di Pellegrino Caruso
“Memoria” e “ricordo” sembrano parole affini ma in realta’ hanno sfumature di accezione …La prima e’ associata ad una serie piu’ ordinata di capacita’di acquisizione di dati, la seconda si arricchisce della forza delle emozioni che si riconducono al cuore…Quando nel 1980 vi fu quella scossa di terremoto, che ha cambiato la vita di tanti, ero un bimbo di sei anni in una serata a casa di amici, ma ebbi subito il timore che si potesse spezzare il legame con persone care per un evento imprevedibile…Per il terremoto ho sperimentato disagi di notti in macchina, turni pomeridiani a scuola, avendo la percezione di vite se non spezzate di certo alterate…Ancora oggi a 45 anni dal terremoto sembra davvero inspiegabile che nella nostra citta’ vi sia tanta “incompiutezza” ed avrei tanta voglia di una città “completa” in cui ciascuno, come in un puzzle, riuscisse a completare la vita degli altri. Il sisma dell’80 fu drammaticamente imprevedibile ma fu anche un momento di condivisione e solidarietà perché la condizione di disagio era comune ed avvicinava le persone. Si ricostruisce davvero solo con la forza dell’amore disinteressato, nell’ esercizio di libertà che non escludono responsabilità. Come ebbe a dire l’ amato Pertini:” non c’ entra la politica…c’ entra la solidarietà…” ed in quei giorni nacque quel ” fate presto” che vale ancora oggi…Facciamo presto e bene per la nostra Irpinia!”Con Massimo Passaro ed il gruppo dei Cittadini in movimento abbiamo piu’ volte organizzato messe di suffragio con il Vescovo Aiello del quale ricordo moniti importanti: ” La nostra madre Terra – ebbe a dire una volta Aiello- e’ stata cooperatrice di morte con un sussulto, come una crisi epilettica che ci ha ricordato come in 90 secondi possono spezzarsi e cambiare vite. Perche’ e’ successo?! Non ho la presunzione di rispondere a questa domanda ma il dovere del cristiano e’ la condivisione della sofferenza.” Di certo ciascuna delle tremila vittime del terremoto dalla piu’ giovane alla piu’ anziana aveva tante storie da vivere e da raccontare, tanti baci ed abbracci ancora da dare…quei giorni frenetici di 45 anni fa segnano inevitabilmente una ferita, non ancora rimarginata, dolorosa anche per una fase di ricostruzione non sempre limpida, con un uso del denaro troppe volte disonesto.Tanto fu il disorientamento ma a Pompei, si cerco’ di fare incontrare in un ” cor unicum” tutte le varie associazioni assistenziali, cosi’ come fu ammirevole l” operato di uomini delle istituzioni civili come Pertini e Zamberletti, che si trovava a Summonte quando ricevette l’ incarico di organizzare la neonata Protezione civile. Le autorita’ civili non videro ” in cartolina” le nostre terre ma furono tra la gente, per alleviarne il dolore. Che dire poi di uomini di Chiesa come il Vescovo Pasquale Venezia, che guidava la diocesi in quegli anni e Giovanni Paolo II che, nel visitare le macerie della Chiesa di Balvano dove perirono giovani coristi parrocchiali, su un pulpito improvvisato sulle macerie dinanzi allo straziante “Come posso pregare?” di una madre stremata dal dolore per la perdita di un figlio, rispose che la sofferenza e’ gia’ preghiera. Per il quarantennale del terremoto, in pieno Covid, Aiello volle suggellare con un simbolo la necessita’ per le Istituzioni di ancorarsi a trasparenza morale e regalo’ al Prefetto Spena un’ acquamarina.
” Lo so – chiari’ Aiello – che Avellino non ha il mare , ma abbiamo tanto bisogno di trasparenza, per recuperare quegli orizzonti di senso che ci aiutano, responsabilmente, a sperare…” Quella limpidezza evocata da Aiello stenta ancora ad affermarsi e quel mare che rianima i pensieri e’ ancora troppo lontano da noi moralmente come fisicamente, con quel raccordo Avellino- Salerno deplorevolmente trascurato…



