“Per De Sanctis la politica è fondamento di ogni trasformazione ma le classi dirigenti non possono prescindere da una forza morale, intesa come senso vivente di una comunità, come spinta che arriva dalle idealità”. Lo sottolinea con forza il professore Toni Iermano nel corso della lezione, tenutasi questo pomeriggio nella sala Capone della Biblioteca Provinciale, dedicata a “Due modi d’intendere l’Italia nuova. Machiavelli e Guicciardini nel pensiero di Francesco De Sanctis”, introdotta dal professore Ottavio Di Grazia e coordinata dal giornalista Pierluigi Melillo Una lezione che diventa l’occasione per tracciare un bilancio della mostra “Atomi Erranti. Francesco De Sanctis e la cultura della modernità” a cura di Toni Iermano, allestita presso la Biblioteca Provinciale, che riunisce opuscoli e manoscritti desanctisiani raccolti nella Biblioteca, conclusasi oggi dopo dieci mesi ma che vedrà l’ultimo atto il 3 ottobre con la presentazione del catalogo. “E’ chiaro – ribadisce Iermano – che la lezione di De Sanctis resta attuale come elemento di discussione. Tuttavia, il dramma è che continua a non avere effetti sui comportamenti di chi governa”. E sullo scenario attuale che appare desolante sia a livello locale che nazionale “Nella politica c’è sempre speranza di cambiamento se questa speranza è associata a una vocazione sociale delle persone. Se c’è una crisi si può sempre intervenire, la grande storia ha attraversato fasi complesse ma ogni notte, anche la più buia, non può che concludersi con un’aurora”. Un’analisi che parte dallo sguardo di De Sanctis su Machiavelli e Guicciardini. “Machiavelli appare al De Sanctis il simbolo della modernità della politica, del volto della scienza e dell’uomo nuovo. Una modernità evidente nella scelta di porre l’accento su un lessico nuovo, sul significato di parole come ‘potere’ e ‘classi dirigenti’. Un esempio arriva dallo spessore dekke lezioni tenute nell’ex convento di San Domenico Maggiore nel 1869 nel quarto centenario della nascita di Machiavelli. De Sanctis si chiede, ad esempio, se nel momento in cui viene meno la fibra morale, possa bastare la forza del potere a garantire la tenuta di uno Stato”.
Per giungere alla conclusione che “la dottrina morale è fondativa di ogni uomo politico. L’immagine che ci consegna De Sanctis è quella di Machiavelli come coscienza della cittadinanza ed espressione della democrazia del potere, in contrasto con la visione del Guicciardini. Le parole del De Sanctis rappresentavano una forte risposta intellettuale a quella che era un tempo segnato da scandali e corruttela”. Spiega come “Per De Sanctis la vera politica non genera potere ma comunità. In una democrazia il potere diventa parte attiva di una comunità vivente. Per lui l’utopia diventa necessità per costruire il futuro, quell’utopia che non possiede l’uomo del Guicciardini, ancorato alla realtà delle cose, nè savio, nè pazzo, attento solo alla conservazione di ciò che è suo. Ma è evidente che un politico non può pensare al particolare, altrimenti finisce per non accettare alcuna sfida, per non mettersi in gioco. Il particolare si fa negazione dell’idealità. Ed è questo uno dei limiti che prima De Sanctis e poi Gramsci individueranno come propri della classe politica di ogni tempo, l’essere privi di pazzia, intesa come capacità di andare oltre le abitudini, come negazione della libertà mentre l’iperrealismo, proprio dell’uomo del particulare, non consente di guardare al futuro. La politica deve essere invece ascolto continuo in contrasto con la diplomazia che è conservazione”.
E spiega come “Machiavelli diventa espressione per De Sanctis della costruzione dell’Italia moderna nel Rinascimento, un’Italia centrata, però, sul particolare esasperato, in cui lo spazio ideale è ridotto al minimo, priva di fondamento morale. Una riflessione, quella di De Sanctis, che si conclude con il Viaggio elettorale in cui si interroga sul processo di costruzione dell’egemonia, a partire dalla propria esperienza politica”
Un incontro che diventa anche spazio per celebrare i valore di luoghi come la Biblioteca provinciale “esempio vivente di cultura, testimonianza della storia della cultura del Mezzogiorno. Luoghi come questo sono importantissimi perchè aiutano a conoscere sè stessi, restituendo la misura del limite, come orizzonte e non come limitazione, quello che è l’elemento fondativo della natura umana”