costitutivi di una nuova identità e di una nuova consapevolezza che rifiuta l’oblio.
- causalità ineluttabile:“tutto accadde perché doveva, tutto accade perché deve”, come se ogni evento, anche il dolore e la caduta, fossero predestinati.
Si coglie una tensione tra l’impossibilità di sfuggire a questo fato e la necessità di reinventarsi, di rimettere in moto i sogni e di curare le ferite dell’anima.
- senso di desolazione: il cuore umano, ferito da errori, perdite e sofferenze, esplora un paesaggio emotivo segnato dalla fatica di recuperare la bellezza e la verità. Subentra la consapevolezza che la lotta per il bene possa rivelarsi inutile perché destinata a fallire in un mondo frammentato e in crisi.
- rinascita e rigenerazione: pur in mezzo alla desolazione e al dolore, si avverte una tensione verso il rinnovamento, un desiderio di ricostruire, di “riscrivere la vita”, di riparare il cuore ferito, di trasformare la cenere in luce e di dare spazio a nuovi sogni, per quanto fragili.
- interazione con la natura:nell’opera di Gaita la natura assume un ruolo simbolico fondamentale, diventando specchio dell’anima e del suo mutare: dagli uccelli agonizzanti alle foreste che, nonostante tutto, continuano a crescere, fino agli elementi naturali che sembrano partecipare al ciclo di vita e di morte, la natura incarna sia la forza distruttrice del tempo che la promessa di una rinascita futura.
- critica sociale e introspezione:si sviluppa una critica serrata alla società e alle sue ingiustizie, denunciando la freddezza, l’ingratitudine e l’opprimente peso delle convenzioni. Permane un profondo conflitto tra il desiderio di libertà e l’impossibilità di sfuggire a sé stessi e alle proprie colpe, in una continua oscillazione tra disperazione e speranza, tra il riconoscimento dell’ineluttabile destino e l’impulso a rinnovarsi nonostante le cicatrici del passato e le ombre del presente.
- conflitto tra speranza e disillusione: l’aspirazione ad un mondo migliore, simbolizzata da un “nuovo cielo” privo di fratricidi e lotte di potere, si scontra con la realtà di un sistema corrotto, che continua a perpetuare le stesse ingiustizie. Il “carrello elevatore della felicità” e il “laccio emostatico sul cuore” sono metafore che evidenziano l’assenza di strumenti efficaci per guarire le ferite dell’anima e della società.
- il corpo e la memoria: sono altri temi ricorrenti nel volume di Gaita, dove il corpo diventa simbolo di fragilità, di vulnerabilità e di sofferenza. L’immagine del cuore come edificio da restaurare “con calcinacci, piastrelle rotte e scarti” evoca l’idea di un’anima ferita, che non può essere riparata facilmente. Il tema del corpo danneggiato si intreccia con il passaggio del tempo e la memoria che conserva i traumi e le cicatrici, ma anche i desideri non realizzati.
Linguaggio e stile:
- ricchezza metaforica: un linguaggio denso di simboli e di metafore per amplificare il valore universale delle esperienze narrate.
- tonalità elegiaca e visionaria: una malinconia e un pessimismo di fondo, uniti a lampi di speranza che emergono dal dolore.
- ritmo narrativo frammentato: costituisce la modalità espressiva preferita in quanto rispecchia un’anima che non accetta di integrarsi con la normalità e il quotidiano; una modalità capace di dar voce all’irrequietezza del pensiero e al carattere episodico delle emozioni con riflessioni intime, a volte apocalittiche.
Conclusioni
Quest’ultimo lavoro di Monia Gaita rappresenta un esempio di come la poesia possa diventare uno strumento potente per esprimere l’inquietudine interiore, ma anche per sollecitare la ricerca di un senso più profondo dell’esperienza umana.
La poetessa ci propone una duplice visione dell’esistenza umana: da una parte un destino implacabile che determina e limita, dall’altra la disponibilità di ampi spazi di resilienza, innovazione interiore e rinascita. In assenza di strumenti efficaci per guarire le ferite dell’anima e della società, bisogna evitare che si sviluppi nell’uomo un senso di impotenza e di paralisi emotiva.
Proprio l’incessante ricerca di significato conferisce al lavoro di Gaita una dimensione profondamente riflessiva e rigenerante, che va al di là del pessimismo che permea le sue parole.
Si coglie chiaramente la tensione verso una possibile “fioritura“, una rinascita che rimane pur sempre un’aspirazione sfuggente.
Nel conflitto tra la speranza e la disillusione, traspare l’aspirazione per un mondo migliore (un “nuovo cielo“) ma anche la consapevolezza del persistere di un sistema corrotto che continua a perpetuare le stesse ingiustizie.
In questa cornice, la poetessa non cerca risposte facili e finisce per ammettere che
– il cambiamento è una possibilità lontana e incerta, che si scontra continuamente con l’intransigenza e l’indifferenza del mondo che la circonda;
– “il sogno non ha una buona aspettativa di vita…non ha nemmeno un guscio, due chele e un pungiglione per difendersi…“, perchè le speranze sono destinate a fallire se ostacolate dalla realtà che ci circonda.
In questo senso, la poesia di Monia Gaita rappresenta un grido di resistenza, un appello a rimanere umani e sensibili in un mondo che purtroppo appare in disfacimento.