Un viaggio nel tempo tra miti, storie e cronache per raccontare l’incredibile storia del vino come rimedio terapeutico, per ripercorrere il millenario utilizzo del frutto della vite come farmaco. E’ il nuovo lavoro del giornalista della “Stampa” Antonio Emanuele Piedimonte – “In vino sanitas – Mito e storia: il vino come cura tra alchimia, farmacia e medicina” (224 pagine, 22 euro, in vendita su Amazon in formato solo cartaceo), pubblicato dalla casa editrice Sub Rosa – originale excursus storico caratterizzato da una narrazione di segno divulgativo basata su una imponente bibliografia e puntellata da un gran numero di citazioni e aneddoti, compresi quelli sacri: «Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui» (Vangelo di Luca 10: 29-37). Il volume sarà presentato sabato 21 dicembre, alle 17, nella chiesa dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione, in piazza Duomo, ad Avellino, nel corso di un incontro a cui parteciperanno il direttore del “Corriere dell’Irpinia” Gianni Festa; il giornalista scientifico Giuseppe Del Bello (“la Repubblica”); la giornalista culturale Floriana Guerriero; il dottor Florindo d’Onofrio (neurologo del “Moscati”); l’artista e autore Alfredo Raimondi.
Una singolare “esplorazione” si può riassumere con le parole di un medico cinquecentesco: «…tutte queste cose che ho raccontato del vino sono operazione di grandissima meraviglia (…) perché con tali cose si possono fare grandi esperienze nell’arte della medicina, chirurgia e dell’alchimia». La frase del celebre Leonardo Fioravanti riassume perfettamente il focus di questo saggio che, in estrema sintesi, è un suggestivo studio che si snoda agilmente tra antichi documenti, passi biblici, trattati medievali, scritti ermetici, studi e romanzi, opere religiose e dissertazioni esoteriche, ma anche opere d’arte, poesie, canzoni, romanzi, esperimenti di laboratorio e molto altro.
Dopo la recente opera dedicata alla storia di Napoli come capitale europea della massoneria (“Le 99 vie massoniche di Napoli: la città dei fratelli”, già alla seconda edizione), anche stavolta Piedimonte ha scelto di indagare un tema poco frequentato: l’utilizzo sanitario del vino.
Dal Vicino Oriente alle Colonne d’Ercole scorrono le vicende legate al vino come cura partendo dalle affascinanti vicende dei popoli più famosi dell’antichità: Sumeri, Egizi, Greci, Etruschi. Scopriamo così che il dono di Dioniso agli uomini è stato usato in molti modi: anestetico, antipiretico, disinfettante, diuretico, antisettico, cicatrizzante, ma soprattutto come componente essenziale nella creazione e nell’applicazione di unguenti, colliri, creme, sciroppi, empiastri, spugnature, infusi, decotti, irrigazioni, gargarismi, fasciature, elisir e molto altro.
Alchimisti, farmacisti ed erboristi lo hanno regolarmente adoperato, insieme ad altre sostanze, per facilitare la fusione e l’efficacia dei vari principi attivi delle piante officinali – un patrimonio di risorse naturali già noto a grandi filosofi-maghi dell’antichità come Pitagora ed Empedocle – e per agevolarne l’assunzione e consolidarne gli effetti sull’organismo.
Di citazione in citazione Piedimonte ci racconta del fenomenale exploit, commerciale e mediatico, dei “vini medicinali” (o medicamentosi), primo fra tutti il “Vino Mariani”, realizzato con foglie di coca del Perù; una bevanda che entusiasmò re e regine, zar, pontefici e altre celebrità del mondo della cultura e dello spettacolo, che saranno tutti trasformati in testimonial ante litteram. «Vi mando mille ringraziamenti, caro Mariani, per questo vino di giovinezza che procura la vita, conserva la forza (…) e la restituisce a quelli che non l’hanno più», si legge in una lettera di Émile Zola.
Ma il vino, notoriamente, è sempre stato strettamente legato anche alla sfera dell’eros e della magia ispirando creatività e passioni artistiche che hanno generato opere che hanno reso il mondo più bello. “Balsamo” per le ferite esistenziali (quella melancolia già nota ad Aristotele e Ippocrate), “unguento” per la psiche, è il più antico antidepressivo conosciuto: «…eleva l’anima e i pensieri, e le inquietudini si allontanano dal cuore dell’uomo», scrive Pindaro (V secolo a.C.), opinione che sarà ripresa dallo storico bizantino Michele Psello: «…una consolazione (il vino, ndr) per chi è depresso e una cura per chi è malato».
Il libro si chiude con una suggestiva carrellata di letterati, artisti, musicisti e poeti. Un tuffo tra note e versi: «Il piacer del vino è misto di corporale e di spirituale. (…) Anzi consiste principalmente nello spirito», scrive Leopardi. E dopo di lui (tra i tanti) Borges, Brassens, Lucio Dalla, Neruda e Galeano: «Siamo tutti mortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere di vino». Dulcis in fundo, l’immortale Alda Merini: «A me piacciono gli anfratti bui delle osterie dormienti, / dove la gente culmina nell’eccesso del canto, a me piacciono […] i calici di vino profondi, dove la mente esulta, livello di magico pensiero…».
Giornalista professionista, saggista, fotografo, libero docente, esperto di comunicazione, consulente per la tv e il cinema. Antonio E. Piedimonte ha lavorato per diversi giornali nazionali tra cui “la Repubblica” e il “Corriere della Sera”, e dal 2014 scrive per il quotidiano “la Stampa”. Tra i numerosi libri già pubblicati: “Napoli Segreta”; “Alchimia e Medicina”; “Filtri e magie d’amore”; “Milano esoterica”; “Il Cimitero delle Fontanelle e il culto delle anime del Purgatorio”; “Nella terra delle janare”; “Raimondo di Sangro principe di Sansevero”; “Spiritismo a Napoli”; “Leonardo da Vinci a Milano”; “La collina sacra”; “Le epidemie nella storia del Meridione”; “Le 99 vie massoniche di Napoli – La città dei fratelli: la storia della massoneria meridionale nella toponomastica”.