È stato approvato, con delibera numero 399 del 25 luglio scorso, lo schema di statuto della società “Grandi reti idriche campane spa” che, come ha scritto il Coordinamento campano per l’acqua pubblica, è una vera e propria scelta della privatizzazione della grande adduzione primaria che comprende l’acquedotto occidentale, del Torano-Biferno, quello della Normalizzazione, di Cassano Irpino e l’invaso di Campolattaro. Il Coordinamento spiega che “è una scelta del presidente della Regione, Vincenzo De Luca, quella di creare una società per cedere il 49 per cento dell’acqua della Campania ai privati”.
“Davanti ad una siccità che non dà tregua e alla grave crisi idrica”. Da tempo, il Coordinamento campano per l’acqua pubblica, è comunque impegnato “a impedire ogni forma di privatizzazione dell’acqua, nella regione più ricca del Sud, attraverso numerose azioni di protesta, sit in davanti alla Regione, blocco della stazione marittima di Napoli”. Diversi sono stati anche gli incontri con l’assessore Bonavitacola e lo stesso governatore. Che, però, “tira dritto – si legge nel comunicato – senza ascoltare nessuno”. E si giustifica con una “grande bugia. Che non ci sono soldi per la gestione pubblica”. Non è così, invece, per il Coordinamento, secondo cui De Luca sarebbe smentito “dalla relazione allegata alla delibera, dove a pagina 72 si legge: in tutto il periodo di riferimento, 2024-2053, sono previsti investimenti riferibili a investimenti complessivi per 2 miliardi e 59 milioni di euro, di cui poco più di 1 miliardo coperti da tariffa ed il restante finanziati con contributi pubblici”.
Se, da una parte, si stabilisce che “l’unica strada possibile è la privatizzazione” per mancanza di soldi pubblici, dall’altra però si chiarisce che “gli investimenti dei prossimi trent’anni saranno coperti, al 50 per cento, con le bollette dei cittadini” e per l’altra metà con i contributi pubblici. In questo modo, continuano dal Coordinamento, “le multinazionali faranno profitti sull’acqua senza tirare fuori un euro”. E a pagare, saranno i cittadini e lo Stato che dovranno sostenere i costi.
Secondo il Coordinamento, poi, è stata infelice la dichiarazione di Bonavitacola, il quale avrebbe dichiarato pubblicamente che “non c’è l’arcangelo Gabriele che porta l’acqua con il secchio”. E gli risponde che “se non c’è, può sempre chiedere ad Acqua Campania Spa, dopo trent’anni di gestione, di fare il miracolo di investire nelle reti colabrodo, perché non è giusto che i profitti vadano alle multinazionali e il conto, sempre e solo, pagato da cittadini e Stato”. Tredici anni fa, nel referendum per tenere fuori l’acqua pubblica dal mercato ed eliminare ogni forma di profitto, “la volontà popolare è stata netta. Ed è ora – scrive il Coordinamento campano per l’acqua pubblica – di dare attuazione a quella volontà”. Infine si invitano “cittadini, comitati, associazioni, consiglieri regionali, di maggioranza e opposizione, di continuare a supportare la battaglia per l’acqua pubblica e impedire che la Campania si spogli della risorsa più preziosa di cui dispone. E’ pura follia lasciare la gestione alle multinazionali”.