“Volevamo rendere lo spaesamento socio-culturale che viviamo oggi, attraverso una storia che divertisse e insieme facesse riflettere. Il riferimento è sempre stato la commedia all’italiana”. A raccontare la genesi del Complottista di Valerio Ferrara, al termine della proiezione al Partenio, il giovane Matteo Petecca, sceneggiatore della pellicola, originario di San Martino Valle Caudina. Protagonista della storia è un barbiere (Fabrizio Rongione) stanco della monotonia del quotidiano. Tutto cambia quando si convince che il lampione davanti al negozio manda dei messaggi segreti con il codice Morse e la polizia si presenta a casa per arrestarlo. Grazie a uno slavo esaltato (Ilir Jacellari) e a uno sfaccendato sessantenne riciclatosi come content creator (Fabrizio Contri), diventa popolarissimo sul web, fino a convincersi che in atto c’è un complotto da parte dei poteri forti pronti a scatenare una guerra nucleare.
A dialogare con il giovane sceneggiatore Petecca, autore del film insieme al regista Ferrara e ad Alessandro Logli, è il giornalista Generoso Picone in una conversazione che non può non partire dalle difficoltà incontrate nel progetto e dalla sfida di trasformare quello che era un corto, girato al termine del Centro Sperimentale di Cinematografica, dove si è formato Matteo, in un film “Abbiamo realizzato il corto nel 2021 quando forti erano le tensioni a causa del lockdown e c’era molta diffidenza nei confronti del vaccino, con un fronte che metteva in discussione le decisioni di governo e le scelte dei medici. L’idea del complotto era ventilata ovunque. Oggi, resta un tema al centro del dibattito ma senza l’intensità e la rabbia che caratterizzava quei giorni. Quando abbiamo proposto il nostro corto a Cannes, nella sezione dedicata alle opere realizzati dagli allievi delle Scuole di Cinema, non ci aspettavamo certo di vincere. La vittoria ci ha colto di sorpresa e ha acceso l’attenzione sulla nostra opera. Annamaria Morelli di Elsinore Film è stata tra le prime a credere in questa storia. Così è maturata l’idea del film e lo abbiamo girato nel 2023, non senza qualche difficoltà”.
Matteo spiega come la scelta è stata quella di “fornire una chiave di lettura possibile della sindrome del complotto che è la solitudine di questo barbiere, il desiderio di rompere la monotonia del quotidiano, il desiderio di sentirsi importante, il vuoto che si porta dentro. Ma raccontiamo anche come il protagonista Antonio Calabrò rischi, come tutti coloro che gridano al complotto, di essere strumentalizzato anche dalla politica e di finire in un gioco più grande di lui. Poichè la politica non si fa scrupolo di spaventare i cittadini, ingigantendo notizie o diffondendo fake news”. Tutto questo sullo sfondo della periferia romana, il Quadraro, dove è stato girato il film “E’ evidente che nelle grandi città alienazione e solitudine si sentono con maggiore forza”. Spiega come il bilancio di questi tour in giro per l’Italia per far conoscere la pellicola sia estremamente positivo “Il film resta in sala pochi giorni ma il pubblico approfitta di quei pochi giorni per vederlo. Stiamo avendo un buon riscontro da parte degli spettatori”. Inevitabile il riferimento alla difficoltà per i giovani autori di accedere oggi ai finanziamenti del Ministero “Il meccanismo è ancora più complicato, per cambiare le cose ci vorrebbe che protestassero anche i grandi registi”. Nel suo sguardo entra con forza anche l’Irpinia, a partire dalla sua San Martino, dalle storie di uomini e donne che popolano i paesi. E annuncia la volontà di realizzare insieme all’altro sceneggiatore del film, Alessandro Logli, a un nuovo lungometraggio, sempre nel segno della commedia.