Sarò sincero. Loro parlano, le imprese chiudono. Quelle pubbliche boccheggiano. Il voto di giugno giunge a cavallo di una delle peggiori crisi che hanno investito l’Irpinia. Si vota e la sagra delle passerelle è in pieno svolgimento. L’Irpinia del voto sembra dissociata dall’etica della responsabilità. I sondaggi versione fake alimentano le scommesse. Eppure ci sarebbe tanto altro da fare. A Grottaminarda, un tempo granaio dei Borbone, lentamente si spegne la fiammella dell’Industria Italiana Autobus (Iia), erede della Fiat Iveco che Ciriaco De Mita strappò a Gianni Agnelli per rompere l’isolamento delle zone interne e lanciare la sfida per la costruzione della speranza nella metalmeccanica.
Oggi seicento lavoratori rischiano il posto di lavoro tra promesse elettorali e un groviglio di enti che balbettano una soluzione. Non diversamente accade per l’Asidep, depurazione e dintorni, con il dramma di chi aveva un posto di lavoro e lo ha perduto per le scelte folli di chi ha governato l’ente. Fa rabbia vedere lavoratori imbarcarsi in un percorso di disperazione, consumare i giorni che passano con il pensiero che alla fine forse qualcuno li aiuterà. Sempre in Valle Ufita la crisi morde ancora più che altrove.
Il Polo logistico, promesso ai quattro venti, vive nella solitudine dell’impegno tradito. Un intero comprensorio, circa trenta Comuni, sono in attesa di prendere il treno della speranza (Alta velocità) per ridisegnare l’intera zona. Anche qui tutti balbettano, nessuno è in grado di dare precise rassicurazioni. Neanche coloro che dovrebbero viaggiare verso l’Europa con questo turno elettorale che sembra essere una corsa senza traguardo. Si balbetta con promesse sibilate tra i denti anche per la Facoltà universitaria di infermieristica, vista e sparita a Grottaminarda perché il rettore della Vanvitelli intende partecipare al festival del “tutto a Caivano”.
Demagogia promossa. E poi si parla di strategie per le zone interne. Questa non la fanno i politici, ma la natura. Il surriscaldarsi delle zone dei campi flegrei, dove l’angoscia e la paura delle scosse continue hanno raggiunto livelli di grave preoccupazione, potrebbe favorire un esodo verso i Comuni del cosiddetto spopolamento. Ovviamente è solo un’ipotesi, la speranza è che il bradisismo si fermi ancora una volta. Contro i balbettii inconcludenti hanno protestato e protestano i responsabili di ieri e di oggi di Confindustria, Bruno ieri e De Vizia oggi, con i loro appelli nel deserto. La crisi in Irpinia non è solo occupazionale e di mancato sviluppo.
E’ anche, se non soprattutto, morale. La fragilità delle Istituzioni, l’inconcludente balbettio, favoriscono la criminalità organizzata, talvolta con la complicità di chi dovrebbe combatterla, ed essa dilaga sempre più in un territorio che un tempo le era precluso. C’è una “camorria” locale che presta il fianco ai clan imperanti nella vicina metropoli la quale non teme niente e nessuno. Colate di cemento hanno invaso il capoluogo e non solo distruggendo ciò che rimane delle verdi e invidiate colline di Avellino.
Chi ha consentito e consente tutto questo? Se l’Irpinia diventa periferia dei clan metropolitani, luogo di presenza dei comitati di affari, territorio in cui agisce impunemente la criminalità, anche l’antica realtà orgogliosa della sua pulizia morale rischia di cambiare i connotati. Mi rivolgo anche al nuovo prefetto che si è appena insediato. Mobiliti tutte le energie disponibili per ridare a questa terra la serenità di un tempo. E’ un impegno soprattutto a favore delle nuove generazioni. L’appello è rivolto alle forze dell’Ordine e ai magistrati che svolgono il loro ruolo con grande abnegazione. Ma è rivolto anche agli Irpini onesti che devono denunciare coloro che scelgono di voltare lo sguardo dall’altra parte.