Una operazione per il recupero della memoria. Perché il ventennio della dittatura fascista, e l’ultimo periodo con l’occupazione dei tedeschi in Italia, l’abbandono del Re Vittorio Emanuele III, del Maresciallo Badoglio, che nel frattempo aveva preso il posto di Benito Mussolini, destituito dal Gran Consiglio del fascismo, la guerra civile, non bisogna mai dimenticarli. E, sopratutto, la “piccola storia” alla quale hanno preso parte centinaia di uomini coraggiosi che poco conosciamo.
Una di queste è quella di Albino Carbone, ufficiale del Regio Esercito Italiano che, dopo l’otto settembre del 1943, si rifiutò di continuare la guerra a fianco dei nazifascisti e non partecipando alla neonata Repubblica di Salò, con la quale il Duce sperava di riaccreditarsi agli occhi degli italiani. Della storia di questo soldato si è discusso ieri sera, nella cittadina ufitana, presso la sala consiliare “Sandro Pertini” durante la presentazione del libro scritto dal nipote, il magistrato e saggista Matteo Claudio Zarrella, “Albino. Una storia rigata di filo spinato”. Per il suo atto di disobbedienza, l’ufficiale italiano fu internato in diversi campi di concentramento fino a quello di Biala Podlaska e mai più tornato nella sua casa di Forino. Un eroe silenzioso, Albino, che solo attraverso i campi di concentramento si rese conto della disumanita’ di quegli ideali.
E come Albino Carbone, ci sono altri 650mila soldati, eroi che ebbero il coraggio di dire No al nazifascismo, rifiutandosi, dopo l’armistizio del ’43 di continuare la carriera militare nelle SS, mantenendo così, con un grande sacrificio, l’impegno di fedeltà preso per il proprio Paese.
Il dibattito moderato da Emanuela Ianniciello dell’Associazione “Cultura è Libertà” che ha curato l’iniziativa, ha visto in apertura il saluto di Virginia Pascucci, Presidente del Consiglio comunale di Grottaminarda, Ente patrocinante che ha voluto dedicare anche un pensiero ai tre Carabinieri morti nel veronese e di Silvio Sallicandro, editore della “Delta 3”, casa editrice che ha lanciato il libro.
Sono poi seguiti gli interventi di Angelico Carpinella, altro nipote di Albino, il quale si è adoperato grazie all’aiuto di Martina Wagemann, nelle ricerche e nella raccolta del materiale per ricostruire i 2 anni di atroce prigionia e lavori forzati di Albino, del Magistrato Pier Francesco De Pietro che ha sottolineato come quel “no” insieme a quello di tanti altri, abbia determinato un vero cambiamento storico; del Giornalista e scrittore, Generoso Picone che ha evidenziato il valore della memoria poichè un popolo senza memoria, a suo avviso, è un popolo già schiavo che perde la sua identità.
Infine, le conclusioni dell’autore Matteo Claudio Zarrella che ha descritto, tra le altre cose, la “conversione” di Albino nei lager, da giovane felice del prestigio della carica nell’esercito a uomo consapevole del valore della pace tra i popoli.
Dunque una figura di grande attualità, quella di Albino Carbone, simbolo delle migliaia di soldati deportati ai quali Hitler, togliendo il riconoscimento di “prigionieri di guerra”, tolse anche il diritto di godere della Convenzione di Ginevra riducendoli in veri e propri schiavi vessati tra fame, freddo e lavoro forzato.