“Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so. Se qualcuno me lo chiede, non lo so più”. E’ questo l’incipit della concezione psicologico- soggettivistica dell’enigma del tempo che S. Agostino svolge nell’XI libro delle “Confessioni”, un assoluto capolavoro di letteratura autobiografica e spiritualfilosofica. Il tempo come tempo cosmico non è meno misterioso e sfuggente di quello umano. Esso scorre lineare e irreversibile, ma a livello subatomico pare non sia così; pare quasi non esistere affatto. E comunque, – insegna Einstein con la Relatività ristretta – il tempo si allunga o contrae, insieme allo spazio, a seconda dell’approssimarsi o meno di un sistema in movimento alla velocità della luce (i 300 mila chilometri al secondo della costante universale). Di più: a livello macrofisico, legato com’è ai movimenti dei pianeti e delle galassie in continua, infinita espansione, il tempo ha una linearità e irreversibilità, ossia un andamento diacronico, che è, simultaneamente, ciclica, fatta com’è dell’alternarsi del giorno e della notte, del susseguirsi e ripetersi dei mesi e delle stagioni, dove, nell’ordine terrestre di ciò che vive, tutto muore e rinasce. L’uomo è l’unico animale che conosce il tempo e perciò ha coscienza; l’unico animale che cammina, oltre che nello spazio, nel tempo. Gli altri animali non hanno percezione del tempo, l’uomo sì. E lo conosce, umanizzandosi, nell’esperienza della morte, come insegna il mito di Edipo e della Sfinge che gli propone l’enigma delle tre età, che egli scioglie. Ma non è un caso che l’uomo che fa questo sia colui il cui nome significa “zoppicante” (Edipo): l’uomo è l’animale che cammina claudicante nel tempo. Egli non è solo ragione e cuore, è impacciato – Freud insegna, aggiungendo Marx – dalla sua natura concupiscente, libidica, omicida. Egli sa essere grande e miserabile, eroico e vile, geniale e stupido, lavoratore e sfruttatore. Insomma, il suo tempo diacronico è pure sincronico, un baccanale di età, come Edipo, che sarà, una volta elevato al trono di Tebe, figlio e marito di sua madre, fratello e padre dei suoi figli. Da tre giorni è il 2023, siamo nel pieno della mondialità darwinistica dei mercati, della mercificazione del mondo, innanzitutto umana, dell’orgia dell’opulenza occidentale che oblia miliardi di “dannati della terra”, che vivono con un dollaro e 90 centesimi al giorno. Forse, dopo sette milioni di vite falciate dalla pandemia, saremo flagellati da una nuova recrudescenza del Covid. Sono queste “le sorti progressive e magnifiche” del trionfo senza gloria del mercante, dei capitali e della finanza. “Time is money”, non vita, amore, cose belle, ma universale sottomissione all’utile. Anche la natura, che, infatti, si ribella e ci sta distruggendo con l’inquinamento del pianeta, mentre il surriscaldamento crea deserti e scioglie i ghiacciai. Pare proprio che sia giusta l’interpretazione della profezia biblica di Daniele, fatta da Newton, quello dei “Principia”, che era non solo scienziato ma anche alchimista, per cui il mondo finirà nel 2060. Forse ritardata nel tempo. Siamo schiavi dei padroni dei trilioni di dollari e dei loro miliardari sodali, che posseggono la bilancia del mondo, che calcola solo utili e guadagni. Non ci resta che, con Rainer Maria Rilke, poeta e drammaturgo a me carissimo, che sperare venga presto il giorno “Quando la bilancia passa/ dalla mano del mercante/ a quella dell’Angelo / che, nell’alto dei cieli, la calma e l’acquieta”.
di Luigi Anzalone