La fotografia come riscrittura del reale, come spazio di congiunzione tra sè stessi e il mondo. E’ il senso della mostra “Paesaggi interiori” di Federico Iadarola e Pasquale Palmieri, inaugurata questo pomeriggio nell’ambito della rassegna “Ottoperotto” alla Biblioteca provinciale. Un percorso espositivo in cui i contorni di spazi e figure si perdono, in cui riflessi, ombre ed evanescenze sembrano ridisegnare gli spazi trasformandoli in altro da sè, richiamando nuove immagini che nascono dall’interiorità, dalle intermittenze del cuore, dalle libere associazioni che scaturiscono dalla nostra mente. Lo sottolinea Federico Iadarola nell’illustrare l’idea da cui nascono i paesaggi interiori fissati sulla pellicola “Volevamo riconsegnare alla fotografia la sua funzione di scrittura. Fotografare è un verbo e l’immagine un sostantivo, di qui la volontà di raccontare e non rappresentare il reale per quello che è. Poichè meno si rappresenta, più si evoca in chi guarda, più si induce lo spettatore a individuare delle scritture all’interno delle immagini. Più volte abbiamo fatto ricorso alla doppia esposizione, in cui due fotografie sono ripodotte sulla stessa pellicola, magari a partire da due personaggi colti dalla macchina fotografica a cui si sovrappone la visione di che essi guardano. Il risultato è sempre una sorpresa. Non si ha mai la consapevolezza di come gli elementi appariranno nella composizione finale, ma mi sembra sempre che quanto più amore ci sia nello sguardo, tanto più il risultato sarà migliore. Non è casuale la scelta di vecchie macchine a peiicola in cui non è possibile controllare quale sarà l’effetto del processo di sovrapposizione. Ecco perchè il risultato è sempre un dono. Al tempo stesso, in questo modo la fotografia può essere anche strumento per trasmettere messaggi importanti”. Inutile cercare un raccordo o un elemento comune alle immagini rappresentate “Non c’è un filo conduttore della mostra – prosegue Iadarola – il percorso nasce dalla piacevolezza del dialogare e del vedere, al di là di uno sguardo fugace, con un approccio lento che consenta di soffermarsi sui particolari, di andare al di là di cil che appare. L’unico fine di questa creazione è quello ludico, legato al desiderio di stupirci noi stessi”
E’ Pasquale Palmieri a ribadire come “la fotografia è sempre relazione tra una dimensione interiore e il mondo vissuto. Abbiamo voluto raccontare questa relazione, a partire da strumenti arcaici come la fotografia analogica, attraverso un approccio lento e riflessivo. Si spiega così la scelta di proporre una rappresentazione evanescente, legata a sovraimpressioni, a spazi e figure non precisate, che appaiono in una dimensione sublimata. Ma è chiaro che non ha importanza il luogo fisico, poco conta che si tratti dell’Irpinia o della Valle d’Aosta, ci proponiamo, invece, di stabilire una relazione con lo spazio abitato in senso assoluto. Inevitabilmente, poi, quello che si è vissuto emergerà dalle proprie visioni”. La scelta, prosegue Palmieri, è stata quella di mettere da parte sperimentazioni e stravaganze. “La fotografia è un parto . spiega – che nasce dall’incontro tra sè stessi e il mondo, l’importante è che quest’incontro non sia frutto di un artificio. La fotografia è bella quando racconta la verità” Ad introdurre i due artisti Antonio Bergamino, curatore della rassegna “Ottoperotto”. La mostra fotografica si concluderà il 28 ottobre, giorno in cui sarà possibile partecipare ad un workshop sulla fotografia dal titolo ‘’ Pietra, Pelle e Pellicola.’’, legato alla reinterpretazione degli spazi interni del Museo Irpino, attraverso l’incontro fra l’armonia del corpo con quello dei luoghi e dei reperti esposti.