“Oggi non ci sono classi dirigenti, possiamo parlare solo di cantieri che gestiscono fette di potere. C’è spazio solo per l’improvvisazione, non si realizza nulla al di fuori del proprio tornaconto personale. Ecco perchè occorre che sia la cultura a sostituirsi alle classi dirigenti per generare modelli nuovi”. E’ l’amara constatazione del professore Toni Iermano, nel corso dell’appuntamento di “Conversazioni in Biblioteca”, tenutosi questo pomeriggio presso la Biblioteca Provinciale. A confrontarsi con Iermano gli scrittori Emilia Cirillo e Franco Festa, curatori della rassegna promossa dall’amministrazione provinciale.
.”La grande sfida oggi – prosegue Iermano -è generare idealità in una società sempre più dispersa e confusa, questi incontri così partecipati sono il segno di una cultura che non è libresca ma si fa vita. La politica, invece, sembra non avere più alcuno strumento da offrire”. E sulla situazione che vive la città “Potrei rispondere semplicemente con ‘Una risata vi seppellirà tutti’, citando De Sanctis. Ma resta il fatto che Avellino è il capoluogo di una provincia importante del Sud, la sua crisi è il portato di un insieme di crisi da risolvere attraverso la scuola, la società e l’impegno di coloro che saranno chiamati ad amministrare la cosa pubblica. Quel senso di allegria sfrontata di fronte al quale ci troviamo richiama i paradossi degli anni ’70 di una cultura senza fondamento”. Incalzato da Festa sul ruolo degli intellettuali nella crisi, sottolinea come “la cultura è oggi incapace di assumersi responsabilità, di essere avanguardia rispetto ai fenomeni”. Ricorda come “Quando ero assessore alla cultura, con la giunta Di Nunno, nessuno riusciva ad accettare che si agisse per amore della cultura, parlavo di voler rilanciare il centro storico e tutti si chiedevano quali interessi avessi a realizzare quei progetti”. E ammette come ‘Il Viaggio Elettorale’ di De Sanctis rappresenti la Bibbia del fallimento della politica nel Sud “De Sanctis si pone la questione della qualità delle classi dirigenti che non producono morale, impegnate a tutelare interessi personali. A prevalare è la corruzione nel senso machiavellico, una corruzione che non offre prospettive ideali. Al fallimento delle classi dirigenti si è affiancato il tradimento delle elite. Mentre c’è bisogno che le elite siano forza di mediazione in una società sclerotizzata per costruire un nuovo Sud”.
E quando Emilia Cirillo gli chiede del legame forte con De Sanctis “Trasmettere ai giovani l’idea che letteratura si faccia vita, come affermava De Sanctis, è difficile. Nei momenti di difficoltà ho capito che era stato un buon maestro perchè mi aveva dato trasmesso vitalità interiore”
Ammette come oggi non esista letteratura del Sud come istanza civile “E’ ridotta a evasione e espressione di sentimenti e in tanti sono convinti che sia stata la letteratura a creare la questione meridionale e dunque un’idea distorta di Sud” e si interroga sul racconto del Mezzogiorno “Nato come esplorazione delle ragioni del Sud con autori come Giustino Fortunato a cui si è affiancata una vocazione fortmente narrativa con romanzi come Mastro don Gesualdo, Verga aveva capito la crisi legata alla mancata crescita delle classi subalterne e la vocazione ferina della borghesia. Una narrativa che racconta una esistenza condizionata da processi economici. Da ‘Le Baracche’ di Fortunato Seminale alla Recalpetra di Sciascia che si fa microfisica del potere, a partire dalla nascita della mafia”. Sottolinea come “il processo di trasformazione illuministica fallisca di fronte alle operazioni clientelari del potere che garantirà assunzioni negli uffici amministrativi al meglio della classe dirigente”.
Spiega come anche “L’università abbia perso il suo ruolo, in un tempo in cui cultura e formazione sono trasformati in utile con i cosiddetti Cfu da acquisire per laurearsi. I giovani sono vittime di questo sistema”. Ma ammette incontri come questi “siano il segno della vitalità esistente, di un società che produce anticorpi, che le persone non si sono arrese”. E ribadisce come “La scuola è la speranza della rivoluzione. Bisogna restituire fiducia ai docenti, liberarli dalla burocrazia. La cultura deve tornare ad essere prassi e moralità”. E’, poi, Giovanna Silvestri a strappare al professore Iermano la promessa di allestire una nuova mostra dedicata a Francesco De Sanctis.