di Franco Festa
Due sono state le grandi novità del festival del Laceno d’Oro. La prima, la più importante, è che il concorso ha ritrovato la sua sede naturale, quel cinema Eliseo in cui ha vissuto i suoi anni migliori. La seconda è stata la buona qualità complessiva dei film, con un contributo ampio delle nuove generazioni e di prodotti provenienti da ogni parte del mondo. La premiazione con il Laceno d’oro del regista francese Desplechin, autore di film memorabili sull’universo familiare, è stata la giusta sintesi di questo lavoro di ricerca. Restano, intatti, i soliti difetti della rassegna, che la allontanano sempre più dal suo spirito iniziale. Innanzitutto un frenetico parlarsi addosso, una continua autocelebrazione del proprio modo di intendere il cinema, che ha invece smarrito completamente la capacità di parlare a tutta la città, pensiero dominante per Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio. Fatto di estrema gravità, che ha ristretto il festival ai soliti cinefili, certamente un pubblico scelto e preparato ma ampiamente minoritario, e che le orde spesso inconsapevoli di studenti degli istituti superiori non sono riusciti a colmare. Non a caso uno dei pochi momenti in cui si è visto il pubblico caro a Camillo Marino è stato in occasione della proiezione dello splendido film del giovane regista avellinese, Luigi Cuomo, con la sua gemma poetica” Dyspnea”, capace di saldare cinema di qualità e cinema popolare. L’altra grande questione aperta è appunto quella del cinema Eliseo, che è stato in funzione solo grazie all’impegno degli organizzatori del festival e che continua a restare privo del proiettore e dello schermo. La solita insopportabile retorica nella serata finale della sindaca Nargi, ormai esperta in aggettivazioni altisonanti e in promesse vuote, non muta di una virgola la situazione. L’Eliseo, terminato il Laceno, torna ad essere una sala chiusa, priva degli strumenti per funzionare e di un progetto efficace di gestione. La fantomatica Fondazione Avellino, in piedi da due anni senza uno straccio di programma di azione, dovrebbe al più presto garantirne la stabile riapertura. Impresa davvero ardua in assenza di un assessore alla Cultura, che la maga sindaca, dopo mesi di proclami, non è ancora stata capace di fare uscire dal suo cappello, in attesa, forse, del cappello di un altro. Restano alla fine memorabili solo le parole di Vittoria Troisi, sorella della carissima Franca, entrambe anime appassionate del Comitato per L’Eliseo. “Questo cinema è tornato ad essere uno spazio affollato di desideri e aspettative ma c’è bisogno di trasformarlo in un luogo di confronto, che garantisca, insieme alla presenza delle istituzioni, la partecipazione dei cittadini. Vogliamo che sia un centro culturale aperto alla città e alla sperimentazione”. Di tutto ciò, nonostante le luci e i lustrini del Festival, ancora non vi è traccia.